Lentamente nasce su queste pagine un corpus di materiali storici che riprendono abitudini e situazioni apparentemente nate con il digitale. Il quale ha inventato niente, solo accelerato e universalizzato (è un merito).
Anche se avevo accennato a gennaio del ritorno del rotocalco in versione web patinato, il vero inizio della raccolta si deve a Simone Aliprandi, con la sua caccia al progenitore delle Creative Commons:
"Newspapers & magazines are at liberty to quote freely from this book with due credit." 1916. Proto @creativecommons! pic.twitter.com/ILu5bdg82K
— Laura Bang! 🏳️🌈 (@laurabang) June 19, 2014
Poco dopo è arrivata notizia di un no copyright ancora più antico e, soprattutto, di un uso di emoticon risalente al XIX secolo.
Emoticons, circa 1800 (via @theretronaut) pic.twitter.com/pgtanAYoUw
— AQ (@aqworks) July 24, 2014
Ancora, da un progetto universitario olandese si è scoperto che gli scarabocchi sui libri datano come minimo al Medioevo. Anzi, su questo il libro digitale è parecchio in ritardo.
In praise of the doodle: now that's a fine head of hair you got there! (AvranchesBM110). More: http://t.co/ys0y6Pqbxm pic.twitter.com/syUdWf0Aor
— Erik Kwakkel (@erik_kwakkel) October 3, 2014
Possiamo aggiungere un nuovo ritrovamento, questa volta al capitolo aggregatori. Il pensiero corre veloce al fu Google Reader, alla tecnologia RSS, a Feedly eccetera. I quali hanno un antenato illustre con oltre un secolo di anzianità.
Tutto questo non per rimpiangere tempi lontani ma a ricordare che il digitale è uno strumento e non un fine. Oltre che fare aggregazione di contenuti dentro un articolo dedicato a un antesignano degli aggregatori, in attesa di trovare notizia storica – precedente alla programmazione – della ricorsività.