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Avanza Linux nella PA europea, rilancio in USA di OpenPGP

11 Marzo 2002

Avanza Linux nella PA europea, rilancio in USA di OpenPGP

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Bundestux procede nel parlamento tedesco e i Verdi, con supporto di NetWorK e DS, ci provano in Italia. Oltreoceano ecco il software di crittazione per le masse in versione open source

Significativi i recenti aggiornamenti dal fronte europeo sulla questione dell’open source nella Pubblica Amministrazione. In Germania compie buoni passi avanti l’iniziativa Bundestux. Si tratta della petizione che vuole impegnare il Parlamento nell’implementazione di prodotti open source nei sistemi istituzionali. Con tutta probabilità in settimana i deputati tedeschi daranno il nulla osta per alla soluzione di compromesso. Secondo Heise Online il Bundestag ha annunciato che a partire dal 2003 le “soluzioni Linux” verranno installate su 150 server parlamentari. In aggiunta, saranno quasi cinquemila le workstation dotate di WindowsXP, il nuovo sistema operativo Microsoft. Queste ultime includeranno però anche software open source per ufficio, tipo OpenOffice. La soluzione raggiunta segue sostanzialmente le linee-guida segnalate nella ricerca di Infora. I server per e-mail, GroupWare e stampanti saranno i primi a girare sotto Linux, mentre altri programmi per database e backup verranno gradatamente convertiti all’open source. I client locali useranno invece ancora WindowsXP, visto anche che molti impiegati hanno suggerito questa opzione.

Nel complesso, quindi, sembra aver ragione Steffi Lemke, membro della commissione parlamentare dedita all’info-tech, il quale ha dichiarato: “In tal modo abbiamo iniziato la migrazione verso sistemi open source”. È vero che una mozione procedurale presentata dagli ex-democristiani (CDU) e dai liberali (FDP) potrebbe ritardare l’implementazione del piano. Ha spiegato Hans-Joachim Otto, portavoce dell’FDP: “Appena una settimana fa ci è stata passata una relazione di esperti di 500 pagine (quella di Infora),” e quindi occorrerebbe ancora del tempo prima di giungere a posizioni definitive. Steffi Lemke ha replicato che comunque sia il lasso di tempo di un anno consentirà al Bundestag di arrivare “ben preparato” alla data stabilita.

Nel frattempo prende corpo anche in Italia un progetto analogo. Su iniziativa di Alessio Papini, consigliere comunale dei Verdi a Pisa, è nata una specifica proposta di legge, di prossima presentazione nell’aula del Senato. Più che esplicito il titolo prescelto: “Norme in materia di pluralismo informatico, sulla adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella Pubblica Amministrazione”. Concetto ribadito nei vari passaggi-chiave del documento, in particolare il Comma 1 dell’articolo 2: “La Pubblica Amministrazione, nella scelta dei programmi per elaboratore elettronico necessari alla propria attività, privilegia sistemi operativi, applicativi e programmi in genere che appartengano alla categoria del software libero o, in seconda battuta, a codice sorgente aperto”. Come si conviene, la bozza del testo è transitata su alcune mailing list online per subire ritocchi e aggiustamenti collettivi, e così sarà fino alla versione definitiva che verrà fatta propria dal senatore verde Fiorello Cortiana. Onde arrivare alla discussione parlamentare con le spalle coperte, i Verdi vanno raccogliendo il maggior supporto possibile. Negli ultimi giorni è giunto l’appoggio di NetWork, l’associazione telematica dei Democratici di Sinistra. Quest’ultima ha tra l’altro sottolineato stabilità e facilità d’utilizzo raggiunta da Linux, al pari dei sistemi proprietari, mentre a livello di sicurezza, “il software libero e open source ha da sempre surclassato gli analoghi programmi proprietari”.

Passando agli USA, da notare le recenti vicissitudini del noto software di crittazione Pretty Good Privacy, o meglio del progetto OpenPGP. Ideato e lanciato da Phil Zimmermann nel 1991 come primo software a tutela della privacy delle masse, PGP uscì vittorioso da un tortuoso iter legale ed ottenne rapida fama mondiale, grazie anche alla disponibilità gratuita online. L’omonima società poi fondata da Zimmermann venne acquistata nel 1997 da Network Associates per 36 milioni di dollari. Quest’ultima la scorsa settimana ha annunciato la cessazione di ogni aggiornamento e servizio sul software, pur promettendo di onorare i contratti di assistenza finora stipulati con i vari clienti. La decisione arriva dopo l’inutile ricerca, avviata dallo scorso novembre, di un possibile acquirente per l’unità specifica. Lo staff di PGP verrà trasferito ad altri incarichi all’interno di Network Associates, mentre Zimmermann aveva lasciato la società già lo scorso anno. Uno scenario che lo stesso Zimmermann ha così fotografato: “PGP è un’istituzione assai più vasta di qualsiasi azienda, codice o prodotto. Al momento però si trova in una fase di limbo, una posizione tutt’altro che piacevole.”

Come uscire dall’impasse, dunque? Rilanciando lo standard aperto del software, suggerisce ancora l’autore di PGP. Da qualche tempo opera infatti OpenPGP.org, consorzio che raggruppa sviluppatori e società interessate a tenere aggiornato per la comunità open source lo storico software. Tra gli attuali membri si trovano Gnu Privacy Guard, Qualcomm, Zero-Knowledge e la stessa Network Associates. Il progetto, aperto a qualunque tipo di contributo, è alla ricerca di un grosso nome che ne sponsorizzi gli sforzi, visto che le versioni ‘free’ disponibili necessitano tuttora di un’interfaccia grafico quantomeno adeguato all’originale PGP. Nello specifico la OpenPGP Alliance opera per facilitare interoperabilità tecnica e il marketing dello standard OpenPGP. Si prevede che sotto la guida diretta di Zimmermann, l’iniziativa prenda presto il volo, confermando il successo della pressoché unica modalità che garantisce a prova di bomba (e di intrusioni governative) la privacy dei messaggi e-mail.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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