L’universo del pinguino continua a macinare in ogni direzione, con rilanci e attività da ogni parte del globo. Tra queste, partiamo con la notizia in arrivo da New York City sul lancio di una una nuova entità tutta particolare, l’Open Invention Network: suo unico obiettivo sarà l’acquisizione di brevetti in ambito Linux per poterli offrire senza royalty agli sviluppatori.
Si tratta della più recente di una serie di iniziative tese alla promozione del sistema alternativo e a spingere l’innovazione a livello globale, almeno nelle intenzioni dei maggori finanziatori: IBM, Novell, Red Hat, Philips e Sony.
Guidata da Jerry Rosenthal, ex vice-presidente di IBM per la proprietà intellettuale, il consorzio metterà le licenze acquisite a disposizione di chiunque dichiarerà di non voler imporre diritti personali sia rispetto a Linux sia alle relativi applicazioni.
L’Open Invention Network punta pertanto a stimolare l’aperta collaborazione come strumento per l’innovazione e la crescita economica, centrato non sulla gestione dei profitti quanto piuttosto nel dare agli sviluppatori la libertà di scrivere programmi senza doversi preoccupare di infrangere codice proprietari o brevetti altrui, questione sempre più pressante in questi tempi di evidente squilibrio rispetto alla libera circolazione delle idee.
Come ha sintetizzato lo stesso Rosenthal: “Occorre attivare un nuovo modello di gestione della proprietà intellettuale per Linux onde far proseguire l’innovazione del software -indipendentemente dalla grandezza o dal tipo di azienda o organizzazione coinvolti”.
Ovviamente sono subito spuntate le immancabili critiche, sottolineando come il progetto, pur “se dovesse essere multi-miliardiario, potrebbe acquistare solo una porzione minima di tutti i brevetti software che gli uffici USA ed europei approvano quotidianamente”, ha ribattuto uno degli attivisti più convinti nella nota battaglia contro la direttiva europea sui brevetti, Florian Mueller.
Nel senso che, in caso di conflitti più che probabili con i paladini del sistemi proprietari da Microsoft in giù, bisognerà essere preparati a trovare accordi di “cross-licensing”.
Comunque sia, l’avvio dell’Open Invention Network si annuncia come una di quelle imprese che promettono buoni frutti. Tra questi, già annunciata una serie di brevetti per il commercio business-to-business acquisiti da Commerce One, sussidiaria di Novell.
Senza poi dimenticare come il tutto vada ad affiancarsi ad analoghe iniziative mirate da tempo alla creazione di una sorta di “commons” dei brevetti: lo scorso anno IBM ne ha diffusi variamente alla comunità oltre 500 dei suoi.
Un’altra notizia di indubbio beneficio per l’ulteriore diffusione dell’open source e del software libero è quella che arriva alla vigilia della seconda fase del World Summit on the Information Society (WSIS) di Tunisi.
L’evento vedrà la partecipazione diretta di alcuni noti pionieri dell’open source in qualità di “invited guests”, gli statunitensi Bruce Perens, Richard Stallman e Mark Shuttleworth. I quali non si occuperanno di questioni relative alla cosiddetta Internet Governance, con l’intricata gestione dell’ICANN al vaglio di Nazioni Unite, Stati Unitii e Paesi in via di sviluppo, temi cruciali per l’intero meeting viste le polemiche sempre più rampanti.
Piuttosto, ha spiegato Perens, “sosterremo la causa dell’Open Source durante un’altra sessione”. Aggiungendo comunque: “Tutti sanno che [l’ICANN] è stato un bel casino, e se gli USA volevano controllarlo dovevano darsi da fare per ripulirlo prima che accadesse l’inevitabile… Lavorare per il cambiamento spesso significa prendere posizioni opposte a quelle del proprio governo”.
La libertà di software avrà dunque un proprio spazio sul palcoscenico globale di Tunisi, a sottolineare l’importanza di pratiche affermate in quest’ambito, come il consenso, l’apertura e la condivisione, che potrebbero tornare davvero utili perfino nel non semplice percorso gestionale della Rete.
E a proposito di Mark Shuttleworth, va infine notato che la sua creatura Ubuntu Linux ha appena ottenuto la certificazione ufficiale da parte di IBM per essere impiegato nei database gestionali DB2.
Ubuntu è una distribuzione non commerciale, basata su Debian e sponsorizzata da Canonical, azienda con base nell’isola di Man, la cui diffusione si è finora rivelata aquanto limitata.
Scenario adesso destinato a mutare sostanzialmente dopo il marchio ricevuto da Big Blue: “Essere pronti per il DB2 è davvero un grosso passo avanti per Ubuntu e l’intero progetto va muovendosi verso aree importanti”, si è subito lanciato a dichiarare Shuttleworth.
Un riconoscimento cruciale, anche perché ciò sta a significare che IBM fornirà supporto tecnico alle aziende che useranno il DB2 su Ubuntu Linux.
Il pacchetto gira su server x86, x64, e PowerPC, e (non certo casualmente) si affida soprattutto all’estrema facilità d’utilizzo nel desktop, fino ad auto-vantarsi di essere il “Linux per esseri umani”, mentre tra gli applicativi include Kubuntu, basato su KDE, e Edubuntu, mirato al settore didattico.