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Ben Ali vuole nazionalizzare i cybercafé tunisini

30 Aprile 2003

Ben Ali vuole nazionalizzare i cybercafé tunisini

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Il governo tunisino, con una nuova iniziativa liberticida, vorrebbe congelare tutte le autorizzazioni concesse a privati e annuncia l'intenzione di limitare l'accesso a Internet nei "centri di servizi pubblici" controllati dallo Stato

Le autorità dal Paese magrebino hanno sottolineato, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, che intendono “procedere alla revisione approfondita e meticolosa (sic!) dei criteri di concessione delle autorizzazioni di sfruttamento dei centri pubblici di accesso a Internet”. Secondo i dissidenti che fanno capo al sito Reveiltunisien.org (non più accessibile da alcuni giorni), “la revisione delle concessioni non ha altro scopo che quello di controllare ancora di più l’accesso alla Rete”.

Attualmente in Tunisia sono in funzione 280 cybercafé, dai quali è possibile consultare un numero limitato di siti, in quanto il ministero delle Tecnologie e della Comunicazione blocca l’accesso a tutte le risorse “il cui contenuto non soddisfa le necessità educative e scientifiche desiderate”.

“Ufficialmente – spiegano gli attivisti di Reveiltunisien.org – si tratta di siti pornografici, islamisti e terroristici, ma si tratta di un espediente per limitare la libertà d’informazione e bloccare l’attività online dei gruppi dissidenti. Ad esempio, sette internauti, tra i quali un minatore, sono stati recentemente arrestati e torturati con le accuse di associazione a delinquere, partecipazione a riunioni non autorizzate, furto, acquisizione di prodotti per la fabbricazione di esplosivi e per aver consultato siti Web terroristici”.

Le autorità tunisine stanno, in effetti, conducendo un’autentica guerra contro la diffusione delle informazioni su Internet, mentre per molte persone il Web sta diventando, sempre di più, uno strumento fondamentale di controinformazione.

Zouhair Yahyaoui, cybergiornalista e creatore del siti d’informazione indipendente TUNeZINE (anche questo oscurato), è in prigione dal primo giugno 2002 per “diffusione di notizie false”. Era stato arrestato nel cybercafé di proprietà di un amico dal quale si collegava. In questi giorni ha deciso di porre fine allo sciopero della fame che aveva iniziato tre settimane fa per protestare contro le sue condizioni di detenzione.

Una situazione, quella della libertà d’informazione in Tunisia, che si aggrava di giorno in giorno, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie. E tutto ciò, purtroppo, nel completo disinteresse dei mezzi d’informazione e dell’opinione pubblica internazionale.

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