L’ultimo episodio che denuncia la sofferenza della rete fissa in rame è passato quasi inosservato: Telecom Italia è stata costretta a chiudere a nuove attivazioni Adsl 500 centrali, senza nemmeno avvisare adeguatamente i concorrenti e così suscitando le ire di Agcom. Sono il 4-5% del totale (ma poco meno del 10% di quelle con Adsl). Telecom ha deciso così “per evitare il degrado dei servizi”. La rete in rame è ai limiti della sopportazione, adesso sarà più difficile – dice Stefano Quintarelli – sostenere che abbia un grande futuro.
Bande minime garantite
Proprio nel momento peggiore, in cui si manifestano i dubbi sulla qualità reale dell’Adsl, cresce il bisogno di trasparenza e di garanzie sulle prestazioni. È il fenomeno che sta sbocciando in questi giorni. Mentre si moltiplicano i servizi di test, Agcom sta facendo pressioni per ottenere maggiori garanzie sull’Adsl, scritte nella Carta dei Servizi, come previsto da una vecchia delibera. I primi segnali sono arrivati: i principali operatori telefonici, eccetto Wind, hanno pubblicato sui propri siti, per la prima volta, indici di banda minima garantita. Non molto in evidenza, per la verità, ma è solo il primo passo. Il più dettagliato è Fastweb, che presenta la banda minima per vari tagli di velocità massima, in download e upload, e anche la velocità media. Altri (Tiscali, Teletu, Vodafone e Telecom) hanno solo, per ora, la banda minima in download.
Per le Adsl 7 Mega si parte da 2,1 Mbps minimi garantiti e 7,2 Mbps per le 20 Megabit. Eccetto Tiscali che indica 2,8 e 13,4 Mbps, rispettivamente, e Fastweb (10,3 Mbps per la 20 Megabit). Gli operatori hanno fatto analisi statistiche sul proprio network e sono arrivati quindi a potersi impegnare per quelle velocità. Com’è noto, prima d’adesso le bande minima garantite erano prerogative di piccoli provider, che le offrivano a fronte di rincari rispetto ai canoni standard.
Il futuro della qualità
Questo è quindi sicuramente un passo avanti, per gli utenti, anche se ancora solo potenziale, in parte. E non tanto perché non è detto che gli operatori mantengano le promesse, ma soprattutto perché 2,1 Mbps è davvero una quota di soglia minima per considerare “banda larga” una connessione; bisognerà aspettare di leggere la media dichiarata prima di esultare. I progressi ci saranno se gli operatori cominceranno a concorrere anche per prestazioni reali dichiarate. Finora si sono appiattiti sulle stesse velocità massime, con piccole differenze di prezzo tra loro. In altre parole le offerte Adsl italiane soffrono del morbo della fotocopia. Il solo parametro per indirizzare la scelta potrebbe essere appunto la qualità, su cui solo ora si comincia a far luce.
I prossimi passi: entro ottobre tutti gli operatori dovrebbero allinearsi, dichiarando nelle carte dei servizi le velocità minime, medie, la latenza e il tasso d’insuccesso nella trasmissione dati, come voluto da Agcom. Ora già figurano altri parametri come il tasso di guasti e il tempo per ripararli. A ottobre arriverà inoltre il primo software certificato Agcom, sviluppato dalla Fondazione Ugo Bordoni. È basato su server messi nelle reti di quasi tutti gli operatori e permetterà agli utenti di testare la propria connessione. Non partirà se rileva che la connessione usata è occupata da altri trasferimenti di dati. «Il tutto per poter fornire risultati con valore legale e scientifico. Gli utenti potranno usarli per rivalersi sull’operatore, se non mantiene le promesse dichiarate nelal carta dei servizi, e disdire il contratto senza costi», dice Remigio Del Grosso, dirigente del Consiglio Nazionale degli Utenti presso Agcom. Disdire senza costi è piccola cosa – si risparmiano 60 euro – ma questa facoltà potrebbe servire come deterrente nei confronti degli operatori (gli esodi di massa sono dannosi) e per incentivare una concorrenza basata sulla qualità. Ovviamente è tutto da vedere. E resta comunque aperto l’altro grande capitolo della qualità sulle connessioni banda larga mobile. Del Grosso dice che sarà affrontato nel 2010-2011, in modo analogo a quanto fatto per le Adsl.
Nodi irrisolti
Ricordiamoci però della chiusura delle centrali, primo sintomo di un problema irrevocabile. Garanzie, test, minacce di disdetta resteranno lettera morta se non si migliora nel concreto la qualità della rete fissa italiana, il che solo in parte dipende dai singoli operatori. È il doppino di rame l’anello debole della catena, in Italia più che negli altri Paesi. Da noi, tutta la banda larga fissa è sul rame, poiché manca una rete su cavo coassiale, ed è quindi come se ci fosse una sola strada da cui tutte le auto devono passare. Ancora meno banda c’è nelle reti mobili, come già detto. La sola via d’uscita è una nuova rete, per la quale in tanti lavorano, anche se finora in ordine sparso.