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La pubblicità (già) nativa

18 Maggio 2016

La pubblicità (già) nativa

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Decine di anni fa era normale inserire in modo naturale la promozione di un prodotto in una narrazione visiva…

Guardacampo e Beccofino erano i protagonisti di un Carosello molto popolare a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 dedicato a Orzoro, la polvere d’orzo solubile nel latte o nell’acqua ideale per la prima colazione dei più piccoli.

Il primo video si apre con una grande scritta e una voice over che si dichiara allo spettatore dal primo momento: lo sponsor è Orzoro. Dopodiché inizia una storia, apparentemente slegata dal brand. Un gatto cade sulla carrozza di Guardacampo, che lo invita nella sua fattoria Buon Mattino in via dei Campi Gialli. Due gli indizi che iniziano a farsi strada senza tanti preamboli: il momento del risveglio e la campagna. Infine si esce dal cartone animato e viene introdotto il codino con le immagini di una colazione con Orzoro. E la stessa struttura la segue anche il secondo video, con la chiara contrapposizione tra città e natura.

Sono passati più di quarant’anni e anche sul digitale sta accadendo un fenomeno analogo. Da qualche tempo un nuovo approccio ha saputo superare vecchie modalità come i banner pubblicitari: il native advertising, ovvero la promozione integrata al mezzo su cui viene veicolata. Insomma, cambiano gli strumenti, ma non le modalità di coinvolgimento.

Pubblicità nativa

Pubblicità nativa rivolta a nativi un po’ più antichi di quelli oggi definiti digitali.

Oggi si parla di native quando c’è un messaggio che va nella direzione di una continuazione del contesto nel quale è inserito anziché essere percepito come una rottura, dal punto di vista tematico, visivo e di design. Ma facciamo un esempio pratico, prendendo il caso di Land Rover e WeTransfer che trovate qui.

Land Rover e WeTransfer

Trasferimenti digitali e analogici: i creativi Land Rover hanno trovato una sintesi.

Al posto di veicolare i propri contenuti con una semplice landing page di sfondo, l’azienda automobilistica ha deciso di pubblicare un video dove si invita l’utente a caricare i propri file pesanti sul mezzo. In questo modo, per tutta la durata dell’esperienza su WeTransfer, l’utente ha modo di vedere ad esempio il nuovo modello di macchina senza sentirsi infastidito oppure ostacolato nella sua attività di invio.

Altrettanto interessante anche il caso di Netflix e The New York Times, ottimo esempio di come anche l’editoria sta abbracciando questa formula, con uno header dedicato dove è dichiarato, proprio come in Carosello, il mittente. Women Inmates: Why the Male Model Doesn’t Work è un post sponsorizzato che promuove l’uscita della seconda stagione della serie Netflix Orange is the New Black. Nel pezzo non si parla espressamente di questo; piuttosto della riforma del carcere e dei tanti problemi che le donne devono affrontare in prigione, dei loro bisogni e delle ripercussioni sulla loro famiglia.

Pubblicità di Orange Is the New Black

Restare in tema senza lasciarsi imprigionare dagli stereotipi della comunicazione.

Bonus track: per approfondire la tematica, nel caso stiate valutando di lanciarvi a capofitto nel native advertising, segnalo un articolo molto interessante che ne presenta i principali pro e contro.

L'autore

  • Alice Avallone
    Alice Avallone lavora da anni come digital strategist per grandi e piccole aziende, enti pubblici e agenzie di comunicazione. Dirige l'osservatorio di antropologia digitale Be Unsocial e insegna digital storytelling alla Scuola Holden a Torino.

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