Il mondo degli orologi è stato messo a soqquadro dal lancio ufficiale di Apple Watch. Il vaso di Pandora – trasformare il quadrante con le lancette da funzione primaria ad app fra altre app – è stato aperto e resistere si rivelerà futile.
L’oggetto ha scatenato controversie sulla sua stessa natura, prima ancora di entrare nel merito dell’interfaccia o dell’autonomia. Per Horace Dediu di Asymco, Apple Watch è qualcosa più o qualcosa di diverso da un orologio:
[Anche se si presenta come un orologio] Non lo avverto concettualmente come tale. Mi sento trascinato in una conversazione con il suo vocabolario di vibrazioni. Mi ritrovo a parlargli e ad ascoltarlo. Mi trovo a guardare informazioni su posti lontani. A usarlo per pagare un conto. Per imbarcarmi su un aereo. Ordino un taxi, guardo le notizie e sono richiamato all’esercizio fisico. Mi dice dove sono e dove andare. E quando andarmene.
John Gruber esprime sul suo blog Daring Fireball una diversa opinione.
Se si pensa a un “orologio” semplicemente come a un oggetto che mostra l’ora del giorno, Apple Watch non è solo un orologio. Se invece il concetto è quello di uno schermo da polso che mostra informazioni (compresa, forse prioritariamente forse no, l’ora del giorno), e come un’espressione del proprio gusto e stile, Apple Watch è veramente un orologio. Differente dagli altri perché pensato dall’inizio per l’era moderna di reti wireless ubique e potenti, minuscoli computer.
Gusto e stile sono le parole chiave. Storicamente è accaduto più volte che un produttore di hardware presentasse un singolo apparecchio di lusso o flirtasse con design e fashion. Ma sono sempre state eccezioni e le diversificazioni di prodotto hanno sempre riguardato più le specifiche che la presentazione. Per restare in casa Apple, gli iMac colorati di fine secolo suscitarono sensazione ma anche scherno, come quando toccò agli iPod.
Niente, in confronto al lancio di Apple Watch. Mentre una Samsung ha in catalogo decine di modelli di smartphone, Apple vende una manciata di iPhone. Di converso, Samsung Gear esiste in una dozzina di configurazioni; Apple Watch ne ha trentotto, nessuna delle quali riguarda le specifiche tecniche (a parte la dimensione dello schermo).
All’Umberta
Sono numeri da collezione di stilista e non più da informatica vecchio stile. Umberta Gnutti Beretta e non una blogger tra geek e nerd ha immortalato su Instagram la presentazione di Apple Watch effettuata da Jonathan Ive, Marc Newson e Phil Schiller al Salone del Mobile di Milano; due dei massimi responsabili Apple in un evento assolutamente modaiolo, in un Paese dove il prodotto non ha una data certa di arrivo.
La sfida di Apple Watch non è tanto avere le app o vendere un milione in più o in meno di esemplari, ma scrivere un capitolo nuovo della tecnologia personale, dove oltre alla funzione contano anche la forma, il gusto e lo stile. È una svolta che può disorientare:
La vera domanda del giorno è: esiste davvero in natura qualcuno pronto a comprare l'Apple Watch e soprattutto convinto che serva a qualcosa?
— Claudio Cerasa (@claudiocerasa) April 18, 2015
L’importante è non sottovalutarla. Per non ripetere un errore che tanti commisero nel 2007 all’uscita del primo iPhone, ragionando con la testa rivolta ai cellulari come erano stati fino a quel momento, senza capire che tutto sarebbe cambiato. Leggere i commenti per credere.