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A che punto è il giornalismo open source?

12 Luglio 2007

A che punto è il giornalismo open source?

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Le prime conclusioni di New Assignment, l'esperimento di giornalismo partecipativo promosso da Jay Rosen, forniscono nuovi spunti per tracciare un bilancio

Mettere alla prova in modo costruttivo i processi collaborativi che si attivano quando si fa informazione è una sfida che ha trovato la sua prima realizzazione in New Assignment, un esperimento di giornalismo partecipativo (Nicola Bruno ne aveva parlato in queste pagine ai tempi della sua nascita) che si è proposto di far lavorare congiuntamente giornalisti professionisti e cittadini. A distanza di poco meno di un anno il tentativo di fare giornalismo open source ideato da Jay Rosen – docente di giornalismo alla New York University e punto di riferimento nel settore – tira le somme con Assignment Zero e trova compimento in una pubblicazione su Wired, partner del progetto.

L’obiettivo prefissato era realizzare un’inchiesta esaustiva sul crowdsourcing, la possibilità di utilizzare l’intelligenza collettiva grazie alla Rete assegnando incarichi a collaboratori esterni (con paga minima o assente), un concetto che sta vedendo la sua realizzazione in ambiti aziendali e di ricerca e sviluppo. I contributi, rilasciati sotto licenza Creative Commons (Attribution Share Alike 3.0), sono arrivati da più di 800 persone, che hanno lavorato autonomamente con l’aiuto di giornalisti professionisti.

Gli assignment, i compiti appunto, sono stati individuali ma con un’unica direzione e con dei giornalisti professionisti a fare da editor – tra essi anche Jeff Howe, il giornalista di Wired già autore dell’articolo sul crowdsourcing pubblicato nel giugno 2006. Il tema è stato suddiviso in diversi aspetti da esplorare, che ogni partecipante poteva prendere in carico, a seconda del tempo e della possibilità di realizzarlo. Il lavoro è stato condotto tramite una piattaforma trasparente e aperta ai contributi di ognuno, composta principalmente dall’Assignment Desk, una sezione con l’elenco degli aspetti da approfondire e dei compiti da coprire, dal forum di discussione e da un blog, The Scoop, dove l’editor incaricato ha costantemente comunicato l’avanzamento del lavoro e i problemi emersi progressivamente.

I cosiddetti citizen-journalist hanno contribuito realizzando interviste (o anche solo suggerendo domande), facendo ricerca sui singoli aspetti e scrivendo articoli. Tanti pezzi come in un puzzle di cui non c’è una precedente immagine né una previsione di quando sarà terminato. Dopo il lancio avvenuto in marzo c’è stata un’anteprima con un articolo su Citizendium all’inizio di maggio, anch’esso apparso su Wired.com. E ora, a quattro mesi dall’inizio, la pubblicazione dell’intero lavoro: il risultato finale è costituito da circa ottanta tra articoli e interviste, suddivisi in categorie come arte, giornalismo, economia, giurisprudenza. Un lavoro impressionante, in termini di quantità e qualità, e probabilmente impossibile in tempi tanto brevi con una redazione di normali dimensioni.

Ma allora l’inchiesta realizzata con Assignment Zero è la prova che questa modalità di lavoro funziona davvero? In realtà l’esperimento non era semplicemente finalizzato al risultato da pubblicare, ma anche a capire le modalità di lavoro e di collaborazione tra professionisti e non professionisti non abituati alla pratica quotidiana del giornalismo. «Sapevamo che ci sarebbero stati dei problemi e non tutto è andato come speravamo, ma in qualche modo è stato meglio così: Assignment Zero era, appunto, un esperimento e ci ha permesso di vedere piuttosto chiaramente cosa è andato bene o cosa meno» spiega David Cohn, il giornalista che ha coordinato il “distributed reporting”.

Nessuno pensava fosse facile che persone dislocate in vari posti lavorassero insieme su un argomento vasto e diversificato come questo; Rosen, del resto è il primo a sostenere, nell’introduzione dell’inchiesta, che l’innegabile potenziale di questi processi non è ancora stato interamente liberato. Il tema ha inoltre attirato diverse critiche perchè troppo specifico di una cultura legata alla Rete. La scelta però non è stata casuale né fatta con leggerezza: usare la Rete per parlare di se stessa, a maggior ragione in un progetto come questo, è probabilmente l’unico modo per avere una visione fedele, perchè plurale e diversificata, di un fenomeno emergente e poco definito.

New Assignment ricomincerà il suo percorso in autunno. Il suo prossimo progetto si chiama Off The Bus e il tema sarà l’elezione presidenziale 2008, sicuramente un punto di svolta per gli Stati Uniti. Le campagne elettorali stanno già facendo registrare un’attività senza precedenti per quantità e varietà di strumenti utilizzati (sulla qualità – e sopratutto sull’efficacia – è ancora presto per dare una valutazione) in Rete e grazie alla Rete. In questa nuova scommessa New Assignment avrà un altro partner di eccezione, il blog collettivo The Huffington Post, uno dei più celebri e seguiti blog liberal della blogosfera statunitense.

Il prossimo incarico dei cittadini-giornalisti sarà coprire le campagne dei sei principali candidati di ogni partito, che già hanno cominciato le loro visite nei vari stati in vista delle primarie, previste a partire dall’inizio del prossimo anno. Per ogni candidato ci sarà un blog a cui i citizen journalist sparsi per la nazione parteciperanno, assieme ai regolari autori di The Huffington Post, contribuendo con informazioni, resoconti dei discorsi pubblici, video, spot elettorali, notizie e commenti. La possibilità di condividere informazione e produrre contenuti è ormai un punto di non ritorno che progressivamente – anche se, forse, troppo lentamente e con poco senso critico – fa in modo che nessuno si senta escluso quando si tratta di informarsi e informare.

Del resto, l’immagine finale di un puzzle, pure comprensibile in generale, non sarebbe la stessa senza ciascuno dei pezzi che la compongono.

L'autore

  • Antonella Napolitano
    Antonella Napolitano si occupa di comunicazione, con una specializzazione sull'impatto della tecnologia sulla società. È Communication Manager per CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili).

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