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Hacking Marketing

16 Marzo 2017

Hacking Marketing

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Una tesi che può sembrare strana, ma è conseguenza della convergenza digitale dei processi produttivi e di comunicazione.

Il marketing deve saper rispondere velocemente ai feedback del mercato e gestire una mole ampia e complessa di dati. Servono quindi velocità, adattabilità, contiguità, scalabilità e precisione; caratteristiche del software moderno.

La buona notizia è che non serve per forza diventare informatici per fare buon marketing. Questo non esclude tutta una serie di nuove complessità; per capire quali siano, e come maneggiarle al meglio ci siamo rivolti all’autore di Hacking Marketing.

Apogeonline: Uno dei fondamenti del libro è che software e marketing abbiano molto in comune. Sappiamo che è vero per la programmazione, spesso al confine con l’arte, e per il marketing. Software, però, vuol dire automazione, procedure, algoritmi… che cos’hanno realmente in comune software e marketing?

Scott Brinker: Certo, sviluppo software e marketing sembrano alle estremità opposte del novero delle carriere lavorative possibili.

Tuttavia, quando il marketing è entrato nel regno digitale, è accaduta una cosa divertente. Tutto cià che è digitale viene orchestrato dal software. Siti web, pubblicità a video, social media; sono tutti programmi software. Quando il marketing ha iniziato a creare, distribuire, misurare il contenuto e le esperienze per il tramite dei media digitali, le sue dinamiche di sono intrecciate con quelle del software.

Nel software è evidentemente presente un elemento analitico, da metà sinistra del cervello: automazione, procedure, algoritmi. Al marketing capire questi concetti è utile, così come il saperli utilizzare.

Il software contiene tuttavia anche un potente elemento che arriva dalla metà destra del cervello. Essendo semplice cambiare i pixel sullo schermo – in contrasto a quanto accade con l’inchiostro sulla carta – gli sviluppatori software possono sperimentare creativamente modi differenti di coinvolgere l’utenza e servirne le necessità. Quando si considerano i prodotti innovativi che lo popolano, ecco che il software diventa un campo incredibilmente creativo. Il marketing è in grado di valorizzare questa possibilitò nel proprio lavoro, e ciò cambia le regole del gioco.

L’idea del perpetuare testing e innovazione è stimolante. Potresti raccontacela in breve?

Qualsiasi attività di oggi è alle prese con il cambiamento continuo e accelerato. È una sfida enorme. Che possiamo volgere a nostro vantaggio con la costruzione di meccanismi che adattano al cambiamento i processi e i sistemi della nostra organizzazione.

Nel marketing, significa stabilire un ritmo di sperimentazione continua. Si pensa meno a progetti con un inizio e una fine definiti è più a prodotti che evolvono, come il software, in modo agile. Nel marketing, ogni punto di contatto con prospetti o clienti potrebbe essere concepito come una sorta di miniprodotto dotato del potenziale per evolvere.

Un altro concetto in comune tra software e marketing: agilità. Che significa applicare al marketing i principi Agile del software?

L’essenza del management agile, applicato allo sviluppo software o al marketing, o a qualsiasi altro ambito, è questa: consentire a team ridotti e eterogenei di lavorare su compiti chiaramente prioritizzati in cicli di lavoro brevi, per costruire valore in modo interattivo e incrementale, utilizzando cicli di feedback rapido per adattarsi nel corso del tempo ai cambiamenti e alle nuove nozioni apprese.

Hacking Marketing

Sviluppare il marketing come se fosse software.

 

I grandi progetti vengono spezzati in piccoli blocchi capaci di adattarsi a nuova informazione man mano che procedono. Si sperimenta velocemente su piccola scala, per collaudare una ipotesi prima di investirvi con forza. È presente una strategia complessiva ma si è molto più inclini a lasciare che essa evolva in funzione di quello che realmente funziona nel mercato.

Quanto sapere di marketing deve dunque possedere oggi chi ci lavora, e invece quanto sapere digitale?

Gli skill di marketing puro sono ancora il cosa e il perché del marketing: saper adattare il prodotto al mercato, trovare e coinvolgere le persone giuste a questo fine, convincerle a scegliere il prodotto e perfino a pubblicizzarlo in nostra vece. C’è grande competenza nello storytelling di queste narrazioni prodotto – oggi sempre più esperienziali – competenza che rimane essenziale per fare funzionare il marketing.

In un mondo digitale, peraltro, il come relativo all’implementazione di queste storie esperienziali è l’ambito in cui il sapere digitale è decisivo. Usare dati e software come strumenti per modellare e presentare grandi esperienze di brand presso qualsiasi intersezione di percorso tra il prodotto e l’acquirente.

Avere persone che eccellono in entrambe queste discipline è una meraviglia. Bisogna anche dire che non è necessario per tutti essere forti su tutto. Il marketing moderno richiede talenti così variegati che mai come oggi è diventato importante sapere assemblare buoni team che possiedono collettivamente tutti gli skill necessari. Il marketing agile è un modo eccellente per rendere efficaci team multidisciplinari.

Qual è il primo beneficio che deriva dalla digitalizzazione del marketing? E a che cosa c’è da stare attenti in primo luogo?

Il beneficio più immediato sono i dati. Rispetto ai canali analogici del marketing, il digitale offre una cornucopia di dati su chi, cosa, quando, come. Abbiamo resoconti, pannelli di controllo, visualizzazioni: il sogno di chiunque faccia marketing analitico.

Dobbiamo tuttavia ricordare attentamente che in generale i dati non ci spiegano Perchè l’utenza si comporti in un certo modo. Qui entra in gioco il lato intuitivo della leadership del marketing, che deve scavare più a fondo dei numeri per individuare le motivazioni profonde di quello che i numeri raccontano. È marketing magistrale, ricavare dai dati storie in base alle quali una organizzazione possa agire con efficacia.

Nel tuo libro scrivi che Facebook ha portato lo hacking della gestione aziendale a un nuovo livello. Hacking è insomma un’idea che interessa l’interno business, non solo il marketing…?

Mark Zuckerberg ha scritto un saggio fantastico, The Hacker Way, come parte dei documenti di Facebook al momento di diventare società per azioni. Canta le lodi dello hacking come condizione mentale adottata dai più brillanti sviluppatori software del mondo: costruisci, prova, impara, smanetta, adatta. È una inclinazione all’azione e una volontà di assumersi rischi ragionevoli in cerca di nuove conquiste.

Mark Zuckerberg

La sua azienda usa la mentalità hacker in ogni frangente e ha un certo successo.

 

Zuckerberg ha comunque anche descritto come Facebook applica questa filosofia in ogni altro campo. Sono valori e principî che guidano l’azienda anche nelle questioni non tecniche.

Questo ha rappresentato una grande ispirazione nello scrivere Hacking Marketing, perché credo che il marketing in un mondo digitale possa avvantaggiarsi enormemente di questo spirito hacker.

Diciamo che sono un imprenditore con una azienda medio-piccola, un po’ troppo legata al marketing tradizionale, al cui marketing un pizzico di hacking farebbe tanto bene. Qual è la prima mossa? Cerco persone nuove o insegno nuove cose a chi già c’è? Si può fare?

Certamente si può fare. Bisogna volerlo fare ed essere disponibili allo sforzo richiesto dal tentare cose nuove e apprendere nuove nozioni. Facile dirlo e difficile da mettere in pratica, lo so. Il cambiamento è sempre difficile. Dove c’è impegno delle persone e dell’organizzazione, comunque, il cambiamento può avvenire.

Assumersi questo impegno è il primo passo. Avere nuove persone che possano far progredire quelle esistenti è un’altra mossa. In verità è questione di essere entusiasti di aiutare l’azienda a compiere questa tradizione, che non altro.
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Facebook a parte, puoi farci qualche esempio di aziende brave a fare hacking del marketing? E aziende che, ecco, sì, diciamo che potrebbero provarci meglio?

Molte aziende praticano lo hacking del marketing, in un modo peculiare che hanno scelto. Certamente molti nativi digitali hanno portato in nuove aziende qualcosa che già era incorporato nella loro cultura: Google, LinkedIn, Amazon, Spotify, Netflix, Airbnb, Uber. Vedo comunque anche numerose aziende tradizionali che ci riescono: Microsoft, Visa, Sephora, Capital One, Sprint, Electronic Arts, Staples, McKesson, GE, Oracle, Adobe, Campbell’s, Coca-Cola, Legendary Entertainment. Date un’occhiata all’agenda di una conferenza MarTech per leggere nomi di aziende brave nello hacking del marketing.

Farlo meglio, potremmo tutti. È un mondo che fluisce, dove l’unica costante è il cambiamento.

L'autore

  • Scott Brinker
    Scott Brinker, laurea in Informatica presso la Columbia University e la Harvard University e master MBA presso il MIT, è editor del popolare blog Chief Marketing Technologist (http://chiefmartec.com) dove scrive su temi che intersecano il mondo del marketing e quello della tecnologia. A questo unisce il suo ruolo di program chair per la serie di conferenze MarTech. È inoltre cofondatore e CTO di i-on interactive inc. una società che sviluppa software per marketing e che vanta tra i suoi clienti aziende come Dell, DHL, Pearson e Symantec.

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