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Alice nel paese delle microonde

12 Giugno 2002

Alice nel paese delle microonde

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Gli operatori telefonici propongono ADSL senza fili per accedere a Internet da qualsiasi punto della casa e dell'ufficio, senza la schiavitù dei cavi. Presi dall'entusiasmo, è facile dimenticarsi alcune magagne di queste soluzioni wireless

Gli operatori telefonici propongono ADSL senza fili per accedere a Internet da qualsiasi punto della casa e dell’ufficio, senza la schiavitùdei cavi. Presi dall’entusiasmo, è facile dimenticarsi alcune magagne di queste soluzioni wireless

Telecom Italia e Albacom hanno lanciato da poco allettanti offerte ADSL wireless. In sostanza, si tratta di connessioni ADSL che grazie a una sorta di “ponte radio” fanno a meno dei tradizionali ma scomodi cavi da tirare fra la presa telefonica e il computer. Il principio è grosso modo quello dei telefoni cordless e offre la stessa splendida libertà: permette di installare il PC in qualunque punto della casa o dell’ufficio evitando il problema di bucare muri e dissimulare antiestetici cablaggi. Chi ha più di un computer può creare una rete locale e condividere la connessione ADSL fra macchine collocate in stanze diverse senza trasformare l’ambiente in una selva di fili.

Interessante, vero? Fra l’altro, i prezzi sono abbordabilissimi: Alice Flash, l’offerta wireless di Telecom Itala, costa soltanto 9 euro in più al mese della versione cablata (Alice Flat), e la soluzione Albacom è altrettanto a buon mercato. A queste condizioni è facile farsi prendere dall’entusiasmo e non considerare i possibili rischi di una soluzione senza fili.

Interferenze inattese

Nell’ADSL wireless, la connessione fra il modem ADSL, che va collegato con un filo alla presa telefonica, e i PC collocati a piacimento nell’ambiente è realizzata installando in ciascun computer una scheda radio (disponibile per PC portatili e fissi), che comunica con il modem ADSL sulla frequenza di 2,4 GHz usando lo standard Wi-Fi, detto anche più formalmente IEEE 802.11b High Rate.

Ma la frequenza di 2,4 GHz è occupata anche da altri apparecchi, primi fra tutti i forni a microonde. Di conseguenza, basta scaldarsi una pizza per mandare in crisi la connessione, come descritto eloquentemente dalla documentazione HP. Certo lo standard Wi-Fi dispone di ogni sorta di scaltrezze per contenere i danni causati dalle interferenze (di cui possono essere responsabili anche gli emergenti dispositivi Bluetooth, i ripetitori televisivi domestici e alcuni telefoni cordless), ma c’è un limite a quello che si può fare. Considerate le potenze impari in gioco, il confronto fra un forno a microonde e un dispositivo wireless rischia di diventare simile a una gara canora fra Pavarotti e Rosa Russo Iervolino.

In genere sarebbe sufficiente disporre diversamente le fonti di interferenza per risolvere o attenuare il problema, ma non sempre è possibile farlo: provateci voi a spiegare ai vicini che devono spostare il loro microonde ad incasso. Spesso i disturbi si limitano a rallentare la connessione, ma se la distanza fra il modem ADSL wireless e il computer si avvicina al limite pratico (circa 25 metri, secondo le raccomandazioni Dell), l’improvvisa accensione di una fonte di disturbi può interrompere completamente un trasferimento di file o uno scaricamento importante. Morale della favola: chi ha una connessione wireless farà meglio a non pianificare trasferimenti di dati vitali prima dei pasti.

La cosa ironica è che il Wi-Fi (come del resto tutte le tecnologie senza fili) è il proprio peggior nemico. Due reti wireless situate nello stesso edificio o in edifici vicini tenderanno a contendersi l’etere. Già ora in alcune zone ad alta densità tecnologica sta diventando necessario coordinare lo sfruttamento delle frequenze radio disponibili per evitare sovrapposizioni e drastici cali di prestazioni, e man mano che prendono piede le offerte senza fili a basso costo il problema inevitabilmente aumenterà.

Salute e sicurezza

Un altro tipo di interferenza che si tiene poco in considerazione è quella con l’organismo. Di certo non voglio unirmi al coro dei catastrofisti, ma se vi preoccupate che i segnali radio dei telefoni cellulari possano avere effetti sulla salute dovete chiedervi se possono averli anche i dispositivi wireless, visto che le potenze in gioco sono comparabili (100 milliwatt per i wireless, 250 milliwatt di media per un telefonino GSM) e considerato soprattutto che una connessione senza fili, a differenza di un cellulare, è costantemente attiva. Installare una connessione wireless significa sicuramente aggiungere una fonte di campo elettromagnetico alle tante già esistenti in casa e in ufficio.

C’è poi la questione della sicurezza informatica. Il segnale radio della connessione wireless attraversa i muri e quindi intrinsecamente si presta alle intercettazioni molto più del cavo: addirittura è nato l’hobby del drive-by hacking o wardriving, ossia la caccia alle reti wireless non protette, condotta semplicemente vagando in auto per la città con un PC portatile, una scheda wireless e un po’ di software come AirSnort. L’obiettivo della caccia è in genere il semplice divertimento o l’uso a scrocco della connessione altrui, ma può anche essere la cattura di informazioni riservate dalle reti informatiche aziendali e governative.

Sembrerebbe logico proteggere le connessioni Wi-Fi usando la cifratura, e in effetti esistono moltissimi protocolli di protezione (ad esempio il WEP); ma siccome rallentano la trasmissione dei dati, nei dispositivi senza fili sono di solito disattivati per default. Sta all’utente essere consapevole della necessità di attivarli, e a giudicare da un test condotto nel cuore finanziario di Londra questa consapevolezza è ben poco diffusa: su 124 società i cui segnali radio erano ricevibili per strada, ben 85 erano in chiaro, senza alcuna cifratura.

Anche le connessioni cifrate, comunque, non sono una soluzione perfetta. Grazie alle nuove tecniche di decrittazione e agli errori di implementazione dei vari fabbricanti, il WEP è considerato soltanto “una prima linea di difesa” per ammissione degli stessi produttori di dispositivi Wi-Fi. Al WEP occorre aggiungere perlomeno una VPN (rete privata virtuale). State cominciando a perdervi in questa marea di sigle? Davvero ve la sentite di affrontare tutte queste complicazioni per evitare di tirare qualche cavo?

Giù le mani dal mio computer

Un altro problema delle connessioni wireless è il supporto tecnico. Le soluzioni Albacom e Telecom Italia sono calibrate su sistemi Windows: gli utenti Mac e Linux facciano pure a meno di chiedere, grazie. Inoltre, stando alle descrizioni pubblicate, entrambi gli operatori telefonici prevedono che sia un loro tecnico a installare nel vostro PC il dispositivo Wi-Fi. In altre parole, a meno che non usino dispositivi wireless esterni (USB o simili), vi devono aprire il computer.

Questa è una differenza notevole rispetto all’ADSL cablato, dove non c’è hardware interno da installare e spesso il tecnico non tocca assolutamente il PC, limitandosi a fornire la connettività nuda e cruda.

Ho il massimo rispetto per la professionalità del personale delle due aziende, ma l’idea che un estraneo infili un cacciavite dentro i miei PC non mi ispira. Anche nella migliore delle ipotesi, si tratta di una situazione delicata per entrambe le parti: se il PC smette di funzionare dopo che il tecnico ci ha messo le mani, come farà il cliente a dimostrarne le responsabilità? E viceversa, come faranno gli operatori a tutelarsi contro i clienti che per furbizia o incompetenza li accusano di aver danneggiato i loro computer?

Obsolescenza programmata?

Potreste consolarvi di tutte queste difficoltà considerando che comunque una rete senza fili è comoda anche per il trasferimento locale di file da un PC all’altro. Ma se avete esigenze di questo tipo, non vi conviene il Wi-Fi, perché è limitato a un massimo (assolutamente teorico) di 11 megabit per secondo in condizioni ideali. Le connessioni Ethernet cablate tradizionali sono ben dieci volte più veloci, anche quando il vicino accende il forno a microonde: se avete tanti dati da trasferire, la differenza fra wireless e cavo si fa sentire pesantemente.

Ottenere una rete locale senza fili che regga il confronto con la cablatura è già possibile usando hardware che supporta lo standard 802.11a (anziché b). Questi dispositivi wireless offrono una velocità massima (sempre teorica) di 54 megabit per secondo, decisamente più paragonabile a quella del cavo, e soprattutto operano nella gamma di frequenze da 5,15 a 5,35 GHz, per cui sono immuni alle interferenze prodotte dai forni a microonde e dai dispositivi Bluetooth. Per contro, hanno una portata più modesta a causa della frequenza più elevata, che attraversa i muri con maggior difficoltà.

Ma se è già disponibile una soluzione più sofisticata, come mai Telecom Italia e Albacom offrono ancora quella vecchia? Non pensate subito al complotto: infatti l’hardware 802.11a è attualmente molto più costoso ed è incompatibile con l’hardware dello standard precedente.

Inoltre le proposte degli operatori telefonici non vanno fraintese: non sono reti locali wireless, ma semplicemente soluzioni per risolvere il problema del filo che lega i PC alla presa ADSL. E per questo tipo di applicazione, visto che la connessione ADSL offerta lavora ben sotto gli 11 megabit per secondo, la tecnologia vecchia è più che sufficiente.

Alla fin della fiera, conviene allora migrare al wireless oppure è meglio restare fedeli al cavo? Tutto dipende dal caso specifico, ma alla luce dei problemi descritti, consiglio di limitare la soluzione senza fili ai casi davvero disperati in cui il cavo è assolutamente impraticabile.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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