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Banda larghissima in fibra, l’Italia si muove

27 Novembre 2008

Banda larghissima in fibra, l’Italia si muove

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Agcom impone per la prima volta a Telecom Italia di condividere il suo Next Generation Network in fibra ottica in tutte le zone della penisola in cui l'ex monopolista è dominante nel mercato della fibra. Una decisione che potrebbe avere un impatto decisivo sul mercato delle comunicazioni del nostro paese

In Italia procede il dibattito da cui dipende il futuro della banda larga, in fibra ottica: siamo al punto in cui l’Autorità garante delle comunicazioni ha appena chiesto a Telecom Italia di modificare gli impegni e tra le altre cose di includervi anche l’Ngn (Next Generation Network). Quella rete in fibra ottica che, costruita da Telecom, porterà, nel 2009, banda larga fino a 100 Mbps nelle principali città italiane. In sostanza, per la prima volta Agcom chiede (impone) a Telecom di consentire ai concorrenti di accedere all’Ngn futura e a tariffe regolate dalla stessa Autorità. Telecom dovrà inoltre condividere con gli altri le proprie infrastrutture passive (cavi, cavidotti), dove può passare la fibra. Questi obblighi però varranno solo nelle zone dove Telecom è dominante nel mercato della fibra. È un dibattito da seguire con attenzione e non riguarda solo l’Italia, ma tutti i Paesi europei. Ne dipende il futuro delle telecomunicazioni in banda larga.

Due opposte fazioni

In sintesi, in Europa ora si scontrano due filosofie. La prima è quella che vorrebbe regole e norme, a tutela della concorrenza, anche sulla rete di nuova generazione. La seconda invece non vuole regole sull’Ngn e quindi nessun obbligo di apertura ai concorrenti. Se questi ultimi vogliono usare la nuova rete, devono farlo a prezzi di mercato, mettendosi d’accordo con l’operatore che la costruisce. Senza poter contare su Autorità come angeli custodi che vigilino su modalità, tempistica e tariffe di accesso.

In Italia ancora non è certo quale posizione prevarrà, ma l’ultima mossa di Agcom spiana la strada verso l’apertura dell’Ngn. Fa pendere un po’ più la bilancia a favore degli operatori alternativi, che battagliano da tempo per un accesso regolamentato all’Ngn, mentre Telecom lo vorrebbe negare. Gli operatori alternativi, italiani ed europei (nell’associazione Ecta), gridano infatti l’allarme: senza regole, l’Ngn farà tornare il monopolio nelle telecomunicazioni. Telecom Italia e altri operatori dominanti europei (non tutti) invece sostengono che l’Ngn richiede forti investimenti (almeno 10 miliardi di euro). Perché siano sostenibili e portino quindi a profitti, l’operatore che fa la rete deve essere esonerato dalle regole e trattare con i concorrenti a prezzi di mercato.

Il quadro in Europa

Per ora la Commissione Europea non è riuscita a imporre una linea comune, ai vari Paesi, per l’approccio all’Ngn. Ci sono varie vie nazionali, quindi. Quella open si sta affermando in Olanda e nel Regno Unito (sebbene anche qui manchi una posizione definitiva, l’orientamento è favorevole all’apertura dell’Ngn alle regole e ai concorrenti). La via pro-chiusura sembra invece imporsi in Spagna e Germania, dove gli ex monopolisti (Telefonica e Deutsche Telekom) sono riusciti a convincere governo e regolatori ad avere norme a loro favorevoli. La Commissione Europea si è schierata contro questa posizione presa in Germania e, pochi giorni fa, in Spagna. Per ora però questi due Paesi vanno avanti sulla propria strada, che obbliga i concorrenti a chiedere di volta in volta all’ex monopolista il permesso di accedere alla rete Ngn, quando la vogliono usare per offrire servizi agli utenti finali. La Commissione si è opposta a queste posizioni spagnole e tedesche, ma finora senza effetto pratico.

La Francia è una via di mezzo, anche perché è una situazione eccezionale: l’Ngn è già disponibile, è fatta di tante reti e soprattutto di operatori alternativi. France Telecom si è mossa in un secondo momento. Una legge di agosto, in Francia, impone a tutti gli operatori di dare un punto di accesso ai concorrenti, ogni volta che portano la fibra a un palazzo. L’idea è che è poco praticabile e sicuramente troppo dispendioso mettere due fibre in uno stesso palazzo, quindi chi arriva per primo faccia spazio agli altri.

Duplicare o no l’investimento Ngn?

Dal punto di vista tecnico, è certo impensabile moltiplicare l’ultimo miglio in fibra, quello interno al palazzo. È però possibile, in teoria, che alcuni operatori (due o più), ciascuno con la propria rete Ngn, arrivino vicino al palazzo fino a un punto di interconnessione (l’armadio in strada, per esempio). Da lì, fino all’utente, utilizzano invece la stessa rete. Da più parti però si sta facendo strada l’idea che non abbia senso avere molteplici Ngn, se non in rare zone metropolitane di altissimo interesse. Il problema è remunerare gli investimenti. Il Giappone fa scuola: lì, nonostante la nuova sia stata fatta anche con i soldi dello Stato, non c’è stata grande abbondanza di Ngn multiple e parallele. Solo nel centro di Tokio ce ne sono tre. Altrove invece ce n’è una. Negli ultimi mesi sono stati pubblicati numerosi studi a conforto di questa tesi. Da parte di Analysys (studi per i regolatori olandese, francese e belga), Wik (per Ecta), AT Kearney (per il governo greco), JP Morgan, Oecd (studi per il governo olandese e report istituzionali). Un buon punto di riferimento per seguire gli sviluppi della discussione è il blog di Stefano Quintarelli, che sta facendo una campagna a favore di una rete unica e condivisa.

Agcom, con l’ultima decisione, si è avvicinata appunto a questa tesi, che del resto è anche quella appoggiata anche dalla Commissione Europea. Agcom ha bocciato di fatto la tesi di Telecom secondo cui l’Ngn è un nuovo mercato, che non richieda quindi regole a tutela della concorrenza. In realtà non è un mercato del tutto nuovo, ma è la prosecuzione di quello dell’Adsl. Gli utenti cioè saranno portati a passare dall’Adsl alla fibra, come naturale evoluzione tecnologica, come quando hanno abbandonato il dial-up. E se la rete di nuova generazione nazionale sarà di fatto una, solo l’ex monopolista è in condizione di farla. A differenza degli altri operatori, può ottenere sinergie ed efficienze dalle infrastrutture che già ha sul territorio, in fibra e non. Caso emblematico è quello olandese, dove Kpn ha fatto l’Ngn con i soldi ottenuti dalla vendita elle centrali, utilizzate solo sulla vecchia rete. Ha inoltre una quota di mercato elevata sul mercato banda larga (in media 70%, mai sotto il 40% in nessuna città), il che dà economie di scala per il passaggio alla nuova banda larga.

Il ruolo dello Stato?

L’ultimo tassello politico è il ruolo dello Stato in tutta questa vicenda. Tutti gli operatori chiedono l’intervento del settore pubblico, per l’Ngn. Avverrebbe in due modi: da un lato fondi pubblici per le zone dove il mercato non ha le forze da solo di portare la banda larghissima (ora c’è in ballo un miliardo di euro, che potranno servire anche per le aree dove non c’è affatto fibra e quindi nemmeno i 20 Mbps); dall’altro il coordinamento istituzionale di diversi soggetti, che potranno collaborare per costruire insieme la nuova rete, come già analizzato in un precedente articolo.

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