E vabbè. Son 35 anni di Internet. Tranquilli, non intendo essere il millesimo che celebra l’anniversario di quel giorno in cui un gruppo di studenti (tra cui Vinton Cerf e Stephen Crocker) si ritrovarono all’UCLA per collegare due computer con un pezzo di cavo e vedere se alle macchine gli veniva in testa di parlarsi.
Mi viene da pensare in termini di cartoni animati: il “click” del connettore che si aggancia, gli studenti che si domandano “chissà adesso cosa capita” e, sottoterra, il rombo della reazione a catena socio-mediologica-economica che, inavvertitamente, hanno innescato.
Settembre 1969. Pensavo al 2000. Immaginavo saremmo andati in giro in tutine di spandex metallizzato, avremmo avuto la cintura antigravità o almeno il disco volante personale e avremmo parlato con telefonini senza fili, come quello di Dick Tracy (nostalgici di quel futuro? Guardate retrofuture.com).
Il futuro mi ha fatto una bella pernacchia. Per farsi perdonare mi ha però dato qualcosa che non potevo certo immaginare.
Non mi sarei sognato che nel 2000 avrei potuto lavorare senza che nessuno sapesse in quale nazione fosse fisicamente il mio ufficio.
E che in ogni città del mondo avrei potuto trovare dei luoghi da cui sbrigare i miei affari, restare in contatto con gli amici, gestire la mie vacanze (e, quel che è peggio, lavorare mentre sono in vacanza).
Non mi sarei mai aspettato di poterlo fare seduto in una comoda poltrona di pelle, in un locale confortevole, dove ordinare bevande raffinate e snack gourmet-proof, servito da eleganti Bond-girls mentre una poltrona massaggia la mia schiena con la sapienza che solo la cibernetica sa dare agli oggetti inanimati…
In realtà faccio ancora un po’ di fatica ad immaginarmelo, questo luogo.
Eppure… faticosamente e lentamente forse ci stiamo arrivando.
Avete capito, sto parlando degli Internet Cafè o di quello che diventeranno, evolvendo.
Anche loro, come tutta Internet, sono giovani giovani: il 1 Settembre è ricorso il decimo anniversario dell’apertura del primo cybecafè, a Londra. In questi 10 anni ne hanno fatta, di strada. Dal modello del servizio duro e puro, no frills (poter guardare la posta da una città sconosciuta, sorbendosi un caffè liofilizzato ci sembrava già tanto) alla diversificazione e al miglioramento.
Un progresso che va riconosciuto e premiato – e con una intelligente mossa di marketing – l’ha fatto Yahoo! uk, premiando i “migliori” con la creazione dell’Internet Cafe Awards, e pubblicazione della relativa guida ai vincitori che potete scaricare qui…
Ahimè, in Italia non ce n’è nemmeno uno, di vincitori; ma se vi trovate a San Francisco non potrete certo fare a meno di surfare e navigare mentre vi lavate mutande e calzini. Al Brain Wash, vincitore della categoria “most unusual” – Internet Cafè con incorporata lavanderia a gettone.
La pubblicazione della guida di Yahoo! mi sembra un importante passo in avanti – ma non è da loro che mi aspetto la guida definitiva al cyberlocale.
A quelli della mia generazione, quando ci parlano di mangiare e bere, la mano ci scatta verso l’intramontabile “guida turistica”, magari di carta. Dal Gambero Rosso a quella dell’Espresso, all’intramontabile guida del Touring.
Voglio una vera guida agli Internet bar.
Voglio la guida Michelin dei CyberCafè. Che non c’è.
Anche se Michelin ha fatto già molto per portare il cartaceo sul virtuale, con la messa online del suo database geografico attraverso il sito ViaMichelin o con la vendita online delle versioni per palmare delle sue guide, resta molto da fare per portare il virtuale sulla carta (La guida Michelin è la veterana dei nostri anniversari: 104°, 30 milioni di guide vendute)
Guide come Lonely Planet o TimeOut già sono utilissime per indicarci dove trovare il cybercafè per la sopravvivenza. Ma io voglio di più.
Voglio una guida che assegni le stelline per la qualità del cibo, che assegni le chioccioline per l’ampiezza di banda, i cucchiaini e i bicchierini per la qualità del caffè e delle bevande, le sedioline a dondolo per il confort e l’ergonomia del luogo, i computerini per la qualità dell’hardware installato.
Una guida del genere, ne sono convinto, prima o poi arriverà.
O meglio, sono certo che c’è, ma io non riesco a metterci le mani sopra.
Io credo che tutto questo contenuto sia già disponibile nella Guida Galattica per gli Autostoppisti (Hitchhiker’s Guide to the Galaxy o HHGTTG) – vedi alla voce “come girare l’universo per meno di 10 dollari altariani al giorno”.
Se sapete di cosa sto parlando, non ho bisogno di aggiungere altro.
Tranne una cosa: la BBC a 25 anni di distanza (altro anniversario) dalla messa in onda della prima serie radiofonica che ha dato origine al libro e a 3 anni dalla morte del geniale Douglas Adams – autore della guida – ha prodotto e sta mettendo in onda la terza ondata dello sceneggiato radiofonico.
Lo potrete ascoltare anche online, per un tempo limitato.
Fanatici della serie, fate partire i tappi di champagne. Io ho già preallertato la famiglia, datemi per disperso in quella fascia oraria.
Se invece vi risulta alieno il concetto di un alieno immortale, tanto annoiato da aver deciso di riempire l’eternità insultando uno ad uno, di persona, tutti gli esseri viventi dell’universo (in ordine alfabetico) e quanto letto negli ultimi 3 minuti ha per voi lo stesso senso di infilarsi un pesce in un orecchio per comprendere tutte le lingue delle galassie, fatevi un favore.
Andate in libreria o sul vostro sito librario preferito e compratevi il Libro.
Anzi compratevi tutta la trilogia (in 5 volumi). Possibilmente in Inglese; la comicità che trae le sue radici nei Monty Phyton è orrendamente difficile da tradurre.
Se vi piace la fantascienza e la proteina dello humour non vi si è catabolizzata, potreste fare una delle scoperte della vostra vita letteraria.
E capire perché HHTTG è da più di 20 anni uno dei cult sotterranei più diffusi e ferocemente divertenti del mondo.