Mentre palestinesi e israeliani si affrontano nelle strade di Gerusalemme, un altro fronte si apre alla guerra: Internet.
L’aumento della tensione in Israele e nei territori palestinesi si riflette, dunque, anche nel mondo virtuale. In particolare, i protagonisti delle due fazioni si battono a colpi di occupazioni dei canali IRC, inondano di messaggi i newsgroup e compiono azioni di pirateria contro i siti Web.
Il campo di scontro più evidente rimane IRC (Internet Relay Chat). Questo strumento di comunicazione e i suoi canali, permettono di discutere in modalità testo e in diretta e ogni canale di conversazione è diretto da moderatori.
La “guerra” consiste nel prendere la testa delle discussioni nei canali israeliani e palestinesi, dirigere le discussioni e cacciare gli ospiti indesiderati (azione che si indica con il termine “bannare”).
E, come in guerra, sono ammesse tutte le tecniche. Dai due lati delle “barricate virtuali”, si utilizza lo strumento dell’invio massiccio di messaggi o segnali informatici (ping flood, smurf, ecc.) per sconnettere gli altri.
Dopo qualche giorno, la maggior parte dei server delle differenti reti IRC (ircnet, dalnet, undernet, ecc.) non riescono più a far fronte agli attacchi.
Per difendersi dall’una e dall’altra parte, alcuni server hanno vietato la creazione di canali con i nomi “Palestina” o “Israele”.
Mentre, sui server ancora funzionanti, sono scambiati messaggi che richiamano l’odio tra i due campi avversi e che mostrano, come se ce ne fosse bisogno, che il dialogo tra i due schieramenti è diventato impossibile.
Purtroppo, questi fenomeni che si scatenano in tempi di guerra non sono nuovi.
Nel 1991, i servizi speciali americani avevano interrotto l’attività di alcuni siti pro Iraq e durante la guerra nei Balcani, gli avversari si erano scontrati duramente anche sui siti Internet di una e dell’altra parte.