Françoise Virieux, amministratrice di sistema presso il laboratorio della Scuola Superiore di fisica e chimica di Parigi, dopo essere stata condannata per “violazione del segreto della corrispondenza”, per aver letto alcuni messaggi di posta elettronica di un tesista della scuola, ha preso parte nei giorni scorsi alla prima udienza del processo d’appello, presso la Corte d’Appello di Parigi, sostenendo l’ingiustizia della precedente sentenza di condanna, in quanto il suo comportamento è stato dettato esclusivamente dall’esigenza di svolgere il proprio lavoro e di “assicurare la sicurezza dei computer della scuola”.
La vicenda risale al 1996, quando una studentessa si era rivolta alla signora Virieux, lamentando che alcuni dei sui file erano stati cambiati e che sulle modifiche compariva il codice d’accesso alla rete di un suo ex fidanzato, anche lui tesista della scuola.
La responsabile della rete informatica dell’istituto ha quindi messo sotto sorveglianza, con l’autorizzazione del direttore, i computer del laboratorio e le e-mail del tesista presunto-sabotatore, al fine di evitare il verificarsi di atti di pirateria informatica e l’invio di file all’esterno contenti la password del laboratorio.
Questi controlli hanno portato, poi, alla scoperta di alcune mail ritenute diffamatorie e pericolose per il buon funzionamento della rete del laboratorio e, quindi, al divieto di accesso al sistema per il tesista che ne era l’autore.
Lo studente ha portato la questione davanti al tribunale, accusando i responsabili del laboratorio di aver violato il segreto della corrispondenza, con il pretesto di assicurare la sicurezza del sistema informatico. I giudici gli hanno dato ragione, avendo ritenuto le e-mail assimilabili ai plichi postali e hanno condannato Françoise Virieux e il direttore del laboratorio.
L’intenzione dei responsabili della rete, di garantire la funzionalità del sistema – si legge nella sentenza – non costituisce una causa di giustificazione, così come il contenuto potenzialmente illecito della corrispondenza cartacea non autorizza i responsabili del servizio postale ad aprire i pacchi o le lettere.
La sentenza presenta anche un ulteriore profilo di interesse, in quanto richiama espressamente la precedente sentenza della Corte di Cassazione francese che aveva accolto il ricorso di un lavoratore licenziato in seguito alla lettura dei suoi file personali da parte dei datori di lavoro.
La Suprema Corte ha affermato, infatti, la prevalenza del diritto personale al rispetto della propria vita privata e della propria corrispondenza.