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Brevetti software, trappola per giganti

10 Settembre 2003

Brevetti software, trappola per giganti

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Cortei di protesta per la proposta di introdurre la brevettabilità del software in Europa: si teme che strangoli il software libero. In realtà chi rischia l'asfissia è l'industria informatica, Microsoft in testa

Il Parlamento Europeo sta da tempo valutando l’ipotesi di rendere brevettabile il software, come avviene già negli Stati Uniti, e ora si appresta alla discussione finale del progetto. Questo ha scatenato l’ira funesta dei sostenitori del software libero, con tanto di cortei a Bruxelles, generando però talvolta più confusione che chiarezza.

I termini del problema sono presentati magnificamente da Alessandro Rubini in un documentatissimo dossier, per cui non è il caso che io mi dilunghi in proposito. In estrema sintesi, si teme che rendere brevettabile anche in Europa il software, compresi i programmi più elementari come la celebre cliccata singola per comperare (brevetto USA 5960411 concesso ad Amazon), porti all’estinzione del software libero, Linux in testa. Le teste calde gridano al complotto Microsoft per sopprimere l’unico concorrente rimasto, con l’aiuto delle sparate di SCO che accusano Linux di essere copiato e seminano paura, incertezza e dubbi.

Se è possibile tutelare con brevetto qualsiasi metodo software, anche se assolutamente banale, diventa impossibile scrivere un programma senza il rischio, anzi la quasi certezza, di violare involontariamente qualche brevetto esistente. Chi volesse scrivere software dovrebbe accollarsi l’onere di una rigorosa indagine brevettuale su ogni minimo aspetto del proprio progetto per vedere se per caso qualcuno lo ha già brevettato; ergo, si argomenta, il piccolo sviluppatore di software sarebbe spacciato.

L’indagine dovrebbe davvero coprire ogni riga di codice: per esempio, vi aspettereste che la barra di avanzamento, quella che indica a che punto è un trasferimento di file, sia brevettata? Eppure lo è, come ampiamente segnalato dai siti che partecipano all’attuale campagna anti-brevettazione del software, e con il brevetto europeo EP0394160.

Sì, avete letto bene: è un brevetto software europeo. Ma come, ma non si è sempre detto che i brevetti software in Europa non sono ammessi? In realtà lo sono già, come nota l’Ufficio Brevetti Europeo, sia pure a determinate condizioni peraltro estremamente facili da rispettare, tant’è che ci sono già ora alcune decine di migliaia di brevetti software europei. Quindi l’improvviso coro di proteste giunge un tantinello in ritardo e in risposta a un semplice ulteriore annacquamento dei criteri di accettabilità.

Linux silurato dai brevetti?

Il fatto è che molta gente ha un’idea assai distorta di come funzionino i brevetti. In genere si pensa che il brevetti venga concesso soltanto a chi crea qualcosa di drasticamente innovativo (la lampadina, per esempio), e che la concessione avvenga soltanto dopo un rigoroso esame da parte dell’Ufficio Brevetti.

In realtà le cose non stanno affatto così. Si può brevettare qualsiasi stupidaggine, come il tavolo per facilitare il parto che agisce per forza centrifuga roteando la partoriente (brevetto USA 3216423) o il “metodo per dondolare sull’altalena” (brevetto USA 6368227). Gli uffici brevetti, sovraccarichi di lavoro, non riescono a fare un controllo rigoroso su ciò che viene chiesto loro di accettare, per cui lasciano passare praticamente qualsiasi cosa, come dimostrano questi due esempi e l’intero esilarante archivio dei Brevetti Balordi del Mese.

Non solo: non è affatto detto che un’invenzione, per il fatto di essere brevettata, sia di conseguenza garantita come originale. Si può infatti detenere tranquillamente un brevetto su una cosa nota e stranota finché nessuno si fa avanti con la cosiddetta “procedura di opposizione”, documentando che esistevano, prima della data di deposito del brevetto, esempi pubblicamente noti dell’invenzione brevettata (la “tecnica nota”).

Se la procedura di opposizione ha successo, il brevetto viene revocato; ma finché nessuno fa opposizione legale, il brevetto rimane in vigore e il suo titolare può rivendicare royalty, anche se si tratta del metodo per dondolare sull’altalena.

Il guaio è che fare opposizione costa, e quindi è chiaro che il software libero, cronicamente a corto di fondi, è messo a repentaglio da questo stato di cose. Per esempio, qualsiasi titolare di brevetto software, anche se manifestamente ovvio, può accusare Linux di violazione. Anche se quel brevetto è facilmente invalidabile e quindi Linux è dalla parte della ragione, resta il problema non indifferente di trovare qualcuno che paghi la procedura di opposizione per fare giustizia.

Si argomenta spesso che le società commerciali di software, invece, possono permettersi di pagare le royalty e quindi di ingoiare il rospo anche di fronte a un brevetto manifestamente ovvio piuttosto che trovarsi il prodotto bloccato da una causa pendente, anche se hanno ragione. Consentire i brevetti software anche in Europa allo stesso modo degli USA strangolerebbe quindi il software libero e spianerebbe la strada al predominio dei grandi gruppi del software commerciale, capitanati dal Grande Satana in persona: Bill Gates e la sua Microsoft. Questa è una visione molto miope della situazione.

Il pizzo ai poveri

Il fatto è che già adesso è facile per un colosso strangolare una piccola società di software: basta farle causa, anche se per motivi futili. Il semplice costo della lite e i ritardi di uscita dei prodotti che ne conseguono sono sufficienti a mandare una piccola società sul lastrico. Da questo punto di vista, la modifica alle leggi sul brevetto software non cambia assolutamente nulla.

Ma parliamoci chiaro: nessuno è così stupido da far causa a un pezzente. Non si chiede il pizzo ai poveri. Se detengo un brevetto software e scopro che uno sfigatissimo programmatore di shareware lo sta violando, di certo non gli faccio causa: spenderei di più in avvocati di quello che otterrei come risarcimento. Il massimo che otterrei è che il programmatore smetterebbe di produrre shareware, o più probabilmente svilupperebbe una versione del suo software che non viola il mio brevetto, che è quello che si fa di solito nella comunità Linux.

I piranha dei brevetti software, le cosiddette “litigation companies” (società che non producono ma si limitano a custodire brevetti con i quali far causa ad altri), non hanno insomma alcun interesse per questi pesci piccoli. C’è molta più carne da spolpare se si addenta un titano informatico dal portafogli ben fornito. E qual è la società più ricca del mondo? Microsoft.

Esempio pratico: la Eolas Technologies Inc. ha ottenuto da un tribunale statunitense un risarcimento di 520 milioni di dollari per la violazione di un suo brevetto che copre i plug-in nei browser. Da chi lo ha ottenuto? Dalla comunità dei linuxiani? No, da Microsoft. E i suoi prossimi bersagli potrebbero essere altri pesci grossi come Macromedia e Real. Intorno a Microsoft, inoltre, nuotano fameliche molte altre società che rivendicano soldi per presunte violazioni di brevetti da parte del gigante di Redmond.

Questo dimostra due cose fondamentali. La prima è che usare software commerciale non è affatto garanzia di non violare alcun brevetto, come sostengono invece gli oppositori di Linux, per cui può benissimo capitare di trovarsi improvvisamente privati dell’uso di un software, anche se è un prodotto commerciale, perché si scopre che è afflitto da problemi brevettuali. Nel caso Eolas, si parla addirittura di dover riscrivere Internet Explorer, rendendo necessario di conseguenza il rifacimento di tutte quelle pagine “ottimizzate per Internet Explorer” che appestano il Web. Non dite che non vi avevo avvisato.

La seconda cosa fondamentale è che anche un pesce piccolo come Eolas può averla vinta contro un gigante che di certo non ha problemi a pagare parcelle strabilianti agli studi legali di consulenza in proprietà industriale. Il caso Eolas è un segnale importante, per le altre “litigation companies”, che i giganti sono pronti per essere spolpati. Sono loro, non le piccole società di software o tanto meno i membri della comunità Linux, a rischiare grosso.

Paralisi in agguato

Il vero problema non è l’esatta formulazione delle leggi europee sui brevetti software; è il criterio con il quale vengono concessi i brevetti per le cose più stupide e si gestiscono le dispute sulle invenzioni. Questo è un ragionamento valido anche al di fuori del software: sta diventando sempre più difficile e costoso innovare, perché si rischia di sudare sette camicie per poi trovarsi addosso qualcuno che con pretesti futili rivendica una paternità brevettuale che è legalmente sua fino a prova contraria. È come se il vostro salumiere, notoriamente infecondo a causa di un tragico incidente con l’affettatrice in gioventù, venisse a dirvi che vostra figlia è in realtà sua, ha un certificato che lo dimostra, e spetta a voi pagare il test del DNA.

È questa la vera sfida che attende l’Europa: anziché adeguarsi agli USA, che ora si trovano impegolati in cataste di cause brevettuali che aiutano non poco ad affossare l’economia, qui si tratta di prendere la leadership e proporre un nuovo sistema di esame dei brevetti, più equo e davvero favorevole al piccolo inventore. Il resto è soltanto folklore.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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