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Alla ricerca dell’immortalità (virtuale)

16 Agosto 2007

Alla ricerca dell’immortalità (virtuale)

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Se la sconfitta della mortalità è ancora molto lontana (e forse non desiderabile), più vicina sembra invece un suo superamento artificiale. E il sesso potrebbe essere una buona strategia per temporeggiare

In tutta la sua storia, l’umanità ha sempre inseguito il sogno dell’immortalità. Oggi, grazie alle tecniche genetiche, alle nanotecnologie, alle continue scoperte in campo medico l’obiettivo sembra un po’ più vicino – anche se resta complessivamente lontanissimo. Scienziati d’ogni tipo, dai più quotati ai più discussi profetizzano un futuro abbastanza prossimo in cui l’essere umano, se non per sempre, potrà vivere per un tempo lunghissimo. Enti no profit come l’Immortality Institute raccolgono fondi e promuovono ricerche nei campi più disparati (ma complementari).

Se questa sia una buona idea, in realtà, è difficile dirlo. Si aprirebbero dei grattacapi etici e religiosi complicatissimi. Se il corpo non muore, l’anima non va in Paradiso – quindi si tratterebbe di un insuccesso? Una vita infinita sarebbe di aiuto o di ostacolo per l’illuminazione buddista? Se la vita fosse lunghissima, si dovrebbero moltiplicare le durate delle pene per omicidio? E così via.

Ancora peggio andrebbe con i fattori pratici: se non morisse più nessuno e si continuasse a proliferare, il nostro povero pianeta andrebbe a rotoli in poco tempo – perchè già adesso siamo un po’ troppi. Sicuramente poi, l’immortalità sarebbe costosa e quindi asimmetrica, limitata alle popolazioni e alle persone più ricche, con tutte le tensioni del caso, che sfocerebbero probabilmente in sanguinosi conflitti contro l’immortality divide (d’altra parte, con un mutuo a 500 anni, potremmo tutti comprarci delle case bellissime).

Più ecologica e sostenibile, quindi appare l’idea dell’immortalità virtuale. Un concetto da molto tempo sfruttato dalla fantascienza (avete presente le teste conservate dei personaggi famosi che fanno spesso la loro comparsa in Futurama?). Mantenere insomma in vita l’essenza di una persona senza il suo corpo. Oddio, anche qui ci sono dilemmi morali, etici e religiosi non da poco, attinenti a quella che sia l’essenza della persona, nella relazione tra corpo, spirito, mente e anima.

Lasciamo però da parte questi aspetti, per concentrarci sulla parte pratica – che già la nostra vita è fin troppo complicata. Un interessante (ma un po’ misterioso) sviluppo verso l’area dell’immortalità virtuale potrebbe essere celato in una richiesta di brevetto da parte di Microsoft. Il colosso del software ha infattidepositato un brevetto di immortal computing – basato sulla costruzione di sistemi in grado di mantenere per sempre dati, immagini, video indipendentemente dalle evoluzione degli standard, delle codifiche e dei supporti.

Ad una lettura più attenta (ed è questa l’opinione di alcuni analisti) si potrebbe leggere un progetto che un giorno potrebbe portare a memorizzare una nostra “personalità” consultabile dai posteri. Il brevetto, ufficialmente definito come «Immortal information storage and access platform» definisce a grandi linee quelle che potrebbero essere le filosofie di conservazione e lettura delle informazioni archiviate. E cita esplicitamente tombe e urne come device di accesso.

Più esplicito appare invece il progetto in corso da parte dellaNational Science Foundation, che ha recentemente assegnato un finanziamento di mezzo milione di dollari alle università della Florida e dell’Illinois perchè studino la possibilità di applicare i principi della intelligenza artificiale e del rendering più avanzato per costruire un giorno dei nostri replicanti virtuali. Possiamo dunque immaginare un giorno in cui un programma di computer emulerà la nostra persona, potrà interagire e dialogare con i trisnipoti, potrà continuare il nostro lavoro di ricerca scientifica o di creazione artistica al di là delle soglie del termine della nostra vita fisica. Un avatar il più possibile realistico, un oggetto alla Max Headroom.

Un tipo di immortalità virtuale probabilmente gratificante per l’ego ma – per molti – sicuramente insoddisfacente. Si tratterebbe infatti di un oggetto software, probabilmente non senziente nel termine corrente della parola, che ci sopravvivrebbe. Ma noi, una volta defunti, non avremmo coscienza di sopravvivere all’interno della macchina. A questo punto, virtuale per virtuale, molto più facile perseguire un’immortalità attraverso le proprie opere o venendo immortalati in una delle molte Hall of Fame disponibili (per quasi ogni sport, per la ricerca scientifica, persino per la pubblicità).

L’immortalità, reale o virtuale che sia, non è comunque dietro l’angolo. È per questo che molti scienziati interessati al tema suggeriscono una strategia di temporeggiamento –ovvero cercare di tirarla in più in lungo possibile prima di arrivare al nostro gran finale. Il ragionamento non è per nulla scemo: quanto più sopravviviamo, tanto più diventano disponibili nuove scoperte mediche che ci permettono di vivere ancora un po’ di più. E via di questo passo. La scommessa è quella di riuscire a inseguire lo sviluppo della scienza, restando accettabilmente sani, fino al punto in cui saranno disponibili metodi per prolungare la vita di qualche ordine di grandezza.

Sembra complicato? Probabilmente lo è. Ma su questo fronte ci sono buone notizie, forse persino buonissime. Secondo studi medici, esisterebbe infatti una correlazione tra l’intensità della propria vita sessuale e la probabilità di arrivare a una età avanzata – arrivando a dichiarare che «avendo 100 orgasmi in più all’anno si riduce del 36% il tasso di mortalità». Ora questo certo non significa che con 300 orgasmi annuali in più si arriverebbe allo zero per cento di mortalità… anzi, ci sarebbe da temere un qualche effetto collaterale per il surmenage. Comunque, anche se questa correlazione è ancora da provare in modo scientificamente inattaccabile, ritengo personalmente che possa valere la pena di provarci. Forse non ci aiuterà a raggiungere l’immortalità… ma almeno ci aiuterebbe a passare la nostra mortalità in un modo interessante.

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