Sono fortunatamente finiti i tempi nei quali citare Linux a certi tavoli di discussione creava un immediato imbarazzo. L’idea che non si dovessero pagare costi di licenze e che non ci fossero – quantomeno in Italia – aziende di grandi dimensioni a offrire servizi di supporto a pagamento metteva a disagio anche gli IT manager più propensi all’innovazione. Sembrerà paradossale, ma lo stesso imbarazzo lo riscontro adesso quando provo a proporre FreeBSD come tassello di alcuni progetti che mi vedono coinvolto.
I tempi sono cambiati e in teoria la lezione di Linux – la scelta di sistemi operativi diversi da quelli mainstream è attuabile senza per forza infilarsi in un ginepraio – dovrebbe essere stata assimilata, ma spesso il rifiuto è aprioristico. Nei più la percezione è che FreeBSD sia di nicchia e manchi un vero motivo per usarlo. Entrambe le asserzioni sono false.
In termini di diffusione assoluta, FreeBSD (o sue porzioni) certo non sfigura. Siete videogiocatori incalliti e vi siete portati a casa una nuova Playstation 4 (4,2 milioni di pezzi venduti in un mese e mezzo)? Nella vostra console batte un cuore FreeBSD 9. Che dire di OS X e iOS? Come annunciato da Apple nel 2000 per uscire dalla sua peggiore crisi,
Nel cuore di Mac OS X sta Darwin, il kernel evoluto del sistema operativo Apple. Somiglia a Linux e si avvale del modello open source e del supporto Unix di FreeBSD.
Netflix, Juniper, Cisco, WhatsApp usano FreeBSD internamente o come base per i loro prodotti. In alcuni casi – come WhatsApp e Juniper – è stato scelto per la sua eccellenza nel networking.
Viene quindi da chiedersi come mai, in termini di diffusione percepita, FreeBSD paghi dazio nei confronti delle varie distribuzioni Linux. La risposta è l’ecosistema di aziende che si è creato intorno a Linux – Red Hat e Canonical per prime – rendendolo più facile da utilizzare e più rassicurante in ambito enterprise.
La mancanza di un sistema di package management a prova di sistemista inesperto, la scarsa propensione verso l’installazione virtualizzata e verso il cloud hanno invece relegato FreeBSD a un impiego più specialistico. Tutto questo è destinato a cambiare con il recente rilascio di FreeBSD 10.
Le più importanti novità di FreeBSD sono proprio relative ai suoi punti di debolezza. Pkgng, il nuovo package manager, è un grosso passo avanti, altrettanto potente e facile da usare quanto apt e yum. L’introduzione del tickless kernel, il supporto per la virtualizzazione con Hyper-V e il migliorato supporto Xen lo rendono più adatto a un funzionamento in ambienti virtuali e cloud quali Amazon EC2.
Con questi aggiustamenti FreeBSD è pronto a giocare ad armi pari con Linux e il recente passaggio di Jordan Hubbard da Apple a ixSystems è un segnale che fa ben sperare nella creazione di aziende in grado di fornire servizi di supporto professionale a FreeBSD.