Notte. Un soldato in avanscoperta, dietro le linee nemiche. Le sentinelle tutto attorno a lui, il nostro eroe si infiltra silenzioso come un Comanche. All’improvviso, nel silenzio, dalla sua radio parte la voce del sergente che ordina di fare rapporto. Fine della missione.
Per evitare questo genere di scabrose situazioni (degne di un film di Mel Brooks o di Johnny English) si sta indagando su un sistema di comunicazione assolutamente silenzioso, basato sull’uso di odori precodificati. Una ricerca dell’University of Southern California, volta all’esplorazione di nuove interfacce, ha portato allo sviluppo di uno strumento innovativo di comunicazione, basato sull’impiego di essenze cui sia stato previamente assegnato un apposito significato. Un sistema impiegabile in applicazioni di realtá virtuale o di training; suscettibile di diventare un utile accessorio per il videogioco o un utile complemento per l’home theater (seguendo la strada tracciata dal precursore John Waters col suo film Polyester, il primo prodotto cinematografico in Odorama). E, beninteso, di diventare uno standard di carattere militare (delle applicazioni degli odori rilasciati nell’abitacolo per migliorare la sicurezza stradale avevamo già parlato in precedenza).
Nella sua forma concreta, lo studio è sfociato nello sviluppo di un elegante collare, dotato di cartucce di essenza che possono essere attivate grazie ad un comando remoto. Così, al nostro intrepido ranger che indossa l’accessorionon capiterà di vedersi scoperto: saprà che un effluvio di cuoio bulgaro significa ripiegare a sinistra o che il profumo di torta di mele fatta in casa vuol dire «tieni duro che arrivano i rinforzi».
Non sono stato io
L’uso di odori in applicazioni belliche non è però una novità. Il potenziale dei sistemi basati sull’olfatto non è infatti mai sfuggito ai pianificatori militari: a scopo difensivo (per esempio, i sensori per individuare vietcong nascosti nella jungla, “annusandoli”) o a scopo offensivo. Possiamo far risalire l’impiego di odori nella guerra moderna a una temibile arma segreta sviluppata dal dipartimento di guerra psicologica americano durante la Seconda Guerra Mondiale.
Denominato Who Me? (traducibile liberamente in “non sono stato io”) si trattava di un composto chimico dall’odore incredibilmente rivoltante. Questo composto, confezionato in spray facili da nascondere, venne sperimentalmente paracadutato alle forze della Resistenza Francese, perché lo impiegassero contro gli ufficiali delle forze tedesche occupanti.
L’idea era che la presenza nei ranghi di alteri ufficiali della Wehrmacht che puzzassero insopportabilmente di latrina avrebbe potuto avere un forte impatto sui soldati, demoralizzando così le truppe nemiche. Il test fu però presto concluso, segretamente così come era cominciato, anche a causa della difficoltà di evitare che lo spray contaminasse anche (o principalmente) il coraggioso membro del maquis.
Passarono pochi anni e il Pentagono tornò ad occuparsi del tema, incaricando la DARPA di studiare la possibilità di sviluppare “maleodoranti” che discriminassero etnicamente o culturalmente nel loro effetto. L’obiettivo era di sviluppare una sostanza in grado di demoralizzare, dissuadere o repellere i sopracitati viet, risultando al contempo innocua (ovvero non percepita come rivoltante) per i nordamericani. Anche in questo caso, nonostante i dollari e il tempo investiti a capire perchè un´odore fa schifo a tutti e perchè in altri casi ci potrebbe invece essere un retroscena culturale nella percezione, non si arrivò (a quello che si sa) a un´arma impiegabile sul terreno.
Uno standard per gli odori
Quello degli odori (o più correttamente della lotta contro gli odori) è un business insospettatamente attraente e i fatturati realizzati dal comparto dei deodoranti ambientali (ben oltre i 7 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti) sono appetibili per molte imprese. L’industria americana si è dunque da tempo attrezzata per dotarsi di strumenti tecnologici, culminati nel US Government Standard Bathroom Malodor.
Quest’essenza, a detta di chi l’ha provata assolutamente impossibile da sopportare, è stata appositamente creata per testare scientificamente l’efficacia di deodoranti ambientali; ed è, secondo il The Guinness Book of World Records, una delle due sostanze più puzzolenti mai prodotte (insieme al citato Who Me?).
La sua potenza è tale da essere efficace in concentrazioni di due parti per milione e il suo effetto disabilitante ha attratto nuovamente l´interesse dell´esercito. Secondo quanto riportano gli addetti al test (ragazzi, che brutto lavoro: si veda la slide 15 di questo pdf) l´esposizione al prodotto crea una repulsione tanto forte da produrre nausea, far perdere totalmente la concentrazione e costringere infine alla fuga.
Vincere senza sparare un colpo
E senza fare morti e feriti. Fattore importantissimo di questi tempi in cui le forze armate di molti paesi sempre di più si vedono impegnate in operazioni di peace keeping e non di guerra – operazioni in cui spesso ci si trova dinanzi al problema dell´autodifesa senza danneggiare le popolazioni che si dovrebbero proteggere.
Mentre gas lacrimogeni, estratti di peperoncino, pallottole di gomma e manganelli possono essere letali e comunque lasciano effetti collaterali anche pesanti, i maleodoranti no – configurandosi quindi come eccellenti candidati all´uso militare ma anche poliziesco, come strumenti antisommossa e di controllo delle masse irrequiete.
Ovviamente, come sempre capita in questi casi, da tempo sono attive forte polemiche e disquisizioni sul fatto che queste sostanze siano armi o non lo siano, e se ricadano nelle proibizioni espresse dalle convenzioni internazionali sulle armi chimiche.
Gli Stati Uniti sostengono ovviamente di no, e freme attiva la ricerca su queste sostanza presso il US Army´s Edgewood Chemical Biological Center, nel quadro di un più ampio progetto di ricerca sulle armi non letali. È quindi chiaro che la ricerca sui maleodoranti sarà un campo proficuo, nel prossimo futuro, per Università ed aziende private.
Non solo per darci case sempre più perfettamente profumate, ma per avvicinarsi al perfetto paradigma della guerra giusta, quella in cui i buoni profumano di violette e i cattivi… beh, lasciamo perdere.