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Caso Microsoft: la storia di otto anni di contenziosi e quattro di processo

04 Novembre 2002

Caso Microsoft: la storia di otto anni di contenziosi e quattro di processo

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Questa sentenza chiude un periodo di contenzioso di otto anni, che ha portato a quattro anni di processi. Risultato: Microsoft è colpevole di pratiche anticoncorrenziali ma, come sanzioni, sono sufficienti …

Questa sentenza chiude un periodo di contenzioso di otto anni, che ha portato a quattro anni di processi. Risultato: Microsoft è colpevole di pratiche anticoncorrenziali ma, come sanzioni, sono sufficienti quelle contenute nell’accordo amichevole.

Tutto inizia nell’aprile del 1994, quando Netscape inventa Navigator, che diventa subito il browser più popolare tra gli utenti della rete.
Nel luglio dello stesso anno, Microsoft firma un accordo amichevole con il dipartimento di Giustizia (DoJ), impegnandosi a non obbligare i costruttori informatici a integrare i suoi software nel suo sistema operativo Windows. L’accordo viene prorogato nel 1995 dal DoJ.

Novembre 1995. L’anno della svolta. Microsoft introduce per la prima volta il motore di ricerca Explorer 2.0, meno efficace di Navigator, ma gratuito.
Circa due anni dopo, nell’ottobre del 1997, Explorer viene “agganciato” alla versione di Windows 95.

Passano due mesi e, a dicembre dello stesso anno, un tribunale ordina a Microsoft di separare Explorer da Windows. Decisione cassata dalla corte d’appello.
È il 1998, mese di maggio, quando il DoJ e 20 Stati americani decidono di fare causa contro Microsoft per pratiche anticoncorrenziali. Due dei venti Stati, si ritirano quasi subito e il 19 ottobre dello stesso anno inizia il processo davanti alla corte federale di Washington.

Passa un anno e il giudice, nelle sue conclusioni preliminari, decide che Microsoft ha “una posizione di monopolio” del mercato informatico. Il 19 novembre, lo stesso giudice decide di nominare un mediatore per tentare di arrivare a un accordo amichevole.

Dopo cinque mesi, l’accordo non si trova: situazione di scacco.
Il 3 aprile del 2000, arrivano le conclusioni del giudice: Microsoft ha violato la legge antitrust e si comporta come un monopolio.

Sentenza pesante, che spinge ancora più in là le richieste del DoJ e dei 18 Stati: si divida in due l’impero Microsoft. Il giudice accetta la sanzione proposta dai vincenti e ordina la divisione in due società di Microsoft. È il 7 giugno.

Dopo aver ripreso fiato e ordinato le idee, Microsoft (come tutti si aspettavano) il 13 giugno presenta appello.

Passa un anno e il 28 giugno del 2001, la corte d’appello annulla la decisione di smantellamento del gruppo, presa dal giudice di primo grado e, il 24 agosto designa la giudice Colleen Kollar-Kotelly nuovo giudice.

Nel frattempo avviene il cambio di inquilino alla Casa Bianca. Dopo un’estenuante conta dei voti, nell’autunno del 2000, George W. Bush viene eletto Presidente degli Stati Uniti. Dai Democratici, si passa a un’amministrazione repubblicana.
Un cambio che si fa sentire anche sul caso in corso e il nuovo DoJ rinuncia a chiedere lo smembramento di Microsoft.

La nuova giudice, riparte da dove aveva fallito il suo predecessore: preme perché entrambe le parti giungano ad un accordo amichevole. È il 28 settembre e la giudice da tempo fino al 2 novembre.

Nel frattempo Microsoft aveva aperto un altro fronte di scontro. Questa volta tira in ballo la Corte Suprema. La Corte, però, il 9 ottobre decide di rifiutare l’appello dell’azienda che chiedeva l’annullamento totale della sentenza di primo grado.
Non rimane che accettare la richiesta della giudice e, il 2 novembre 2001, firma l’accordo amichevole con il DoJ.

Quattro giorni dopo, il 6 novembre, nove Stati americani dei 18 in causa accettano di sottoscrivere l’accordo.
Così, il testimone della guerra contro Microsoft rimane nelle mani degli Stati di California, Connecticut, Florida, Iowa, Kansas, Massachusetts, Minnesota, Utah, Virginia Occidentale e del Distretto di Columbia, dove si trova la capitale, Washington.
Microsoft inizia subito ad applicare i termini dell’accordo, come segno di buona volontà.

Passa Natale e il 27 febbraio del 2002, Microsoft riparte all’attacco e chiede alla giudice di annullare il processo.
Il 18 marzo inizia il processo a Washington che vede attori i nove Stati contrari all’accordo amichevole sottoscritto dal DoJ e da Microsoft.

Una delle motivazioni addotte da Microsoft per chiedere l’annullamento del processo è che i nove Stati non avrebbero, da soli, l’autorità legale per continuare la causa contro di lei.
Autorità che, secondo gli avvocati dell’azienda, è solo del governo (del DoJ).
Il 16 aprile e lo stesso DoJ a sgombrare il campo da possibili obiezioni e dichiara che i nove Stati hanno l’autorità legale per continuare la causa.

Arriva il momento dei testimoni d’eccellenza. Bill Gates, co-fondatore di Microsoft, va al banco dei testimoni. La sua è una difesa dura e drammatica: se le sanzioni richieste dagli Stati saranno accettate, Microsoft sarà costretta a ritirare Windows dal mercato.
Era stato chiamato al banco anche Steve Ballmer, ma la sua testimonianza viene annullata.

Il 12 giugno, la giudice Colleen Kollar-Kotelly si esprime sulla richiesta di annullamento del processo, chiesta da Microsoft: respinta.
Arriva, finalmente, il 19 giugno con le arringhe finali. Da qual momento la giudice si ritira per decidere.
Primo novembre, la decisione. La giudice Colleen Kollar-Kotelly approva l’accordo amichevole e respinge le sanzioni supplementari chieste dai nove Stati.

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