Una delle prime cose che impari lavorando nell’editoria è che i bambini e i ragazzi dettano il passo e precorrono i tempi. È lì che succedono le cose più interessanti e succedono sempre prima. Dev’essere per questo che il Toc (Tools of Change for Publishing) di Bologna mi è piaciuto: molte meno chiacchiere del solito, sguardo in avanti.
Si parlava di Art, Craft, and Business of Digital Content for Kids e il primo appunto da prendere è qui. Gli ebook sono stati nominati pochissimo e sempre come un’eventualità. I grossi player (come Disney) puntano sulla convergenza (a proposito, rileggere Jenkins): la narrazione si estende su tutte le piattaforme, segue l’utente, si rimodula: libro, ebook, applicazione, animazione, musical, serie tv. Non tutti se lo possono permettere, ma tutti ci provano.
Secondo appunto: come distribuire i contenuti e gestire la frammentazione di dispositivi, piattaforme, formati proprietari. I punti critici sono molti: nessun workflow è adatto a soddisfare le esigenze di tutti i possibili output (ePub, KF8, app per iOS, Android, Web App); si chiedono standard internazionali aperti, multidispositivo e multipiattaforma, ma nel frattempo nessuno sembra deciso a rinunciare a sviluppare per Apple (l’App store è il marketplace migliore, specialmente per le realtà più piccole).
Terzo appunto: ePub3 interattivi e multimediali e in generale prodotti basati su Html5 suscitano grande interesse: sono più economici da realizzare, si integrano meglio nei flussi di produzione, scalano meglio. I ragazzi di Walrus ad esempio stanno lavorando su Kadath, hanno unito la progettazione editoriale con un buon numero di librerie JavaScript e hanno tirato fuori questo splendido ePub completamente standard:
Quarto appunto: come far trovare i propri prodotti. Affollatissima la sessione di Hermés Piqué sulle best practice da utilizzare sull’App Store (con relative slide). Esaurito l’entusiasmo per gli algoritmi di suggerimento (quello di Amazon su tutti), ci si chiede (di nuovo) come affrontare il poco spazio sui negozi e la poca attenzione degli utenti e si prova a rispondere puntando sulla qualità dei contenuti (ma evitando comunque macroscopici errori con keyword e metadati).
Proprio dai contenuti vengono le suggestioni più interessanti. Il futuro sperato parla di storytelling interattivo, contenuti che variano a seconda dei desideri degli utenti, un grado di intervento sulla struttura narrativa (o educativa) sempre più profondo, simile a quello consentito dal gaming.
Continuando a ricordarsi che, alla fine, come ha ricordato Jos Carlyle in uno splendido intervento, stiamo lavorando per i nostri figli e non siamo tenuti a insegnargli a vivere in un mondo in cui tutto deve per forza muoversi a un milione di miglia l’ora.