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A Scuola di Convergenza da Costanzo

14 Novembre 2003

A Scuola di Convergenza da Costanzo

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Il Laboratorio di Comunicazione e Nuovi Contenuti, Cross Media Laboratory, diretto dal popolare anchorman romano, produce i primi risultati pratici

Si tratta del primo frutto della “Fabbrica dei media incrociati”varata da Mondadori, Mediaset, Medusa e Jumpy nel 2000 come incubatore di prodotti da declinare in varie forme e contemporaneamente sulle diverse piattaforme del gruppo (tv, editoria, Internet, cinema). La posta in palio della sfida lanciata da Costanzo è il modello d’interattività e di multicanalità della maggiore holding televisiva italiana nell’era del digitale terrestre e della multimedialità.

Costanzo è un avatar.

Maurizio Costanzo è un avatar. Il suo risaputo faccione si anima sul display del telefonino, muove i tipici baffetti virtuali e c’informa sul tema e sugli ospiti dell’odierno show al Parioli. In serata, l’alter ego del presentatore modera un videodibattito elettronico, da trasmettere in diretta su Canale 5. E se scopriamo di avere un qualunque talento artistico, possiamo inviargli direttamente sul cellulare un provino girato con la cam del nostro videofonino. Le applicazioni reali elaborate dai ragazzi del Laboratorio di Comunicazione e Nuovi Contenuti, Cross Media Agency creata da Mediaset e Telecom per sperimentare la convergenza ed intercettare il segmento più evoluto dei fruitori di Media, assomigliano a queste. E forse non è un caso che a dirigere la Scuola della Convergenza sia il versatile anchorman pariolino. È lui che ha infatti valorizzato,per primo e meglio di tutti in un Medium poco consono al raziocinio verbale, la Parola come strumento di Spettacolo. Di fatto, la prima fase commerciale della Rete ha sancito la rinascita di un modello narrativo basato proprio sulla parola, seppure non verbalizzata. La Tv aveva sostituito questa formula audio-tattile con uno schema di racconto visivo, scandito dalle immagini e dalla funzione sussidiaria del discorso. Internet ritorna alla comunicazione argomentata. La tecnologia trasmissiva, per ora incapace di veicolare in modo agevole al grande pubblico i flussi audiovisivi, ha influenzato la scelta della Ragione: il cross media publishing dovrà naturalmente tener conto di questa divergenze espressiva.

Come cambiano gli strumenti della narrazione: la Parola

Uno dei maggiori guru dei Media,l’accademico statunitense Don Tapscott,scrive nel suo ‘Growing up digital: the Rise of the Net Generation’: “…dopo l’epoca della radio e della televisione, l’umanità sta ritornando all’epoca del linguaggio scritto. Come per l’editoria, ma diversamente da quanto accade per mezzi di comunicazione come la televisione, la comunicazione è di nuovo affidata alla parola scritta”. Il processo comunicativo in rete ha prodotto due effetti. Da una parte ha abolito la metacomunicazione, quell’aspetto emotivo e relazionale della comunicazione che a detta degli psicologi ne costituisce il 93% e ne definisce la natura profonda, con il suo repertorio di segnali paraverbali (ritmo dell’eloquio e tono di voce) e non verbali (gestualità e segnali provenienti dal corpo). Dall’altra parte, anche per compensare la limitatezza dell’esperienza sensoriale, ha reinventato la lingua scritta, rendendola diretta, essenziale ed icastica. “La posta elettronica – sostiene il responsabile delle pagine culturali di Repubblica Paolo Mauri – ha rimesso molto in gioco la scrittura, che prima era stata abbondantemente sostituita dal telefono. L’e-mail è uno strumento di consultazione rapida, che richiede uno stile secco, rapido, telegrafico. Questo non può non avere degli influssi sul modo di comunicare e sul modo di scrivere”. Oltre alla e mail e allo stile Web, che richiede una capacità di sintesi ed innovazione codificata nel modo migliore nel manifesto della riforma dello stile Web aziendale,Cluetrain, il vero impulso creativo lo hanno dato le chat e gli Sms. Secondo la linguista Federica Casadei, “Le chat sono caratterizzate dalla compresenza dell’interlocutore, elemento tipico della comunicazione parlata: il linguaggio che viene utilizzato è quindi uno strano miscuglio di scrittura e oralità, che sfrutta le potenzialità di entrambi”. Da questo derivano i cambiamenti lessicali, mutuati peraltro dal linguaggio settoriale dell’informatica, che impiega acronimi e metafore in quantità. L’evoluzione dell’articolato edificio linguistico è studiata costantemente dall’Osservatorio neologico della Lingua italiana del CNR (ONLI), coordinato da Giovanni Adamo, linguista e ricercatore del CNR. Il suo compito è soprattutto di registrare i neologismi, ma indirettamente diviene quello di misurare la lenta trasformazione di un complesso sistema che cambia sotto la spinta di nuove esigenze comunicative e del costante influsso delle lingue straniere. Internet è un territorio universale, e le lingue nazionali diventano sistemi in perpetuo subbuglio: aperti,interattivi e con un denominatore comune in crescita. Tanto da far ideare agli studiosi dell’Univestità delle Nazioni Unite di Tokio un nuovo esperanto, una lingua mondiale unificata,l’Universal Network Language,a partire dai contenuti formali comuni ad ogni espressione umana.

In attesa della banda larga, cambiano anche le immagini.

Ma limitare Internet alla comunicazione scritta sarebbe riduttivo, perché l’evoluzione della connettività include ben altre possibilità espressive. I cortometraggi, ad esempio, hanno costituito per il linguaggio delle immagini un campo di sperimentazione simile a quello rappresentato dai sistemi di conferenze online per la Parola. Tre studiosi dell’Università di Macerata hanno invece attuato la più semplice ed efficace delle rivoluzioni audiovisive. Luigi Maria Perotti, Pier Giuseppe Rossi e Marco Marziali hanno pensato di applicare la struttura e la logica interlineare dell’ipertesto alla sfera del linguaggio visivo. Era l’idea più ovvia: estendere alla narrazione visiva il meccanismo che ha fatto la fortuna della struttura portante del Web, l’ipertesto: i link sono inseriti all’interno del filmato, le cui immagini diventano nodi ipertestuali che abilitano l’esplorazione non lineare dell’audiovisivo. “Il modello narrativo dell’iperfilm non è stato pensato per accompagnare il destinatario da un punto A ad uno B dell’intreccio- dice Marziali- ma per indurlo a sperimentare tutte le opzioni diramative ed arrivare ad una comprensione totale degli eventi. Dal punto di vista della struttura organizzativa, è un documento ipermediale, cioè con la presenza di vari media all’interno di una struttura ipertestuale”. Il prototipo della nuova architettura ipermediale, coprodotto dalla RAI, si chiama “Farina Stamen”. Il format ha già tre anni, ma la sua applicazione pratica risente della contingenza tecnologica.

Internet e Tv: un massaggio convergente?

Gli strumenti della narrazione, parole ed immagini in sequenza, sono dunque diventate sintetiche ed interattive. È questa la rivoluzione del linguaggio, che rende diverso il modo di rappresentare la realtà, e non l’ha inventata di certo Mediaset. Che,invece, ha il merito di aver vivacizzato il panorama televisivo italiano ed il demerito, a detta di molti critici, di aver degradato la qualità dei programmi tv, con un gioco al ribasso condotto per esasperati interessi commerciali. Riuscirà a fare meglio nell’era del digitale terrestre e del multimediale? Il Medium è il massaggio, ironizzava Mc Luhan stravolgendo il suo stesso aforisma “Il Medium è il messaggio”: la tv, diceva, è un gradevole massaggio che rassicura e che conferma la realtà. Internet non lo è, o non dovrebbe esserlo, anche se lo studioso canadese, morto nel 1980 e comunque profeta anche in campo informatico, non si è pronunciato sul tema. Fino a che punto ne terrà conto il massaggiatore di Mediaset, abituato a blandire spettatori in trance, ma poco avvezzo al rapporto con i raziocinanti interattori della Rete? Ed i suoi discepoli? Sapranno superare la ristretta logica televisiva, o approderanno a nuove tecniche di massaggio convergente?

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