Nella mia vita sono o sono stato professore, divulgatore con parecchi libri all’attivo, conferenziere, programmatore, formatore, esperto in studio e pallone gonfiato. Tutti mestieri che prevedono di spiegare qualcosa a qualcuno, capirete bene che l’attività non mi spaventa di per sé. Ma l’idea di cercare di far capire a un politico cosa sia un cookie mi terrorizza. Non che sia difficile in quanto tale, è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Viene detto e ripetuto in tutte le salse dai primi anni Novanta, però repetita iuvant: il cookie è una piccolissima informazione che un sito web salva su un PC e ritrova alle successive visite del proprietario di quel PC.
Invito in particolare gli europarlamentari a fare particolare attenzione a questa frase, disgraziatamente complessa perché contiene un soggetto, un verbo e addirittura un complemento oggetto. Il sito web salva l’informazione. Se vi fermate a riflettere, questo significa che l’informazione originariamente si trovava sul sito web in questione. Lo so che state sudando, o deputati del continente intero, ma dipende dal fatto che non siete abituati; vedrete che, se provate a riflettere di tanto in tanto, vi abituerete e presto non vi verrà più neppure il mal di testa.
Benedetta gente, ma cosa vi è venuto in mente di legiferare sui cookie? Perché vi siete messi a comminare multe, sin dal 2013? Volete difendere i consumatori dalla possibilità che le aziende assegnino loro un codice utente, vi rendete conto?
Un sito web è fatto di pagine[senza fonte] debolmente collegate tra loro, che non necessariamente vanno lette in un qualche ordine particolare. Al punto che ogni pagina viene scaricata per conto suo. Senza i cookie, il sito non sa che chi scarica la pagina “contenuti del tuo carrello” è la stessa persona che ha appena messo nel carrello un prodotto. Forse vi stupirò, onorevoli signori, ma i commerci elettronici in quel modo lì non funzionerebbero benissimo, e i commerci elettronici oggi sono uno dei volani dell’economia.
Colpo di grazia: dal 2007 i siti web possono memorizzare un intero database SQL sul PC del visitatore. La tecnologia originale si chiamava gears, ingranaggi, e l’aveva ideata la solita Google. Serve, per esempio, quando l’utente vuole elaborare dati creati da lui stesso sul sito mentre è scollegato dal medesimo. Ovviamente si tratta di una tecnologia molto più potente, pervasiva e sofisticata di un semplice cookie. Ma nessun politico ha pensato di dedicarle — non dico una legge — un regolamento applicativo, una circolare, un memorandum, una interrogazione parlamentare, un pensierino… Confidiamo nella prossima legislatura.