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Arriva o non arriva, l’archiviazione olografica?

13 Luglio 2007

Arriva o non arriva, l’archiviazione olografica?

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Immagazzinando dati come ologrammi si possono realizzare supporti dalle enormi capacità. Ma ancora molto deve succedere perché arrivino al mercato

Ancora mi ricordo del giorno in cui, cambiando lavoro, mi diedero il mio primo Mac. Fra le cose che mi colpirono di più (a parte il superiore sistema operativo) fu la presenza di un hard disk da 20 mega (si, proprio mega, come in MB). Mi fu impossibile non domandarmi quando mai avrei potuto riempire uno spazio così immenso di archiviazione. Poi arrivarono le presentazioni multimediali, la musica, le foto digitali, i video, i giochi eccetera eccetera. Come sempre nell’informatica, ogni volta che si occupa lo spazio disponibile sia esso banda o storage, si trova subito un modo di riempirlo.

Oltre al problema dell’immagazzinamento “fisso” si è posto poi quello dello storage mobile – risolto prima coi floppy, poi coi Cd-Rom – che ormai ci appaiono preistoria. I Dvd hanno dato una mano, ma oggi già risultano un po’ troppo piccolini, visto anche che la digitalizzazione in definizione sempre più alta dei filmati porta a necessità crescenti di spazio disponibile. Insomma, è giunta l’ora di trovare nuove strade per archiviare la nostra mole sempre crescente di dati – e se a breve saranno Blu-ray o Hd-Dvd le soluzioni da scegliere, nel medio periodo la strada pare passare per una nuova tecnologia: quella dell’ologramma.

La sigla da tenere d’occhio sarà Hvd, che sta per Holographic Versatile Disk, un piattino dorato che potrà arrivare a contenere quasi quattro terabyte (sì, come in TB) di dati. Grazie all’uso di due laser e basandosi sul principio dell’olografia – o creazione di immagini tridimensionali ben collimate – si potranno immagazzinare su un singolo disco oltre 800 Dvd o 160 Blu-ray, che non è poco. E con velocità molto alte, perchè se in un Cd un lampo del laser registra un solo bit, nel supporto olografico un colpo di laser realizza 60.000 bit. Il che fa una certa differenza.

Sono molti anni che sono state poste le basi teoriche di questa nuova tecnologia, su cui si è lavorato un po’ sotterraneamente finché, nel 2005/2006 partì una serie di annunci sul tema: «l’archiviazione olografica è qui, adesso arriva!». In realtà l’arrivo di questa tecnologia, strombazzata a colpi di comunicati stampa come imminente fin dal lontano 2001, sembra sia stato silenziosamente posposto (e c’era chi se lo aspettava). Frugando fra l’immenso archivio della Rete si scopre che un certo numero di aziende che si erano vendute come futuri leader del settore si sono, come dire, un po’ defilate.

Aziende come Aprilis, uno spinoff di Polaroid ora acquistata da Dow Corning, che ha presentato nel 2002 la sua tecnologia e sul cui sito non si vede ancora traccia di prodotti concreti e acquistabili. Aziende come Optware, azienda giapponese tra i promotori dell’Hvd Forum, che ha raccolto capitali da partner come Toshiba e Intel Capital, che ha annunciato innovazioni, la cui Digital Memory Card da 30 GB ha fatto molto notizia, che nel 2005 prometteva il lancio sul mercato di un prodotto da 200 GB per il 2006… beh, andate ora sul loro sito e troverete solo una bella gif con il logo e la scritta “this site is under maintenaince”. Significativo.

E anche se si va a visitare il sito dell’Hvd Forum, un’associazione di aziende (tra cui FujiFilm, Toshiba, Alps o Verbatim) che opera per la promozione del formato e la sua standardizzazione, c’è da riflettere. Fa riflettere, ad esempio, il fatto che le ultime Faq/News/Press release risalgano agli inizi del 2006. Insomma, il termine Vaporware viene inevitabilmente alla mente.

Si allunga quindi il tempo che dovremo attendere per archiviare i nostri filmini familiari su un disco olografico. Per prima cosa dovranno arrivare i primi prodotti (ma tranquilli, alfine stanno arrivando), poi dovranno essere accettati da parte del mondo aziendale/corporate per il backup di dati, dagli operatori del mondo del video digitale professionale e da altri detentori di applicazioni pesanti in termini di dati generati. Solo allora, forse, si potrà pensare a un loro ingresso nel mondo consumer. Morale: non fate conto sull’Hvd per farvi il consueto regalino tecnologico natalizio, anche perchè al momento costa il proverbiale botto.

In questo momento l’azienda all’avanguardia nel settore appare essere Inphase (uno spinoff di Bell Labs/Lucent Technologies), che lavorando in partnership con Hitachi Maxell ha presentato una soluzione da 300 giga (e un transfer rate di 20 Mbps) al modico prezzo di 18.000 dollari per il lettore e di 180 dollari per ogni disco vergine. Certo, nel tempo i costi andranno giù (si spera) e la capacità su, visto che si prevede già di arrivare a prodotti da 1,6 TB (e 160 Mbps di transfer rate) entro il 2010. Ma ci vorrà tempo, per togliere un paio di zeri ai 18.000 dollari… La speranza dei consumer potrebbe però a medio termine riporsi nelle attività di Sony, azienda che sta dandosi il suo bel da fare e che avrebbe trovato un modo di rendere molto meno costosa la tecnologia olografica, portandola più vicina alle nostre tasche di consumer.

Secondo gli analisti, e il buon senso, la morale è comunque sempre quella: che sia una tecnologia o che sia un’altra, è inevitabile che nel medio periodo il mercato abbraccerà, richiedendola a gran voce, una soluzione per archiviare e scambiare terabyte di dati. Resta solo da vedere quanto ci vorrà e se davvero, anche in questo campo, si scatenerà l’ormai sempre più abituale battaglia per gli standard.

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