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Annullate fusioni tra aziende Linux, problemi per Transmeta

14 Maggio 2001

Annullate fusioni tra aziende Linux, problemi per Transmeta

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Dietro front per Ebiz-Linux NetworX e Turbolinux-Linuxcare, mentre Crusoe nulla può contro la caduta di azioni Transmeta.

Rimane problematico il clima economico-borsistico del mondo Linux. Tra i sintomi preoccupanti degli ultimi giorni, da segnalare la netta discesa delle azioni Transmeta e l’annullamento di due fusioni da tempo annunciate, in particolare quella già attiva tra Turbolinux e Linuxcare. Certo, nulla di strano rispetto alla crisi galoppante che ormai investe persino giganti high-tech della stazza di Cisco e 3Com. Quest’ultima ha infatti rivelato il prossimo taglio di 3.000 posti di lavoro onde “riguadagnare profittabilità”, mentre la prima ha deciso di ridurre del 60 per cento le spese di viaggio dei propri dirigenti (aspetto questo apparentemente marginale ma tutt’altro che irrisorio per il budget e soprattutto per il lifestyle da sempre in voga nelle grandi corporation USA). Tutto a posto e niente in ordine, dunque, sia sul pianeta del pinguino che altrove.

Per la seconda volta nel giro di una settimana, è stato cancellato l’accorpamento, previsto e atteso da tempo, di due aziende Linux. Lo scorso marzo Ebiz aveva annunciato l’acquisizione di Linux NetworX, produttore di supercomputer a basso costo basati su network di macchine Linux. L’accordo è stato ridotto ad una partnership operativa, con Ebiz Enterprises che aggiungerà la serie di Linux NetworX alle proprie offerte di vendita che già includono PC a prezzi ridotti, server e software realizzati da terze parti e altri prodotti affini. Dopo aver meglio considerato la questione, è stata soprattutto Linux NetworX a tirarsi indietro. Nelle parole del vicepresidente, “eravamo interessati ai canali di vendita e alle capacità produttive di Ebiz. Dopo aver iniziato a lavorare insieme, abbiamo scoperto che avremmo potuto farcela anche da soli. Nostro obiettivo è rimanere indipendenti finché possibile.” L’autonomia rimane quindi una virtù centrale per l’open source — sempre che, appunto, si tratti di una strada realmente percorribile per le strutture medio-piccole nella pericolante barca dell’high-tech odierno.

Indipendenza che sta molto a cuore anche a due società più note in quel di San Francisco. Seguendo un percorso similare a quello sopra delineato, ma su scala decisamente più corposa, qualche giorno addietro Turbolinux e Linuxcare avevano colto di sorpresa non pochi osservatori annunciando il ritiro della prevista fusione. Una fusione attivata sul campo ormai da parecchi mesi e considerata definitiva un po’ da tutti. Ecco invece che una serie di impreviste “difficoltà in ambito economico e operativo”, come recita il comunicato ufficiale, hanno imposto l’inatteso dietro-front. Eppure a inizio anno le due aziende avevano annunciato con reciproca soddisfazione l’accordo raggiunto verso un unico soggetto, operazione tesa soprattutto a fronteggiare la ritrosia degli investitori verso il business Linux. Tale accordo veniva siglato il 21 febbraio, con immediato via libera all’attività comune basata sull’integrazione tra i servizi specializzati offerti da Linuxcare e la commercializzazione di prodotti ad hoc enfatizzata da Turbolinux.

Ma da allora, o meglio dall’inizio delle trattative cinque-sei mesi addietro, ci si è accorti che economicamente “non aveva senso unificare le due situazioni”, spiega il CEO di Turbolinux Paul Thomas. Sembra cioè che le casse di Linuxcare possano consentirle di vivere tranquilla per almeno due anni, mentre Turbolinux avrebbe sufficiente contante da permetterle di arrivare addirittura a segnare, prima o poi, dei profitti. È tuttavia vero che il ripensamento porta con sé fin da subito qualche ripercussione poco gradita: chiariti i dettagli finali, quasi certamente Linuxcare taglierà ulteriormente il personale, dopo i licenziamenti già avvenuti in febbraio, oltre ad abbandonare gran parte di quei servizi di assistenza tecnica che ne avevano costituto la caratteristica principale fin dalla sua fondazione nel 1999. Da parte sua Turbolinux ne risentirà soprattutto rispetto alla prevista espansione nell’area asiatica, dando ormai per scontata la predominanza di Red Hat in terra statunitense. Come ha concluso Art Tyde, responsabile di Linuxcare, l’intera vicenda “non ha mancato di deludere entrambe le parti, pur avendo iniziato l’operazione con tutte le migliori intenzioni.” Passato lo scotto, resta da dire che le società proseguiranno comunque a collaborare su svariati progetti.

Mentre ognuno sceglie la strategia più adatta per cavalcare la bassa marea di questi tempi, anche il prodigio Transmeta deve aprire gli occhi. A sei mesi dall’ingresso in borsa, le azioni hanno subito una brusca caduta. Da un massimo superiore ai 50 dollari al pezzo, giorni fa si è toccato appena 11 dollari, con un ribasso di oltre il 23 per cento in un solo giorno. L’evento sembra dovuto essenzialmente alla vendita di un gran numero di azioni da parte dei grossi investitori iniziali, chiuso il periodo imposto dalle autorità borsistiche in cui è proibito trattare i nuovi titoli. Secondo gli esperti, l’assenza di notizie negative sull’azienda non farebbe altro che confermare il trend in atto: gli investitori hanno deciso di rischiare assai meno che in passato, sia riguardo Linux che nel più vasto giro Internet. Per ironia della sorte, la notizia è infatti giunta nelle stesse ore in cui Toshiba informava sull’utilizzo del chip Crusoe in alcune versioni dei propri laptop di prossima uscita sul mercato giapponese, in particolare nella popolare serie Libretto. Ovvero, il venture capital sembra tentennare proprio quando il maggior prodotto di Transmeta si avvia a conquistare spazio, pur se è vero che negli USA stenta tuttora a decollare.

Sul tutto, non resta che seguire gli sviluppi futuri. Problemi e preoccupazioni restano, ma va comunque riposta fiducia nelle mille risorse e iniziative che costellano l’avventura dell’open source, non soltanto in ambito strettamente business.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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