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Bistecche e hamburger in cambio di Spam

27 Ottobre 1999

Bistecche e hamburger in cambio di Spam

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Molte vittime dello spamming non sanno che in cambio di carne di maiale digitale possono ottenere bistecche e hamburger reali. Ecco quanto occorre sapere per effettuare il baratto.

Spicy Pork And haM, cioè SPAM, un impasto di carne di maiale e prosciutto in scatola. Il termine, in ambito informatico, ha origine da una gag di Monty Python ambientata in un ristorante dove ogni piatto è a base di questo alimento e quindi la parola viene ripetuta ossessivamente da tutti. Così come le junk e-mail (anche definite UCE Unsolicited Commercial E-mail) diventano una vera ossessione per gli utenti Internet.

Molti ossessionati, però, forse non sanno che in cambio di carne di maiale digitale possono ottenere bistecche e hamburger reali. Lo scorso mese di agosto, infatti, lo Spam Recycling Center ha lanciato la sua nuova e alquanto originale campagna anti-spamming. Se gli utenti inoltrano al centro di riciclaggio lo spam ricevuto, potranno accedere a uno sconto del 40% sulle Omaha Steaks e sei hamburger in omaggio.

Ma cos’è questo centro di riciclaggio digitale e, soprattutto, cosa ne fa di questo ammasso di spam? Lo Spam Recycling Center è una delle tante organizzazioni americane che hanno dichiarato guerra ai cosiddetti spammers che, peraltro, a differenza di quanto si crede, sono per la maggior parte imprenditori e uomini di marketing di discutibile professionalità. Infatti lo spam è composto per il 30% di pubblicità di siti porno, il resto spazia dalle catene di Sant’Antonio a scopo di lucro ai rimedi per la salute di ciarlatani vari.

Le più importanti organizzazioni americane anti-spam si sono coalizzate, sotto il nome di questo centro di riciclaggio digitale, in un progetto in difesa dei consumatori che raccoglie le junk e-mail per inoltrarle alla Federal Trade Commision con l’obiettivo di sollecitare una legge che metta al bando lo spam (a quattro mesi dall’apertura del sito sono già stati mandati alla FTC oltre duecento mila spam).

In America, tra l’altro, sono già state vietate le campagne pubblicitarie via fax, che sfruttavano la gratuità delle chiamate urbane e caricavano di costi i destinatari (carta, toner e linee inutilmente occupate per esempio). Anche per le junk-email il problema centrale è legato ai costi scaricati sugli utenti.

“Lo spamming è il flagello della posta elettronica e dei gruppi di discussione su Internet. Può interferire in modo serio con il funzionamento dei servizi pubblici, per non parlare dell’impatto che può avere sul sistema di posta elettronica di ogni individuo…. Gli spammers, in effetti, sottraggono risorse agli utilizzatori ed ai fornitori di servizi, senza risarcimento e senza autorizzazione”. Parole di Vinton Cerf, spesso definito uno dei padri di Internet. La Junk e-mail (“posta spazzatura”), infatti, trasferisce i costi pubblicitari dall’inserzionista al destinatario.

Con un semplice abbonamento Internet, uno spammer può inviare un messaggio a milioni di destinatari, trasformando quel messaggio in centinaia o persino migliaia di Megabytes di dati. L’invio dell’UCE può costare allo spammer una modesta quantità di denaro, ma costerà ai destinatari e ai loro Internet Service Provider una somma elevatissima (nell’ordine di molte centinaia di milioni di lire) in tempo perso, guadagni persi, ore di lavoro addizionali, sistemi danneggiati, produttività ridotta e possibilità di vendite perdute. Senza contare l’irritazione.

In Italia e in Europa lo spamming non ha ancora aggredito in maniera insostenibile gli utenti Internet (abbastanza da far nascere anche da noi campagne anti-spam), ma negli Stati Uniti il problema è fortemente sentito. AmericaOnLine per esempio ha calcolato che il 30% dei messaggi che girano sui suoi server è costituito da posta spazzatura e questo rappresenta un costo enorme in termini di banda e di efficienza del sistema. Secondo gli anti-spammers è indecente, e da contrastare con determinazione, il fatto che siano gli utenti-consumatori a pagare la pubblicità dei prodotti e dei servizi offerti.

È come se dovessimo pagare i costi di spedizione della pubblicità che quotidianamente riceviamo nella buca delle lettere di casa. Come dargli torto? Ma a pensarci bene ci sarebbe da aprire un bel dibattito poiché, fino a prova contraria, anche i costi della pubblicità tradizionale contribuiscono a determinare il prezzo dei prodotti che acquistiamo. Quindi noi paghiamo da sempre e quotidianamente la pubblicità di ciò che compriamo. Diciamo che lo spam è un metodo un po’ più rozzo e spudorato di farci pagare.

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