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Amazon risparma grazie a Linux, il DeCSS è free speech puro

05 Novembre 2001

Amazon risparma grazie a Linux, il DeCSS è free speech puro

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Notizie diverse ma parimenti importanti per il pianeta open source e affini

La diffusione online di codice usato per decifrare e copiare filmati digitali rientra nelle attività protette dalla libertà d’espressione. Così ha deciso la settimana scorsa la corte d’appello di San Josè, ribaltando una precedente decisione che impediva ad Andrew Bunner di pubblicare sul proprio sito web dei link per il prelievo del software noto come DeCSS. Questa prima sentenza faceva seguito alla denuncia presentata nel dicembre del 1999 dalla DVD Copy Control Association, cui aderiscono numerose aziende legate all’industria cinematografica, per violazione di segreti commerciali e infrazioni al copyright. Va detto che nel frattempo il DeCSS era comunque rimasto facilmente reperibile su Internet, e la recente decisione rappresenta un’importante vittoria per il mondo open source, oltre a costituire un essenziale precedente per future diatribe legali.

Secondo Bunner e gli altri indiziati, il DeCSS era stato ideato all’unico scopo di consentire la visione di DVD su computer che usano Linux come sistema operativo, per i quali non esiste alcun decoder legale. L’associazione imprenditoriale le ritiene invece che, una volta estratti i video dal DVD, questi possano essere tranquillamente piratati e scambiati a volontà, sull’esempio di Napster. Operazione che, inizialmente impossibile a farsi vista l’enormità dei file video, inizia a ora trovare credito grazie all’arrivo di programmi in grado di comprimere tali file fino a un decimo della loro grandezza. Comunque sia, la corte d’appello, pur riconoscendo che il DeCSS contiene gli algoritmi utili per decodificare con successo le protezioni contenute nei DVD, ha sostenuto che il codice non rientra in nessuna delle eccezioni stabilite contro la protezione dalla libertà d’espressione, quali linguaggio diffamatorio o lascivo. “Anche essendo dubbio il valore sociale del DeCSS, in ogni caso si tratta di puro free speech”, si legge del dispositivo della sentenza. E in quanto tale va tutelato.

Ovviamente la battaglie legali sono tutt’altro che concluse, viste le grosse implicazioni commerciali in gioco e l’attenzione riservata al tutto fin dal lancio del DeCSS due anni fa. La DVD Copy Control Association ha già preannunciato ricorso contro la nuova sentenza in arrivo da San Josè, mentre una corte d’appello federale di New York sta attualmente vagliando un caso identico contro i responsabili di un sito che aveva ospitato il medesimo codice. L’ultimo episodio su un fronte sempre caldo, quello della libera diffusione di codice aperto, per quanto controverso, e in opposizione a norme a tutela della proprietà intellettuale che sembrano aver fatto il loro tempo, grazie anche all’avvento di Internet. Come ha infatti dimostrato lo stesso caso di Napster, la diffusione a macchia d’ olio sul web di programmi di file-sharing e quant’altro non può essere controllata tramite dispositivi giudiziari o accordi con la grande industria. Qualcosa di simile appare probabile per il futuro del DeCSS.

L’altra notizia della settimana riguarda un annuncio diffuso da Amazon: quest’ultimo ha risparmiato svariati milioni di dollari trasferendo su Linux l’intera infrastruttura tecnologica. Nell’ultimo trimestre il gigante dell’e-commerce è riuscito a tagliare i costi operativi di circa il 25 per cento, passando da 71 milioni a 54 milioni di dollari. Le pagine web di Amazon usano server Linux che girano sul software Stronghold Web di Red Hat, derivato dal progetto Apache.
Per Amazon, si tratta di un fatto più che vitale, all’interno di un settore che appare comunque stagnante per via della costante crisi, oltre che per le ripercussioni generali dovute ai tragici eventi dell’11 settembre. Senza contare come la notizia supporti alla grande quanti vanno sostenendo da tempo come l’open source sia perfetto anche per le grandi corporation, offrendo loro ottime prestazioni e notevoli risparmi economici rispetto agli altri prodotti in circolazione, ovvero Unix e soprattutto Microsoft. Anche se quest’ultima mette in guardia che i risparmi in tempi brevi possono tramutarsi in ampie perdite a lungo termine.

Intanto gli esperti di IDG ribadiscono che nell’ambito dei web server “Linux garantisce spese decisamente inferiori a Unix in un periodo medio di tre anni e considerando il budget complessivo per l’acquisto di hardware e software, lo staff operativo e altro.” Per ogni 1.000 utenti che si collegano ad un server Linux i costi totali sarebbero da un quinto alla metà inferiori a quelli di un sistema Unix. Invece quelli relativi alla gestione amministrativa sarebbero più o meno identici per qualunque sistema, sempre secondo le analisi di IDG. Da notare che, oltre alla nota gratuità del sistema operativo e del software annesso, Linux non richiede neppure tariffe per ulteriori licenze ed estensioni sulle varie macchine interne collegate ai server web. E non di rado il sistema open source viene efficacemente impiegato su computer assai economici, inclusi i vecchi Intel o generiche “scatole bianche”.

Nel caso di Amazon, il taglio delle spese è molto importante in questo momento, dopo la reiterata promessa di raggiungere entrate in attivo entro fine anno. Nell’ultimo trimestre ha già ridotto di un buon 30 per cento le perdite, per un totale di 170 milioni, con entrate lorde intorno al milione di dollari a fronte degli oltre 600 milioni incassati un anno fa. Se la manovra avrà successo, ciò sarà dovuto anche e soprattutto grazie a Linux, il che non è certo poco.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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