Il legislatore sembra ormai essersi affezionato al principio open by default e quindi coglie ogni occasione per ribadire e chiarire il rivoluzionario concetto (di cui ho avuto modo di parlare in altra sede) che era già diventato parte integrante del nostro ordinamento con il Decreto Crescita 2.0, convertito in legge lo scorso dicembre.
Grazie a questa novità, dati e documenti pubblicati dalle pubbliche amministrazioni senza la specifica indicazione di una licenza proprietaria si intendono automaticamente rilasciati con una licenza open. E ciò è fissato negli articoli 52 e 68 del Codice dell’amministrazione digitale.
In attesa che facciano capolino i decreti attuativi di Crescita 2.0, è arrivato anche il Decreto Trasparenza, numero 33/2013, in vigore dallo scorso 20 aprile e più ampiamente dedicato alla disponibilità delle informazioni sull’attività della pubblica amministrazione.
Tale testo (decreto legislativo, quindi già con forza di legge senza necessità di conversione) presenta alcune norme di principio che rafforzano ulteriormente l’idea dell’open PSI (Public Sector Information).
Ad esempio l’articolo 3, dove si legge:
Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7.
Nel richiamato articolo 7 si fornisce anche un’indicazione più chiara sui tipi di licenza utilizzabili rispetto a quanto scritto nel Codice dell’amministrazione digitale con la riforma di dicembre.
I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente […] sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale […] e sono riutilizzabili […] senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.
In occasione di una mia recente conferenza in quel di Vicenza, ho sottolineato che forse la tecnica legislativa è stata abbastanza contorta e questo sciame di molteplici interventi normativi (tra l’altro non ancora terminato, sembra) avrebbe potuto avere un risultato complessivo meno frammentario e di più facile interpretazione.
Ma questo è il tipico stile legislativo italiano; quindi prendiamolo così e intanto brindiamo.
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