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Il Mulino alla prova del digitale didattico

02 Marzo 2017

Il Mulino alla prova del digitale didattico

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Editori, scuola e didattica, digitale e rete: fattori che è ancora difficile accostare per ricavarne positività. Vogliamo approfondire.

Questa intervista è la seconda di una serie, volta a scoprire come le aziende editoriali librarie che si occupano di didattica concepiscono e applicano strategie globali per prosperare anche nel mondo digitale.

Abbiamo rivolto un set di domande simile a ogni editore e sarà interessante confrontare le risposte, per arrivare a una visione collettiva del tema, affrontato da più soggetti e angolazioni. Oggi interpelliamo Il Mulino, che ringraziamo per la collaborazione e per il quale ci ha risposto Andrea Angiolini.

Apogeonline: L’editoria didattica procede verso una sempre maggiore apertura al digitale e numerose case editrici hanno scelto una piattaforma per lo sviluppo delle proprie opere in versione elettronica. Qual è la vostra esperienza in materia? Come vi state muovendo?

Andrea Angiolini: Da tempo il Mulino ha articolato la propria produzione tra carta e digitale, con l’obiettivo di trovare nuovi canali di distribuzione e proporre nuove modalità di fruizione per i propri contenuti. Così, dopo Rivisteweb e Darwinbooks, piattaforme dedicate rispettivamente a riviste e monografie, Pandoracampus è nata per offrire a professori e studenti universitari o postuniversitari nuove possibilità di insegnamento e di studio.

Icona PandoracampusLa piattaforma è multieditore (con noi lavorano al momento anche Carocci, De Agostini, Wiley e Hoepli) ed è allo stesso tempo uno shop e una piattaforma di elearning. In quanto shop, vende accessi all’intero manuale ma anche ai singoli capitoli che lo compongono; i periodi sono di durata variabile da uno a sei mesi e nella versione a stampa è incluso un bundle di dodici mesi. Come piattaforma di elearning, è caratterizzata da un ambiente di lettura pensato per focalizzarsi al meglio sul testo; da contenuti ripensati per cogliere le possibilità digitali (grafici e glossari interattivi, mappe, flashcard, dimostrazioni in videoscribing, gallerie di figure, casi ed esercizi eccetera); da servizi per accompagnare lo studio (sala studio, dove gli studenti si confrontano tra loro o con un tutor; calendario d’esame che stabilisce tappe intermedie sulla base dei testi da studiare e del ritmo di studio; area test che permette di personalizzare gli esercizi e li collega al testo, al quale tornare per ripassare eccetera) e per facilitare l’attività del docente (coursepack nei quali scegliere capitoli anche da manuali diversi, possibilità di randomizzazione dei test e loro fruizione on e off line e così via).

Un punto importante è che i testi non sono in PDF ma in HTML5, ricavato da Docbook, fortemente strutturato in chiave semantica; questo ci consente di costruire servizi avanzati per i lettori, anche per quelli con bisogni educativi speciali. Inoltre, l’aver scelto di basarci su standard ci ha permesso di costruire una piattaforma aperta, capace di integrarsi con altri ambienti (moodle, Mooc e via dicendo).

Che tipo di feedback ricevete dal vostro pubblico? Nel senso dell’impostazione del lavoro e delle caratteristiche dei prodotti. Che cosa desidera l’utenza? Ci sono differenze di visione e di aspettativa tra i vari soggetti coinvolti (studenti, docenti…?)

Siamo contenti dell’uso di Pandoracampus, in forte crescita; in particolare, cresce moltissimo la percentuale dei redeem dei codici allegati alla stampa, che per certi titoli arriva fino al 30 percento delle copie vendute; così come crescono i test personalizzati dagli studenti e i calendari d’esame che vengono fissati.

Per misurare l’uso in modo analitico, nel rispetto della privacy abbiamo sviluppato un sistema per tracciare le azioni degli utenti, da un punto sia quantitativo sia qualitativo, in modo da studiarne i comportamenti, migliorare i servizi e, in prospettiva, costruire meccanismi di machine learning per personalizzare i percorsi di studio.

Icona PandoracampusTra l’altro, attraverso questi strumenti oggi individuiamo gli studenti più attivi e, tramite l’integrazione con la piattaforma Bestr gestita dal Cineca, assegnamo degli Open badge, cioè degli attestati digitali che indicano un uso particolarmente intenso di Pandoracampus. Così, abbiamo iniziato ad assegnare i primi Open badge Studente Pandoracampus e sono già molti gli studenti che hanno raggiunto questo traguardo.

In generale, studenti e professori chiedono funzionalità per scopi specifici: soprattutto, rivolte a essere più efficaci a lezione o nello studio; per lo più non sono technology-driven, hanno un uso funzionale della piattaforma.

Più in generale, siamo certamente in un periodo di passaggio, per tutti i soggetti coinvolti. Gli studenti sono sempre più digitali, ma la sensazione è non siano così diffuse le competenze per poter sfruttare al meglio questi contenuti; dunque l’uso è in fortissima crescita ma è ancora limitato. Anche i professori devono far fronte, spesso senza supporto, a nuove possibilità e nuove esigenze, e finiscono per non sfruttare al meglio le possibilità del digitale. Dunque, prima di tutto c’è necessità di aumentare la digital literacy anche nel mondo della formazione superiore.

Qual è la vostra filosofia di integrazione tra il testo su carta e la versione digitale? Dove si colloca il punto di equilibrio tra la fruizione cartacea e quella elettronica?

La nostra idea è che carta e digitale devono essere costruiti entrambi al meglio, per poter essere usati insieme in modo complementare o costituire un’alternativa in sé completa.

In particolare, il digitale deve aggiungere valore, per esempio offrendo flessibilità d’uso e personalizzazione: supporti diversi per momenti di studio differenti, insieme a contenuti proposti a ciascuno secondo il proprio livello e stile di apprendimento.

Da questo punto di vista, Pandoracampus è un ambiente completo (lo si può usare a lezione, vi si studia, ci si esercita, ti accompagna all’esame) che però si può utilizzare anche selettivamente. Scelgono professori e studenti, autore ed editore mettono in gioco delle possibilità.

Come una piattaforma digitale di sviluppo trasforma il lavoro editoriale e le competenze, e il workflow, di una casa editrice?

In generale, la parola chiave è contaminazione: competenze editoriali e sviluppo tecnologico si fondono in nuovi profili professionali.

Il primo impatto, quello più immediatamente percepibile, è tecnologico. Occorre imparare un nuovo alfabeto e una nuova grammatica per produrre e pubblicare edizioni digitali; da questo punto di vista, noi abbiamo automatizzato ampie parti del processo e quindi ci possiamo concentrare sulle fasi più delicate di editing e publishing, che necessitano comunque di competenze nuove. Così come hanno criticità specifiche il disegno di un’interfaccia o lo sviluppo di funzionalità per lo studio, peculiari rispetto a piattaforme orientate al solo download o alla consultazione.

Icona PandoracampusLa seconda dimensione – che logicamente viene prima – riguarda l’immaginazione editoriale: una volta che padroneggio gli strumenti, devo scegliere che cosa fare, come rendere interattive le parti statiche o aggiungere contenuti ad hoc. Ma – ad esempio – come si fa lo script per un video? come si organizza un corso online? come si costruisce un eserciziario nel quale domande e risposte possono essere contestualizzate rispetto all’intero testo? Tutto questo coinvolge naturalmente sia noi editori sia gli autori.

Il terzo elemento sono i servizi: che vanno ideati avendo ben presente esigenze degli utenti, senza timidezze ma anche senza massimalismi; e che occorre imparare a gestire, ascoltando e assistendo professori e studenti: venduto un accesso digitale, il nostro lavoro continua, per certi aspetti comincia: l’assistenza agli utenti diventa molto importante.

I libri didattici per il digitale sono scritti in modo tradizionale, con l’innesto a posteriori dell’elettronica, oppure sono realizzati dall’inizio pensando a un nuovo assetto multifunzionale?

Come ricordato sopra, il nostro lavoro sta cambiando, e la stessa immaginazione editoriale può spaziare maggiormente.

Certamente oggi prevale ancora la reinterpretazione digitale di contenuti a stampa, che tuttavia – se fatta seriamente – è già un lavoro nuovo e complesso: sempre per fare un esempio, trasformare più figure basate su equazioni in un unico grafico interattivo non è affatto banale.

Tuttavia, sempre più si immagina l’edizione digitale già al momento di progettare e stendere il testo. Così, nel definire la struttura del manuale, destiniamo le diverse componenti al canale che le può valorizzare al meglio e cominciamo a suddividere i lavori tra chi li affronterà.

Ma siamo certamente in mezzo al guado: autori, editori, studenti e professori hanno ancora molta strada da fare.

La prima intervista della nostra serie è stata concessa da Karen Nahum di De Agostini Scuola.

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