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Azure in salsa Linux

24 Settembre 2015

Azure in salsa Linux

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Davvero l'inferno si è congelato e Microsoft ha un sistema operativo Linux? La realtà è più sfumata e le polemiche fuori bersaglio.

Neanche due settimane fa abbiamo salutato con gaudio l’iniziativa per l’utilizzo di Linux (meglio, GNU/Linux) in ambito enterprise promossa da un grande player come IBM, e poco dopo arriva una notizia bomba.

Una di quelle notizie che dici no dai, è un fake fatto da qualche burlone (come questo classicone), perché suonano così paradossali che neanche un Kafka sotto LSD avrebbe potuto partorirla.

Microsoft avrebbe infatti confezionato una sua distribuzione del sistema operativo del pinguino. Si chiama Azure Cloud Switch, in acronimo ACS. L’annuncio ufficiale è del 17 settembre e i social si imbizzarriscono per qualche giorno cavalcando il sensazionalismo che un passaggio storico come questo può legittimamente generare. Si legge:

Azure Cloud Switch (ACS) è la nostra prima iniziativa di sviluppo di un nostro applicativo per azionare dispositivi di rete come switch. Si tratta di un sistema operativo modulare multi-piattaforma per il networking dei data center basato su Linux.

Qualcuno però fa notare che del codice sorgente di questa fantomatica distribuzione Linux non vi è traccia e che quindi Microsoft starebbe violando la licenza GPL con cui appunto è rilasciato il kernel di Torvalds.

Come vedete continuo ad usare il condizionale. Sono d’obbligo infatti alcune precisazioni che di certo avranno l’effetto di ridimensionare il clamore su questa notizia.

Innanzitutto, potremmo parlare di una vera e propria distribuzione Linux solo se questo pacchetto software fosse davvero destinato ad essere distribuito al pubblico; cosa che invece non sembra essere nelle intenzioni di Microsoft. Dunque, come giustamente spiega Peter Luminoso su Ars Technica, si tratta più che altro di un applicativo derivato da Linux, non di un sistema operativo con autonoma dignità di distro.

Inoltre, in merito alla pretesa violazione della licenza, è importante riflettere con oculatezza giuridica sul meccanismo del copyleft e comprendere quale sia il vero catalizzatore dell’obbligo di diffondere il codice sorgente. Come già in molti hanno fatto notare, la GPL (come tutte le licenze di software libero che seguono il suo modello) richiede solamente che la multinazionale di Redmond “distribuisca” i sorgenti (le virgolette indicano che forse non è il verbo più indicato) a coloro a cui sono stati “distribuiti” le versioni binarie; dunque non impone affatto – come invece spesso si sente dire – di rilasciare i sorgenti al pubblico, inteso in senso più generale. E parimenti non richiede di distribuire un pacchetto software che in realtà è stato realizzato per essere consegnato solo ad alcuni soggetti specifici, e quindi non ad essere distribuito in senso più ampio.

Dalle due precisazioni messe insieme si deduce che Microsoft sta agendo legittimamente e che, a ben vedere, non sta facendo nulla di diverso da quello che aveva già fatto in passato: sfruttare codice open source per alcuni suoi progetti.

Certo – inutile negarlo – l’ipotesi di un Linux powered by Microsoft è davvero suggestiva benché sempre un po’ paradossale (viste certe dichiarazioni fatte in passato dalla dirigenza). E forse sarebbe davvero l’occasione per diffondere Linux anche nel mondo desktop; perché ad oggi, come abbiamo già detto più volte, Linux ormai si trova davvero dappertutto… tranne che sui personal computer.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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