Volete conoscere ricette indiane, vietnamite, tanzanesi, malesi, antillane o algerine? Volete sapere dove andare a mangiare etiope a Torino, Roma o Milano? Volete viaggiare con la mente e con lo stomaco? Allora potete visitare il sito dello Chef Kumalé http://www.kumale.net.
Vittorio Castellani, alias Chef Kumalé (rivisitazione esotica di una domanda piemontese che vuol dire “come stai?”), riesce ad abbinare ricette e progetti per l’integrazione dei minori a rischio, musica etnica e risate, grazie ad un pratico dizionario culinario inglese-piemontese, cibo e mailing-list (ci si iscrive dal sito o scrivendo una mail a [email protected], e si riceverà così una newsletter settimanale carica di sapori e 5 ricette ogni volta).
Viva dunque la cucina telematica se riesce a essere uno strumento per favorire l’integrazione tra diverse etnie attraverso l’uso di zenzero, ginseng e peperoncini piccantissimi.
E un plauso all’attività indefessa di Kumalé, il quale, oltre a organizzare e pubblicizzare le più particolari iniziative a base di cucina di ogni parte del mondo, con competenza e ironia (chissà com’è andata la “cena Cecena”?), oltre a presentare e farsi finanziare una ricerca mirata al reperimento di opportunità formative-lavorative nel settore della ristorazione meticcia al fine di agevolare il processo di regolarizzazione attraverso l’inserimento lavorativo di alcuni minori stranieri, ha ora deciso di far visitare i luoghi sacri e sconosciuti dell’alimentazione straniera in Italia (per il momento solo a Torino).
L’esperienza si chiama “Turisti per casa”, e consiste in un tour guidato (da Kumalé) alla scoperta di ristoranti, take-away, supermercati gestiti da persone di ogni nazionalità, dentro ai quali Kumalé si produce in interessantissime dissertazioni su succhi di mango, tuberi africani, banane verdi, qualità di riso, spezie ricercate, dolci magrebini e via dicendo.
Durante questi giri “turistici” non mancano incontri con esponenti delle società e delle culture che cercano di stemperare il conflitto in aree calde (quali a Torino San Salvario e Porta Palazzo), come l’Imam di Torino o un parroco “coraggio” come Don Gallo, o esponenti di agenzie di sviluppo locale di quartiere. L’iscrizione ai tour avviene per posta elettronica e buona parte dei partecipanti risulta anche di fasce di età maggiori rispetto all’identikit dell’internauta medio italiano.
Non mancano i momenti mangerecci, tra Africa del Nord (tè alla menta e pasticcini) e Africa centrale (specialità nigeriane ed eritree) come nel caso del giro di San Salvario e gli incontri con personaggi decisamente particolari, quali il gestore del supermercato vietnamita che si fa chiamare Luca.
Una vera indigestione di culture e cibi, un momento d’incontro e uno stimolo alla curiosità.