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5 risposte su… e-Learning a casa, a scuola, sul lavoro

27 Novembre 2020

5 risposte su… e-Learning a casa, a scuola, sul lavoro

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L’e-Learning non nasce oggi ma è da molti anni una forma d’innovazione della didattica e della formazione, uno stimolo al miglioramento e all’integrazione fra tecnologia e apprendimento.

Di che cosa parliamo

  1. Come si calcola il tempo della formazione
  2. Come organizzare un webinar perfetto
  3. Quanto è veramente diffuso l’e-Learning
  4. Come valutare un percorso di e-learning
  5. Come scegliere lo strumento di authoring per fare e-Learning

1. Come si calcola il tempo della formazione

Una delle barriere più spaventose di fronte alle quali di norma viene colto chi si accinge a progettare un corso online, specie se viene da anni di insegnamento tradizionale di quegli stessi contenuti, è relativa alle durate.

Durante il lockdown del 2020, scuole, università e aziende hanno dovuto passare di colpo da un modello di face 2 face a uno brutalmente online. Ogni ambito formativo ha reagito a proprio modo. L’università ha avuto una reazione in genere pronta e massiva, e in molti casi, dopo una fase sperimentale di assestamento, i professori si sono trovati a insegnare per un monte ore quasi pari a quello in presenza, con conseguente stress diffuso per molti, costretti (specie nelle sessioni di esame) a interminabili ore di videolezione, come del resto gli spossati studenti.

Nella scuola si sono avute reazioni diversissime, spesso determinate anche da decreti regionali e perfino a dimensione locale. C’erano bambini con un paio di ore a settimana di didattica a distanza live in videolezione, e altri con quattro al giorno, a volte nella stessa scuola. Questo perché, al di là delle disponibilità di mezzi, tempo e competenze di personale scolastico e famiglie, ognuno ha avuto un suo modo di operare delle forme di riduzione dell’orario scolastico tradizionale.

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Nel mondo aziendale si è passati dalla sospensione totale di formazione interna ad accelerate che hanno sdoganato il digital learning a lungo coltivato. In più, metodologie legate al microlearning rendono il rapporto tra durata di un corso in presenza e quello online più difficile.

Calcolare il tempo della formazione

Nella formazione a distanza, al tempo di fruizione dei contenuti va sommato quello che l’utente dedica alla valutazione (quiz, esami eccetera). Inoltre, molte attività didattiche possono essere svolte anche fuori dalla piattaforma, per esempio fruendo di contenuti in formato open (OER) o anche solo video su YouTube o Vimeo. E i contenuti caricati in piattaforma possono essere letti o visti offline, scaricando documenti o file multimediali. Come si possono quantificare i tempi?

Per l’e-Learning alcune regole cercano di quantificare l’impegno a partire dai tempi di lettura. Per esempio, un documento di 4.000 caratteri (pari a circa una pagina e mezzo) corrisponderebbe a 16 minuti di formazione. Per citare un caso reale, il Progetto TRIO della Regione Toscana (sistema che mette a disposizione, in forma gratuita, prodotti e servizi formativi su argomenti trasversali o specialistici) utilizza come parametro di base il tempo per la lettura veloce dei testi (PAM, parole al minuto), in funzione della risorsa didattica misurata (testo, multimedia, interazioni e altro).

Altri provider di corsi online, pur utilizzando il PAM, applicano valori diversi (per esempio 150 parole al minuto).

Una sorta di regola aurea dell’e-Learning suggerisce di dividere per 4 o per 3 la durata di un corso in presenza quando lo si deve portare online, a prescindere dai formati mediali e dalle metodologie che si useranno.

Non sentitevi smarriti: con il tempo, la pratica vi permetterà di stimare con sempre maggiore precisione la durata più sensata e come ripartire i tipi di formati didattici dei vostri corsi online o blended.

La pagina del sito di Trio che elenca le aree tematiche dei corsi offerti

La pagina del sito di TRIO che elenca le aree tematiche dei corsi offerti.

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2. Come organizzare un webinar perfetto

Quale che sia lo strumento che si decide di adottare, anche il più navigato formatore d’aula può trovarsi spaesato nell’insegnare di fronte a uno schermo. Il webinar perfetto non esiste, ma vorremmo dare alcuni consigli, alcuni forse ovvi, altri meno.

  • Collegarsi sempre almeno 15 minuti prima, e/o effettuare dei test con le stesse dotazioni usate nel webinar. Le incognite sono infinite.
  • Fare spegnere i microfoni a tutti quando partite, spegnerli direttamente se lo strumento lo consente.
  • Badare al posizionamento rispetto alla webcam: attenzione alla luce e allo sfondo.
  • Un supervisor/tutor è sempre utile: per il formatore è difficile e faticoso parlare, sfogliare le slide, tenere d’occhio la chat o le Q&A tutto da solo. In questo, molti dei maestri e docenti di scuola che si sono tuffati nelle videolezioni nella primavera 2020 sono stati semplicemente eccezionali. Ma se ci sono le risorse, meglio investire nella compagnia del tutor.
  • Preparare la claque: stimolare la discussione in chat o con le Q&A con le cosiddette domande spontanee può essere utile per scaldare l’audience.
  • Rendete interattiva la lezione, specie se è più lunga di un’ora: immaginare momenti di interazione, anche fuori dalla piattaforma, per esempio chiedendo di costruire mappe mentali o schemi, eventualmente con altri prodotti come Jamboard o Padlet.
  • Quando possibile, spingere i partecipanti ad attivare i propri video: spesso le persone sono timide in merito, o preferiscono nascondere il fatto che vanno e vengono dal computer, ma se l’atmosfera e le connessioni lo consentono, vedere le facce e le espressioni di chi ascolta è utilissimo (specie quando si fa una battuta).
  • Anche le pause non sono tabù: anche se temiamo la fuga dei partecipanti, corriamo il rischio!
  • Creare gruppi: cercare di spezzare una lunga lezione con dei momenti di gruppo. La creazione si può fare a caso, oppure chiedendo ai partecipanti. In un laboratorio online in cui si prevede di dividersi per esempio in quattro gruppi di discussione, dopo averli presentati si può chiedere ai partecipanti di indicare in chat il loro interesse. Alcuni, dove la piattaforma consente di farlo, chiedono anche di rinominare il proprio user anteponendo il numero della stanza in cui vogliono andare (“4 – Mario Rossi”) per sondare in anticipo dove si indirizzeranno i partecipanti.

Come strumento pratico, proponiamo questo modello di storyboard da usare per preparare una propria videolezione. Chi organizza corsi (per esempio Training Manager) può sensatamente chiedere ai propri formatori di preparare gli storyboard delle varie lezioni per poi raccoglierli e valutarli insieme a loro per conferire magari una certa omogeneità e co-progettare con loro la proposta formativa.

Modello di storyboard per preparare una videolezione.
Titoli/temi Costruire un sommario del webinar dettagliato e chiaro (più di quello della lezione in presenza).
Parole/concetti chiave Eventualmente da evidenziare nelle slide, magari usando immagini di richiamo.
Testo Può essere il testo completo che poi bisognerà solo leggere o l’articolazione dei punti che si intendono toccare. In questo caso durante il webinar dovremo stare molto più attenti al messaggio e ai tempi.
Eventuali immagini Se il webinar verrà registrato e messo in Rete, attenzione ai copyright!
Interazioni previste Se penso di fare una domanda all’audience, come la voglio porre? Tramite quale strumento? La devo preparare prima o la genero in tempo reale?
Voglio proporre un gioco, un dibattito, un sondaggio?
Voglio far uscire dalla classe temporaneamente i formandi (per esempio dando loro un link)? Li dividerò in gruppi di lavoro laboratoriali usando le breakout room?
Persone coinvolte Quasi sempre ci vuole un aiuto, un supervisore, un panelist che mi aiuti a gestire le domande in chat e gli eventuali inghippi… ma posso aver bisogno di altri fiancheggiatori?
Durata/e delle parti Predefinire quanto tempo si intende dedicare a ogni contenuto aiuta a definire anche priorità, snodi e complessità. Se si useranno le breakout room, prevedere con cura le tempistiche prima di far tornare in plenaria.

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3. Quanto è veramente diffuso l’e-Learning

Non amo le statistiche, né quelle ansiogene e vaghe sulla diffusione del virus che hanno atterrito la popolazione mondiale, né quelle finanziarie sui guadagni delle compagnie IT che hanno in qualche modo beneficiato della situazione.

Tuttavia, può essere significativo riportare qualcosa in termini numerici sulla diffusione dell’e-Learning, anche a prescindere dal lockdown.

A oggi pare che oltre il 90% delle università americane eroghi in modalità a distanza o blended. In Italia vengono fatte poche indagini sistematiche, ma tra queste segnaliamo quella, ormai datata (2006), attuata dalla CRUI all’interno del progetto ELUE (E-Learning and University Education), secondo la quale il 64 percento delle 59 università interpellate (il 75 percento del totale) dichiarava di avere una politica universitaria sull’e-Learning.

Nello stesso rapporto CRUI, però, leggiamo che il processo di diffusione delle nuove metodologie didattiche che ricorrono all’uso di ICT sta prendendo piede in massima parte attraverso processi di tipo bottom up che danno vita all’interno delle università a una pluralità di esperienze spesso scaturite dalla spinta innovatrice di singoli docenti.

Secondo altre ricerche su spettro più ampio, di carattere internazionale e meno datate, ma comunque non aggiornatissime (2015), effettuate dal NCES americano e da e-Learning Industry (nella prossima figura), emergono queste cifre, che riportiamo a titolo di esempio:

  • percentuale di studenti che hanno frequentato almeno un corso di apprendimento a distanza: 27,1%;
  • numero di studenti che hanno frequentato esclusivamente corsi online: 2.659.203;
  • entrate annue per il mercato globale dell’e-Learning: 107 miliardi di dollari;
  • valore di mercato del settore dell’apprendimento mobile, incluse molte app di apprendimento a ritmo personale: 8,7 miliardi di dollari;
  • percentuale di aziende che utilizzano MOOC per formare i propri dipendenti: 8%;
  • percentuale delle aziende statunitensi che offrono corsi di sviluppo professionale online ai propri dipendenti: 77%.

Il sito e-Learning Industry, a cui rimandiamo i lettori per vari approfondimenti su tendenze, statistiche e altro

Il sito e-Learning Industry, pieno di approfondimenti su tendenze, statistiche e altro.

Lo stesso sito riportava a settembre 2019 altre statistiche, più di carattere economico, che tralasciamo. Per ora riportiamo questa, preCovid.

Se l’industria dell’e-Learning è aumentata così tanto al cambio di secolo, chissà al cambio di epoca successiva al 2020

Se l’industria dell’e-Learning è aumentata così tanto al cambio di secolo, chissà al cambio di epoca successiva al 2020.

Fa ridere leggerla adesso, alla luce di un 2020 che appunto ha visto l’esplosione anche di alcuni software e app di settore che sono diventate di colpo generaliste.

Per esempio, durante il secondo trimestre 2020, Zoom ha infranto il precedente record delle app più scaricate su App Store stabilito da TikTok, ormai strumento di social video top per i ragazzini. Mentre TikTok ha registrato 67 milioni di download negli Stati Uniti nel primo trimestre, Zoom ha raggiunto quasi i 94 milioni nel secondo (dati di Sensor Tower)!

Ma, in generale, basta uno e un unico grafico (nella prossima figura), che riprendiamo da Apptopia e che è ormai virale nel mondo e-Learning: impietoso, anzi spietato, mostra la data del 29 febbraio. È quella della prima morte riconosciuta in USA per Covid-19.

Popolarità dell’app Zoom su App Store tra febbraio e marzo 2020: non credo servano ulteriori commenti

Popolarità dell’app Zoom sull’iOS Store tra febbraio e marzo 2020: non credo servano ulteriori commenti.

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4. Come valutare un percorso di e-learning

Tutto quanto raccontato finora ha, tra gli scopi ultimi, fornire elementi importanti in termini di valutazione della qualità di un percorso di apprendimento, in modo che questo possa poi essere ritarato o riprogettato in alcuni dettagli (si spera) o in maniera strutturale.

Come si può capire se un corso è stato efficace e se i formati non solo hanno compreso quanto spiegato, ma saranno anche in grado di applicarlo? E come è andata questa edizione del corso rispetto alla precedente (se c’è stata)? Come farò a far andare meglio la prossima? L’analisi di monitoraggio ci fornisce dati quantitativi e qualitativi affinché questo sia possibile.

Valutazione quantitativa

Tiene conto del numero di partecipanti iscritti, di quanti di questi hanno portato a termine il percorso e con che voto, quanti non hanno superato il test finale, qual è stato il tempo impiegato per lo svolgimento dell’intero corso, quanto sono stati attivi, proattivi e partecipativi durante le esercitazioni online e offline ecc. Riassumendo: dati numerici. È importante relazionare questi dati e prenderne atto. Hanno sempre partecipato tutti alle lezioni e alle attività, ma in pochi hanno superato il test finale? Forse questo aveva attese superiori rispetto alla preparazione fornita. In un percorso facoltativo inizialmente i partecipanti erano molto numerosi e via via si sono persi per strada? Forse hanno reputato i miei contenuti poco utili o di un livello non appropriato alla loro preparazione. E così via.

Valutazione qualitativa

In questo caso si tratta di qualcosa di più difficile da misurare. Nel caso di un percorso blended, è importante l’osservazione diretta dell’aula, per capire se i formandi stanno sviluppando abilità trasversali, come la capacità di comunicare i concetti appresi, di collaborare tra loro scambiandosi idee e opinioni. Quando si propongono delle attività (virtuali o reali), teniamo d’occhio il livello di partecipazione (nel primo caso, saremo supportati dalle analytics della piattaforma; nel secondo caso, ancora una volta, vale il concetto di osservazione diretta).

Un altro importante aspetto che concerne la valutazione qualitativa è la somministrazione di questionari di gradimento (a fine corso, ma possibilmente anche a metà). In questo modo si ribaltano i ruoli e sono gli studenti stessi a valutare:

  • chiarezza, utilità e qualità dei contenuti;
  • capacità di coinvolgimento e interazione;
  • qualità di valutazione (giudizi) e feedback ricevuti;
  • varietà ed equilibrio delle metodologie didattiche;
  • percezione dell’andamento del corso in termini di gestione del tempo e carico di lavoro;
  • difficoltà e valutazione complessiva dell’esperienza formativa.

Possono includere domande inerenti al contesto in cui si svolge la formazione:

  • funzionalità della piattaforma online,
  • usabilità dei contenuti condivisi;
  • problematiche nel caricamento degli assignment;
  • qualità degli spazi e dell’infrastruttura in cui si sono svolte le lezioni in presenza;
  • bilanciamento tra momenti in aula e online.

Conviene poi lasciare anche almeno uno spazio in cui esprimere il giudizio personale (per il resto bastano le risposte chiuse).

Dopodiché si possono analizzare i risultati emersi, per esempio confrontando i valori numerici sulla qualità sintetica e approfondendo i commenti e i suggerimenti raccolti.

Nel caso in cui siano stati messi in atto alcuni dei modelli di monitoraggio engaging di cui sopra, avremo come detto anche altri importanti dati e statement che ci daranno un’idea più ampia di come sono andate le cose.

In ogni caso, ponendo il focus sulla percezione dell’allievo, potremo migliorare la qualità del nostro insegnamento.

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5. Come scegliere lo strumento di authoring per fare e-Learning

Un corso online può essere visto come un puzzle i cui tasselli devono essere correttamente assemblati. Un sistema di authoring è proprio quello che ci permette non solo di incastrare queste tessere, ma di definire le dimensioni e il formato del puzzle stesso, seguendo canoni e standard ben precisi.

Funzioni e prestazioni

Player dell’oggetto didattico

Iniziamo delineando i confini fisici del contenuto: che forma avrà la cornice? Quali sono gli elementi ricorsivi che dobbiamo sempre rendere disponibili agli utenti come delle vere e proprie ancore? In che modo vogliamo rendere unico e riconoscibile il corso?

Il player dell’oggetto didattico può essere incorporato nell’oggetto didattico, e quindi includere tutte le funzioni basilari per consentire all’utente di muoversi all’interno del contenuto: cambiare pagina progressivamente o skippare sfruttando il menu di navigazione; mettere in pausa un video, farlo ripartire, regolarne il volume e attivare i sottotitoli; aprire una libreria di documenti aggiuntivi o un glossario e così via. L’aspetto del player (la forma, il colore di sfondo e dei pulsanti, il font scelto e le sue dimensioni, la disposizione degli elementi) definisce gran parte dell’identità visiva del corso. Considerando il player parte integrante dell’aspetto grafico dei contenuti, si può non solo rendere più armonioso il corso in tutti i suoi elementi, ma si definisce la riconoscibilità del corso stesso.

Il player dell’oggetto didattico è il primo strumento attivo che lo studente si troverà a utilizzare e deve quindi essere intuitivo, senza richiedere sforzi cognitivi per comprenderne il funzionamento. È consigliabile dunque sottostare alle convenzioni che sono ormai entrate nell’uso comune, per esempio il posizionamento del tasto di chiusura in alto a destra, l’uso di tre lineette (o tre puntini) per mostrare/nascondere il menu di navigazione e così via.

Progettazione grafica

Organizzare i contenuti seguendo griglie di progettazione per rispettare la gerarchia degli elementi, sottostando a specifici stili di colore, carattere e paragrafo sono le regole auree di un buon prodotto grafico. Un aspetto curato della rappresentazione dei contenuti didattici non significa solo rendere esteticamente bella una slide, ma si traduce nel veicolare con efficacia l’apprendimento.

È risaputo che un supporto visivo appropriato garantisce un coinvolgimento maggiore e un miglior trasferimento dei concetti. Gli strumenti di authoring ci vengono in aiuto, dando la possibilità di creare pagine mastro, che definiscono una serie di strutture base adattabili in seguito a seconda dei diversi contenuti. Come in una presentazione PowerPoint, in cui si possono definire diversi layout a seconda che siano presenti solo testo, una o più immagini, una tabella oppure un elenco puntato ecc.

Allo stesso modo, risulta importante scegliere da subito i colori e i font che verranno utilizzati, cosa che ci permetterà di risparmiare tempo quando creeremo i singoli elementi: caselle di testo, pulsanti, grafici verranno creati in automatico dal programma con gli stili prescelti.

Una buona progettazione iniziale richiede di investire un po’ più di tempo all’inizio del processo, ma consente di risparmiare tempo durante il flusso di lavoro.

Infine, ma non meno importante, molti software di authoring consentono di attingere a una loro libreria interna di immagini, icone e character, ossia figure-guida (illustrate o fotografiche) che possono dare un valore aggiunto al corso, contribuendo a spezzare il ritmo. Possono per esempio comparire nei momenti salienti o possono essere utilizzati per ricreare storie e scenari dinamici. Infine, se progettati pensando al target di riferimento (in termini di vestiario, azioni e movenze), consentono di stabilire con questo una certa forma di relazione, generando un senso di immedesimazione.

Un riferimento al copyright in questo contesto è doveroso: se attingiamo dalle librerie dei software in questione non avremo nessun problema, ma se riutilizziamo del materiale trovato in Rete è fondamentale citarne la fonte (e verificare anche se questa è modificabile e/o riutilizzabile in altri contesti). I contenuti digitali hanno maggiori possibilità di essere sgamati rispetto a quanto accade all’interno di un’aula di formazione.

La mascotte di Duolingo, un gufo verde, è un buon esempio di personaggio-guida all’interno di un percorso e-Learning

La mascotte di Duolingo, un gufo verde, è un buon esempio di personaggio-guida all’interno di un percorso e-Learning: compare al raggiungimento di un obiettivo, dà consigli o messaggi di incoraggiamento. Non nascondiamo che si può arrivare a odiarlo quando compare con troppa frequenza nelle notifiche push.

Audio e video

Gli elementi multimediali possono in parte essere creati internamente ai sistemi di authoring, come nel caso della registrazione dello schermo e della voce. Le possibilità di editing in questo caso sono di solito molto limitate e non paragonabili alle prestazioni di un software professionale pensato appositamente per il lavoro di fino su audio e video. È consigliabile quindi usare gli editor interni soltanto per piccole modifiche in corso d’opera e affidarsi quindi a registrazioni (schermo, audio e riprese video) professionali, in modo da alzare la qualità del corso.

A livello di importazione dei file, solitamente è consentito includere file con le più comuni estensioni (.wav, .mp3, .mp4, .flv) mentre altre possono essere lette e convertite in .mp4 direttamente dal software in uso.

Interazioni

Sempre per richiamare i concetti di coinvolgimento attivo degli utenti, è importante sfruttare al massimo la possibilità di creare interazioni per far scoprire contenuti in prima persona e introdurre delle domande di autovalutazione o di anticipazione, che portino cioè il discente a ragionare su un concetto che ancora non è stato esplicitato.

Deve sempre apparire chiaro che cosa si può/si deve fare e in che modo l’utente può trascinare un oggetto, attivare un bottone, far chiudere un pop-up e così via. Per evitare che i fruitori si trovino nella condizione di chiedersi Come faccio ad andare avanti? Come nascondo questa finestra? bisogna avere la possibilità di attivare diversi stati degli elementi interattivi: mouseover, selezione attiva, contenuto bloccato o già visionato ci aiuteranno a migliorare l’usabilità dell’oggetto formativo.

All’interno dei software di creazione dei contenuti, possiamo trovarci a scegliere tra un’ampia gamma di differenti tipologie di interazione:

  • pop-up;
  • drag & drop;
  • drop-down;
  • multiple choice (scelta multipla);
  • multiple answer (risposta multipla);
  • pick one (scegline uno);
  • fill in the blank (riempi gli spazi vuoti).

Altre potremo anche generarle noi stessi, con un po’ di creatività e di conoscenza di quelli che vengono chiamati trigger, che consentono di innescare azioni differenti in seguito a comportamenti e variabili.

Quiz

Collegandoci al paragrafo precedente, è possibile combinare una serie di domande, poste nei differenti formati elencati in precedenza, per creare un vero e proprio quiz di valutazione formale, per esempio alla fine di un modulo.

Si tratta di un momento formale rispetto ai precedenti quiz di autovalutazione, che di norma non precludono l’accesso a moduli o lezioni successive e non conferiscono certificati, e deve pertanto poter includere:

  • un punteggio minimo di superamento;
  • un tempo massimo di svolgimento;
  • un numero preciso di domande estratte in modo casuale da un ampio ventaglio;
  • l’ordine casuale delle domande e delle risposte;
  • la possibilità di revisionare il test prima di inviarlo;
  • la possibilità, a test concluso, di sapere quali risposte sono state sbagliate;
  • la possibilità di ritentare il quiz.

Quali vantaggi ci sono a creare un quiz su uno strumento di authoring? Le risposte sono molteplici.

  • Gli utenti si sono abituati, durante la fruizione, alla grafica e alle possibilità di interazione del nostro corso. Proponendogli le stesse funzionalità e lo stesso assetto, gli chiederete di compiere uno sforzo cognitivo in meno e permetterete che si concentrino solo sulle risposte, senza essere assaliti da preoccupazioni del tipo: Come funziona questo? Che cosa devo fare adesso? Come si fa a concludere la sessione?.
  • Includendo nel test finale alcune delle domande già poste durante il corso, risparmiamo tempo noi nella produzione (basterà fare un copia-incolla) e gli utenti, avendo già visto quella domanda, potranno associare visivamente i concetti.
  • Possiamo creare un numero maggiore di tipologie di domande differenti. Le piattaforme LMS infatti a volte prevedono una limitata possibilità di interazioni dinamiche e sono talvolta anche poco appealing. Rendere piacevole anche il processo di valutazione contribuisce a mettere i discenti a proprio agio.

Di contro, questa modalità potrebbe generare problemi di compatibilità e una lettura dei dati più complessa da parte della piattaforma stessa. In primo luogo, è fondamentale che il test e la piattaforma siano impostati con i medesimi criteri di superamento, ma, in seguito, deve comunque essere effettuata una serie di verifiche prima di rendere disponibile un esame di questo tipo agli utenti.

Navigazione

In base al tipo di corso che stiamo progettando dovremo avere la possibilità di creare un tipo di fruizione del tutto libera e accessibile a chiunque in qualunque momento, ma potremmo anche dover applicare una navigazione forzata, subordinata cioè alla visualizzazione dell’intero contenuto, in modo da poter verificare l’effettivo completamento del corso.

Un’altra possibilità che possiamo avere nel progettare la navigazione del percorso è l’avanzamento automatico delle slide al completamento della traccia audio-video precedente. In caso contrario, sarà l’utente a premere il tasto Avanti a ogni pagina.

È utile fornire al discente un indicatore di pagina, per avere sempre chiaro a che punto della lezione è arrivato: all’interno del menu di navigazione si potrebbe far comparire una spunta accanto al titolo della pagina visualizzata oppure si potrebbe evidenziare con un altro colore la pagina aperta e/o quelle visionate; un’altra soluzione può prevedere l’inserimento in ogni slide del numero di pagina corrente affiancato dal numero totale.

Output e standard in uso

Dopo aver compiuto tutte le attività specificate nelle pagine precedenti, che cosa otteniamo in concreto? Come trasformiamo il corso sviluppato sul software di authoring in un prodotto fruibile online? Dobbiamo pubblicare il nostro contenuto in un pacchetto .zip che prenderà il nome di Learning Object (spesso abbreviato in LO). Questo può essere scritto dal software con linguaggi e standard differenti, a seconda dei dati che ci interessa ottenere e delle specifiche esigenze di codifica della piattaforma LMS sulla quale andremo a caricare l’oggetto didattico.

Un Learning Object è una unità di apprendimento autoconsistente, modulare (poiché può far parte di un learning path, un “percorso”, più ampio), reperibile (in quanto contiene una serie di metadati che lo rendono identificabile e classificabile), riusabile e interoperabile, dal momento che può essere sfruttato in diversi contesti ed erogato su piattaforme differenti.

I dati di fruizione sono la cosa che più interessa a chi eroga corsi e-Learning: vuole sapere chi ha visionato il corso, per quanto tempo, che punteggi ha ottenuto, quanto tempo ci ha messo e tutta una serie di altre informazioni utili per certificare l’effettivo completamento (che, come in aula con il controllo delle presenze, spesso non è solo legato al semplice superamento di un test di apprendimento delle conoscenze). Per raccogliere questi dati, sono stati definiti diversi standard di codifica, evolutisi poi con il passare degli anni.

  • Lo standard AICC, il cui nome deriva dall’organizzazione che lo ha sviluppato, non viene più utilizzato dal 2014, quando lo stesso ente si è sciolto. È possibile però che alcune aziende eroghino ancora vecchi corsi basati su questo sistema, che devono quindi essere letti correttamente dalle piattaforme LMS.
    È comunque importante ricordare che proprio AICC ha gettato le basi per la standardizzazione e l’interoperabilità dei contenuti e-Learning.
  • SCORM (acronimo di Shareable Content Object Reference Model), essendo più preciso e completo del precedente, è diventato lo standard più utilizzato. Ci sono state alcune versioni di SCORM rilasciate nel corso degli anni, ma due sono quelle ancora rilevanti e valide: 1.2 (del 2001) e 2004, che presenta alcune funzionalità migliorative sulla lettura dei dati.
  • xAPI (ex TinCan) è uno standard più evoluto e moderno del precedente e consente la registrazione delle attività anche al di fuori della piattaforma LMS, tenendo in considerazione quelle effettuate anche offline e da qualunque dispositivo. Si appoggia infatti su un applicativo esterno all’LMS, che prende il nome di Learning Record Store (LRS), il quale può raccogliere statistiche di apprendimento in qualunque momento e in qualunque luogo (fisico o virtuale). La x sta per experience e si sta sempre più affermando come modalità di tracciamento dell’esperienza utente dentro e fuori dalla piattaforma.
  • CMI-5 è lo standard più recente ed è ancora in via di sviluppo, ma è possibile che in futuro andrà a sostituire lo SCORM. Per ora si pone a supporto dello standard xAPI definendo una specifica complementare per organizzare in modo più efficiente la struttura dei file che compongono un corso.

Di solito, i sistemi di authoring permettono di esportare l’oggetto didattico anche in semplice formato HTML, che può comunque essere caricato su piattaforme LMS, ma che non può verificare il tracciamento dei dati.

Talvolta viene anche data la possibilità di esportare i contenuti (slide, quiz, note) in documenti PDF o Word, utili in fase di revisione da parte di docenti, esperti di contenuti o del committente, ma anche per consegnare al discente il trascritto del corso, unito agli schemi grafici creati e alle risposte dei test.

Responsive design e accessibilità

L’apprendimento online non deve porre vincoli, ostacoli, barriere, ma deve essere un’opportunità per tutti. Deve essere adattabile alle diverse esigenze e ai diversi contesti.

Ormai viviamo con il mondo in tasca e anche la formazione deve diventare mobile e potersi muovere con noi, ma questo non basta. Qualunque persona, con qualunque esigenza fisica o cognitiva differente, deve risultare autonoma nel proprio percorso, anche quando deve dipendere da tecnologie assistive (per esempio i lettori di schermo o i display Braille).

L’accessibilità rappresenta un tema trasversale a tutti i prodotti digitali. Nel nostro caso, include le piattaforme LMS, i contenuti, le attività di interazione. Nella produzione di contenuti accessibili è importante tenere in considerazione alcuni aspetti.

  • Per consentire l’accesso e la lettura dei contenuti ai software assistivi è importante che:
    – qualunque contenuto testuale non sia stato convertito in immagine o non sia scansionato;
    – il testo sia formattato nel modo corretto tramite l’uso di stili di paragrafo adeguati per i titoli, i contenuti, le note eccetera.
  • Bisogna dare la possibilità all’utente di ridimensionare il contenuto.
  • Progettare per una responsività dei contenuti sia con orientamento orizzontale sia verticale.
  • Scegliere font di facile leggibilità.
  • Definire una palette colori adeguata, sia per lo sfondo sia per i testi.
  • Dare la possibilità di attivare i sottotitoli per i video e i contenuti audio.
  • Fornire un testo alternativo per le immagini (solo per quelle che hanno un contenuto rilevante; gli elementi decorativi non vanno considerati).
  • Consentire la navigazione della pagina attraverso la tabulazione e, in generale, i comandi da tastiera (anche nel caso di azioni da compiere, come per esempio drag & drop o altre interazioni).
  • Le informazioni e i feedback non devono mai essere forniti unicamente attraverso i colori (per esempio verde-positivo e rosso-negativo), ma ci deve essere un rinforzo di tipo audio e/o testuale e/o grafico.
  • Modulare il linguaggio ricordandosi di non dare mai nulla per scontato: in alto a destra non va bene; fai clic sul bottone tondo nemmeno.

Esempio di contenuti responsive su PC, tablet e smartphone

Esempio di contenuti responsive su PC, tablet e smartphone.

Costi

In questo caso, la grossa differenza sui costi si verifica in base a quante licenze (e quale grado di interoperabilità vogliamo applicare tra esse) vogliamo acquistare, ma anche a quanti prodotti sono inclusi nel pacchetto. Il singolo software può avere un costo più o meno elevato in base al produttore e alla sua affermazione sul mercato, una licenza team può però essere molto vantaggiosa per quelle aziende con più sviluppatori che possono anche attivare processi di e-Collaboration con disponibilità di spazi in cloud. Spesso, inoltre, sono integrati diversi tool a supporto del lavoro dello sviluppatore e-Learning, che può adattarsi con facilità al contesto di utilizzo sfruttando tool differenti e librerie di contenuti e template.

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Questo articolo richiama contenuti da Il manuale dell’E-learning.

Immagine di apertura di Steinar Engeland su Unsplash.

L'autore

  • Matteo Uggeri
    Matteo Uggeri si occupa di e-Learning e innovazione dell'apprendimento da oltre vent’anni, prima per METID poi per la Fondazione Politecnico di Milano. I suoi ambiti di azione includono l’open education, la gamification, gli intrecci tra creatività e apprendimento nonché le transizioni tra scuola, università e lavoro. Fa parte del comitato scientifico dell’evento eXploring eLearning ed è membro della rete Educazione Aperta Italia. Insegna presso il DOL, Master Online in tecnologie per la didattica.

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