Verrebbe da definirla una primavera di resistenza umana, quella che mostra le lacune del software candidato a sostituire i giornalisti e ridimensiona le promesse dei sistemi teoricamente capaci di scrivere libri quasi da soli.
A inciampare stavolta è stato il software che valuta automaticamente gli esami di scrittura dei liceali americani e lo sgambetto arriva da Les Perelman, già in forza al Massachusetts Institute of Technology e autore assieme ad alcuni studenti del software BABEL.
Nome che è acronimo di Basic Automatic B.S. Essay Language, linguaggio per la generazione semplice e automatica di prove scritte di qualità, diciamo, scatologica, come riporta TechXplore:
La buona notizia: [BABEL] può scrivere un intero tema in meno di un secondo, previa somministrazione di un massimo di tre parole chiave. La cattiva notizia: il risultato è privo di senso. Altra notizia: il tema insensato è stato passato a un sistema online di valutazione della qualità di uno scritto e ha ottenuto un voto di 5,4 su 6 grazie alla sua buona grammatica e all’uso convincente del vocabolario. Anche se non ha significato.
Una delle frasi del tema-provocazione, per esempio, suona come Il privato non è stato e senza dubbio mai sarà lodato, precario e decente. Il genere umano soggiogherà sempre il privato, testo generato dietro fornitura della singola parola chiave privacy, nel resoconto originale pubblicato da The Chronicle of Higher Education.
Perelman è da tempo critico dei sistemi di valutazione automatica e anche dei sistemi di valutazione così stereotipati e svuotati di significato che, pur affidati a esseri umani, avrebbero lo stesso effetto se robotizzati. Era il 2005 quando un articolo del New York Times lo portò alla ribalta per avere mostrato una correlazione elevata tra lunghezza e valutazione del tema, in più di nove casi su dieci. Il giornalista arrivò a mostrargli un componimento da troppo lontano per essere letto e lui azzeccò il voto osservando la lunghezza e la sagoma del blocco di testo.
Queste conclusioni sono contestate da diversi ricercatori e dietro la diatriba si intravedono gli interessi che ruotano attorno ai MOOC, i Massive Open Online Course (corsi aperti di massa online) su cui puntano tante università alla ricerca di nuovi mercati e modalità di insegnamento più economiche di quelle classiche.
La materia è sfumata e lo stesso Perelman si dichiara prontissimo a rovesciare il proprio giudizio negativo nel momento in cui verrà smentito dai fatti. Al momento, ribadisce, il re – il sistema di valutazione, tradizionale e informatizzato – è nudo. Specie quando basta che un tema vesta in lungo per fare bella figura.