Monaco di Baviera ha completato il percorso di conversione dell’infrastruttura informatica al software libero; una mossa che Microsoft ha contrastato con tutte le forze, fino a muovere lo stesso amministratore delegato Steve Ballmer.
Lo racconta un lungo e interessante articolo di TechRepublic, nel quale si racconta di una decisione maturata nel 2002 e attuata a partire dal 2004, con l’obiettivo primario di guadagnare libertà e autonomia e il risparmio solo come conseguenza, non come fine. Spiega Peter Hofmann, a capo del progetto:
Se si inizia una migrazione solo pensando di risparmiare denaro, a cose fatte ci sarà sempre qualcuno che accusa di non avere calcolato bene. È stata l’esperienza di un sacco di progetti open source falliti perché erano condotti unicamente in base ai costi […] non è mai stato lo scopo principale della municipalità di Monaco. Il nostro scopo principale era diventare indipendenti.
I risparmi sono arrivati comunque, nella misura di undici milioni di euro (23 milioni contro 34 stimati per stare su Windows). Una cifra contestata da Microsoft, come è naturale nel gioco delle parti, attraverso uno studio condotto dalla filiale tedesca di Hewlett-Packard. La vicenda logistica – il passaggio da Windows a LiMux, da Office a OpenOffice e poi a LibreOffice, da Windows NT a Ubuntu – ha importanza relativa.
Trovo impressionante invece che, decidendo una organizzazione di liberare da Microsoft quindicimila stazioni di lavoro, occorrano dieci anni e neanche del tutto, perché una manciata di ostacoli di compatibilità richiederà ancora del tempo. L’unica cosa che ha diritto inalienabile di cittadinanza in un sistema informatico sono gli standard aperti. Il resto deve essere sostituibile in modo ragionevolmente facile. Altrimenti si è ostaggi.