I. Autoformazione, Formazione, FaD
Fu nel 1997 che in ENEL si sentì per la prima volta parlare di “autoformazione”. Per i non addetti ai lavori la cosa passò quasi del tutto inosservata, mentre ad alcuni di coloro che di formazione si occupavano e che avevano il “vizio” di leggere fra le righe nei messaggi della direzione, era chiaro il movimento di pensiero che si stava originando in un’azienda dove spesso i corsi avevano più una valenza istituzionale che educativa, più interlocutoria che finalizzata alla realizzazione concreta e con una scarsa attenzione alla responsabilizzazione reciproca: azienda da un lato e dipendente dall’altro.
Quel messaggio indicava che, per quanto crescenti, le necessità di apprendimento non potevano fare conto soltanto su risorse istituzionali e che il personale doveva farsi carico dello sviluppo delle proprie conoscenze, prima ancora che da quello della richiesta aziendale, dal punto di vista della professionalità individuale. Nei fatti si trattò di una voce che gridava nel deserto, in quanto venivano meno tutte le risorse che fanno la differenza fra un corso di formazione e un buon libro.
Un volume di informatica simile a molti di quelli che si trovano sul mercato a basso prezzo fu l’unica applicazione del sistema di autoformazione dell’epoca. Un caso diverso è quello della teledidattica, che come sistema di autoformazione rappresenta un modello molto più strutturato.
Anche qui però occorre mettere i puntini sulle “i” e chiarire bene di cosa stiamo parlando quando discutiamo di Formazione a Distanza (FaD). Innanzitutto diciamo che non è la prima volta che si propone una forma di FaD in ENEL: già nell’89 si erano fatti degli studi per supportare la formazione ricorrente con materiali disponibili su host. Alcune aziende avevano realizzato progetti di apprendimento supportato dai computer (CAI, CBT…) che per l’epoca potevano tranquillamente rapportarsi all’attuale FaD. Allora bisognerebbe imparare dai successi e soprattutto dai fallimenti di allora.
Perché, pur essendo realizzati a distanza e su supporti digitali, i progetti di CAI degli anni ’70 e soprattutto ’80 non hanno avuto successo? I limiti stavano, è vero, nella scarsa attenzione a queste proposte e a quella maggiore per altre proposte maggiormente di moda. D’altro lato queste proposte mancavano di tutte quelle componenti di interattività che hanno visto la luce con l’affermarsi della telematica e quindi di Internet. Non si tratta tanto dei mezzi di Internet (come molti affermano superficialmente), quanto della cultura telematica nata con le BBS e con Internet (a tale proposito si possono leggere alcuni libri come Comunità Virtuali,Telematica per la Pace,Sesto Potere?).
Eppure chi non ha approfondito le differenze fra le vecchie aule telematiche e la FaD, finisce per ricreare le stesse esperienze (e quindi gli stessi risultati) con qualche piccolo – ma molto costoso – cambiamento dei mezzi. Quante proposte di FaD possono dirsi estranee a questa prospettiva di restaurazione vestita di nuovo? Quante volte, parlando di FaD, si parla a sproposito o si “parla sbagliato” solo perché “fa nuovo”, perché tutti ne parlano e sembra che tutti abbiano capito la stessa cosa, perché riempie bene la bocca, ma in realtà non si sa che cosa si va dicendo quando si parla di FaD?
Secondo me, la riflessione sulla Formazione a Distanza pecca di notevoli imprecisioni che rischiano, non solo di far fare dei conti sbagliati, ma anche – come spesso capita con i conti sbagliati – di fondare delle realtà fallimentari o, peggio ancora, di successo deleterio, proprio perché basate su questi valori scorretti. Qui intendo dire che la FaD – fatta come si deve – può essere molto più costosa di tutti gli altri modelli formativi e – sempre se fatta come si deve – può essere persino più interattiva di un corso d’aula.
II. Motivi della FaD
Per molti la FaD non è diversa da un buon libro che sicuramente ancora oggi rappresenta lo strumento più efficiente per imparare in ambienti e località le più disparate, senza alcun supporto dedicato (né computer, né corrente elettrica, né scrivania…). Il buon libro però farebbe la fine dei corsi di autoformazione di qualche anno fa. Inoltre, l’altro punto da chiarire è il quando ci si forma? Sul lavoro? Nel tempo libero?
Sono questioni che vanno lasciate almeno in parte alla discrezionalità locale e alla disponibilità e interesse individuali. Vuol dire che i lavoratori di quell’azienda dovranno fare formazione attaccandosi al computer a casa prima di coricarsi ? E come si fa ad attingere a tutti i corsi di cui si disporrà con le tecnologie di cui i giornali ci hanno fatto sapere andare dalla Web TV fino a un portale Extranet (un sito con un lato solo per l’esterno, uno solo per l’interno e delle parti comuni). Il dubbio è che oggi più che mai il caro buon libro sarà la risorsa più solida per fare della FaD.
Quest’ultima, infatti è, prima che un apparato strumentele, un’accezione metodologica che fa ricorso a tecnologie differenziate: alcune nuove, molte altre tradizionali. Quello che occorre accettare per andare avanti con la FaD non è tanto il computer, quanto l’apprendimento come impegno individuale per crescere e, in alcuni casi, conservarsi un posto in azienda. Alcuni criteri distintivi possono essere ipotizzati in via ancora propositiva almeno per quanto concerne il posizionamento interno, interno/esterno ed esterno dell’attività formativa:
- quando l’azienda ha la necessità che per realizzare una determinata attività siano richieste delle conoscenze/competenze supplementari è giusto che la formazione venga seguita prevalentemente all’interno dell’azienda;
- quando si tratta di ampliare le proprie competenze per attrezzarsi professionalmente al cambiamento professionale gli impegni sono talmente complessi da richiedere diversi momenti (interni/esterni) di formazione;
- quando si intende operare un investimento professionale per un cambiamento all’interno o all’esterno dell’azienda, è interesse anche del dipendente rimanere libero dai debiti aziendali, pur sfruttando anche risorse fornite dall’azienda.
Per realizzare uno di questi programmi, per ogni persona deve essere realizzato un programma conseguente alle finalità e non agli strumenti. Per diventare bravi artigiani occorre un 70% di apprendistato con l’affiancamento di un mastro artigiano, un 20% di libri cartacei, elettronici e un 10% di corsi preferibilmente d’aula. Per imparare il CAD potrebbe andare bene il 60% di FaD il 30% di applicazione/apprendistiato e un 10% di interventi diretti (dal tutoraggio al coaching). Per progettare l’innovazione bisogna cercare situazioni non prevedibili o preconfezionate: corsi d’aula e convegni, da un lato, tante letture e curiosità, dall’altro, ma anche contatti con persone e ambienti i più disparati in generale.
Quando serve una FaD e che cosa ci si può fare?
- Quando si tratta di trasferire contenuti operativi ed aggiornamenti, soprattutto se di rapida obsolescenza o aggiornabilità sistematica; quando gli insegnamenti sono trasferibili senza un eccessivo ricorso all’interazione stretta con un insegnante, o all’affiancamento con un esperto, o a concrete esperienze di gruppo; o quando per ragioni logistiche o di altro genere non sia possibile realizzare la situazione ottimale (ad esempio persone malate o provenienti da tutto il continente)
- Quando un buon libro, una videocassetta, delle dispense, un corso su CD o altri supporti tradizionali non sono sufficienti;
- Quando ci sia la necessità di creare una continuità (nel tempo e nello spazio) fra i partecipanti (insegnanti e gruppo), soprattutto all’interno di un progetto di ampio respiro come un ateneo o campus virtuale.
- Quando si voglia coinvolgere gruppi sempre crescenti di partecipanti diversi da quelli di origine (ad esempio distribuire le conoscenze interne ad un’organizzazione a tutti i potenziali fruitori, studenti o cultori della materia) e costituire un centro di riferimento nazionale o internazionale rispetto a una determinata proposta culturale, tecnica o di ricerca.
III. Organizzazione della FaD
Ecco quindi che una FaD come quella che abbiamo appena descritto comporta un’organizzazione estremamente complessa. Si dovrà riprodurre una struttura che abbia le dimensioni del modello di riferimento con cui ci si vuole confrontare: se si vuole fare una Scuola Radio Elettra virtuale bisogna ricreare l’organizzazione di un Istituto Tecnico con meno spazi, ma molti più esperti e con richieste di qualificazione ad alto livello (i migliori professori, per competenze tecniche, didattiche e letterarie, degli Istituti Tecnici in circolazione); se si vuole realizzare un Campus virtuale occorrerà fare una piccola Università, con insegnanti di alto livello (i professori), ma anche assistenti, bibliotecari, addetti ai luoghi di ritrovo e di ricreazione, amministratori economici e curricolari.
Nell’immagine che segue potete rendervi conto dell’organizzazione di un Istituto per l’Istruzione a Distanza: certo per quanto concerne la FaD nella prospettiva di un’Intranet l’apparato potrà essere notevolmente ridimensionato in funzione delle finalità aziendali, notevolmente diverse da quelle di una scuola tradizionale qual’è quella che può venire sostituita da un istituto di questo tipo.
Ciò non toglie che, anche con questi “sconti”, l’organizzazione da costituire per fornire un prodotto di qualità (sul tema della Qualità della FaD si veda l’ultimo paragrafo) dovrà contare su una dimensione ed un’autonomia gestionale di notevole respiro. Anche il ricorso all’outsourcing può risultare vincente e competitivo: si tratta anzi di una delle principali leve di competitività di un progetto di FaD. Occorreranno a questo proposito dei criteri severi e estremamente efficaci: non basterà aggiudicarsi un qualche barone accademico o un quotato (e strapagato) protagonista delle aule, ma si dovrà cercare esperti in grado di sfruttare a pieno il linguaggio e i mezzi offerti dalla tecnologia, sia sotto il profilo semantico-sintattico, che pedagogico (per quello che è la specifica pedagogia ipertestuale e multimediale).
Sempre per quello che concerne le scelte fra esternalizzazione e realizzazione interna, la realizzazione di componenti multimediali, come i filmati da trasferire su videocassetta o per Web-TV, occorrerà valutare se fare ricorso a una troupe esterna o attrezzare una piccola regia interna con il ricorso di telecamere digitali ad uso di operatori non professionali (che possono realizzare di più e nelle situazioni più rilevanti a bassissimi costi e con il diretto coinvolgimento del personale che si sentirà maggiormente parte attiva del prodotto finale). Come si può vedere da questo breve scorcio, l’aspetto organizzativo della FaD è determinante rispetto alla sua riuscita e finisce per rivestire un peso maggiore per quanto riguarda le scelte e gli obiettivi (e quindi per la continuità del successo) delle componenti tecniche che invece pesano più sulla realizzazione del sistema che sulla conduzione/gestione.
IV. La presunta economicità
E veniamo alla domanda cruciale: quanto si risparmia con la Formazione a Distanza. Qui il distinguo è d’obbligo: rendere disponibili ipertesti o corsi su CD o in rete, come pure su carta o in videocassetta non è Formazione a Distanza, o quanto meno è solo una parte della proposta complessiva. E anche per realizzare questa piccola parte senza confondersi con il negozio dietro all’angolo ci vuole qualcosa di più che l’erogazione di supporti multimediali. Non basta: il rapporto fra la partecipazione dei destinatari e quella del personale di gestione può lasciare stupiti. In un sistema di medio-piccole dimensioni può essere paritetico, se non nel numero di individui, nel tempo totale sì.
Vediamo due grafici tratti da un progetto europeo di ricerca del CNR che utilizza un sistema di conferencing basato su forum estremamente diversificati e materiali didattici costituiti essenzialmente da documentazione online. Ogni forum può avere un elenco predefinito e ristretto di destinatari, un tutor o moderatore, alcuni partecipanti responsabilizzati con ruoli nella manutenzione e dei contributi di responsabili ed esperti dell’organizzazione.
Da questo primo grafico si può notare che la quota di partecipazione dei tutor e degli osservatori che costituiscono complessivamente il sistema di gestione della proposta formativa è significativamente superiore a quella dei destinatari. Al di là della produzione dei materiali quello che coinvolge maggiormente il personale formativo è la manutenzione (animazione, moderazione, assistenza…) del sistema. Come si può notare dal grafico che segue, nella tipologia degli interventi ad incidere sono sopratutto le “comunicazioni ausiliarie”, vale a dire, quegli interventi non pianificati e imprevisti, che tuttavia si rendono necessari con maggiore intensità di quelli formali. Molto simili sono i chiarimenti tecnici che fanno soprattutto riferimento al sistema tecnico. in coda vengono i contributi sull’avanzamento del lavoro e, infine la proposta organizzativa in sé.
Arriviamo così ai totali: considerando le strutture e il personale necessario gli investimenti per un sistema di Formazione a Distanza che possa aspirare al successo è indubbiamente considerevole e solo chi dispone di un capitale e di asset tecnologici e di risorse intellettuali può aspirarvi. Gli altri al massimo possono creare delle biblioteche manualistiche online più o meno assistite.
Allora, si può veramente sostenere a cuor leggero la teoria della convenienza della FaD rispetto ai sistemi tradizionali? Con qualche dispiacere per i contabili sbrigativi e i consulenti miracolistici la risposta non è del tipo bianco o nero. Tipi diversi di proposte hanno maggiore successo per tipi diversi di obiettivi e alcune proposte non possono fornire alcun contributo per determinati bisogni. Inoltre a fronte di un determinato bisogno e di una specifica popolazione/organizzazione ci sono proposte più convenienti. In una grande percentuale di questi casi, la Formazione a Distanza è di gran lunga la strada più costosa.
Ecco dunque che la “buona vecchia aula” continua ad essere conveniente in un gran numero di casi, sia per rapporto qualità prezzo, sia in termini assoluti. Bisogna però dire – e questo reputo sia l’argomento più importante a favore della FaD – che l’aula per gran parte dei fini di apprendimento (in particolare quelli che hanno a che fare con istruzione e addestramento o quelli che si realizzano su tempi lunghi – link miei articoli “contributo dell’informatica…”) risulta essere la soluzione più debole. Le possibilità offerte dalla FaD sono tendenzialmente immense!
Sui grandi numeri gli investimenti poi cominciano a rendere (e potranno anche rendere parecchio). Ancora una volta l’argomento dominante non è il risparmio, quanto il ritorno di investimento (ROI). Ma se proprio vogliamo centrare l’attenzione su questo benedetto risparmio, bisogna dire che la formazione tradizionale sta alla FaD come il laboratorio artigiano sta allo stabilimento. Solo nella standardizzazione e nella produzione su scala si possono apprezzare dimensioni di convenienza.
Solo se le macchine fanno un determinato numero di pezzi si ripagano dei costi di ammortamento. Nello stesso modo, al di sotto di un determinato livello di erogazione, la FaD è più costosa o moltissimo più costosa, degli strumenti tradizionali. Solo per un numero di studenti “paganti” sufficientemente alto si raggiunge il break even point oltre il quale i costi della formazione per singolo fruitore diventano competitivi (vedi figura 22). Prima di questo punto la FaD è un lusso.
Tuttavia, mentre lo scarto per numero di destinatari della formazione tradizionale è sensibile di alte variazioni per numero di partecipanti, siano essi pochi o moltissimi, il costo dell’incremento dei partecipanti della FaD è estremamente inferiore (vedi figura 22): insomma il problema nella FaD non è tanto quanto costa un corso per un singolo studente, ma piuttosto quanti studenti “paganti” si riesce a coinvolgere complessivamente per fare sì che il totale dei costi più i guadagni che si intendono realizzare sia una cifra interessante per entrambi.
V. Qualità e Formazione a Distanza
Quante sono infine le imprese o i servizi che progettano una FaD a regola d’arte? Sicuramente pochi. Alcune Università statunitensi, strutture più o meno istituzionali in Scandinavia e qualcosa di buono in Francia e in nel Regno Unito. Anche in Italia ci sono esperienze che hanno coinvolto impegni notevoli con esiti molto interessanti per rapporto costi/risultati soprattutto a livello di progetti collegati alle istituzioni.
Molto meno interessanti sono le proposte delle poche imprese di servizio business oriented e i sistemi di formazione aziendali. Ancora più interessante sarebbe scoprire quanti di questi hanno sviluppato un sistema di valutazione (più che di certificazione formale) della qualità del servizio/prodotto. Occorre dire che per le caratteristiche intrinseche dello strumento, la FaD si presta molto più della formazione tradizionale ad essere misurata sulla base di indicatori descrivibili formalmente, con monitoraggi operanti e strumenti per governare la retroazione.
Si tratta però di una materia ancora troppo poco nota per potere contare su variabili serie, ma senza una seria proposta su questo argomento, nessun argomento economico può essere affrontato con serietà. Chiudo quest’intervento con una proposta che deriva dal lavoro di Bocconi, Midoro e Sarti per misurare la qualità della FaD.
Il grafico fa riferimento alla valutazione di un intervento. Si può notare che gli autori non identificano il prodotto con i contenuti (un CD-ROM, ad esempio): il prodotto è l’apprendimento. Eppure la qualità non si ottiene da nessuna di queste variabili presa separatamente, ma dalla relazione fra le tre: contenuti/apprendimento/interazione. Si tratta di un inizio di una riflessione importante: l’importante è iniziare con serietà, e non con formule sbrigative da bottegai incompetenti. Per la FaD occorrono soprattutto competenze specifiche e professionalità sofisticate.
Immagini tratte dai seguenti articoli
Trentin G., “Qualità nella formazione a Distanza”, in td, 16, vol. 1-1999, Ortona, Edizioni Menabo
Bocconi S., Midoro V., Sarti L., “Valutazione della qualità nella formazione a distanza”, in td, 16, vol. 1-1999, Ortona, Edizioni Menabo