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Collirio e orecchiette

04 Maggio 2016

Collirio e orecchiette

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Ostacoli insormontabili sulla scrivania di giudici per i quali la tecnologia non ha ancora raggiunto i traguardi necessari.

Che i giudici italiani non avessero proprio un grande slancio verso la digitalizzazione e la conseguente innovazione del loro modus operandi era cosa già abbastanza nota, anche discussa più volte su queste pagine.

Addirittura a inizio 2015 avevamo sarcasticamente titolato Collirio per i giudici e fatto il verso ad alcune toghe che lamentavano una difficoltà nel rimanere troppe ore con gli occhi fissi sullo schermo di un computer. “Difficoltà” con cui peraltro fanno i conti tutti i giorni e ormai da anni molte altre categorie professionali, senza troppo lamentarsi.

È passato un anno e la questione non pare essere del tutto superata; e anzi si ripropone quasi identica nel Tribunale di Arezzo, dove alcuni avvocati hanno segnalato la presenza nei fascicoli di una strana bozza prestampata di verbale d’udienza che esordisce invitando le parti:

a depositare anche in forma cartacea sia gli atti introduttivi coi relativi documenti, sia le memorie successive e i rispettivi documenti, al fine di agevolare l’esame del materiale processuale e di prevenire sindromi da affaticamento agli occhi.

D’altronde, come giustamente rileva LaLeggePerTutti.it, queste informazioni, che fino a pochi anni fa rimanevano ad un livello di gossip tra colleghi e voci di corridoio, nell’era dei social media diventano presto di pubblico dominio, grazie alla foto scattata dal cellulare di qualche avvocato.

Abitudini da sottolineare

Tranquilli, si può fare anche di “meglio”! Perché limitarsi a scriverlo nei verbali d’udienza o sui cartelli affissi fuori dalla cancellerie e non scriverlo invece in un vero e proprio provvedimento giurisdizionale? E infatti negli stessi giorni un altro giudice, questa volta di Busto Arsizio (tra Milano e Varese), si è espresso in modo simile proprio all’interno di un’ordinanza, intimando alle parti di produrre in formato cartaceo alcuni documenti processuali dato che, a suo avviso,

un giudice per decidere usa sottolineare ed utilizzare brani rilevanti dei documenti, nonché – questo giudice – piegare le pagine dei documenti così da averne pronta disponibilità quando riflette sulla decisione così da non perdere il filo della decisione.

Insomma, lui senza orecchiette agli spigoli dei plichi non si concentra. E per rafforzare la sua posizione, ha pure argomentato così:

rilevato che non può il giudice sottolineare lo schermo del computer ovvero porre orecchiette allo schermo del computer per segnalare le pagine rilevanti dei documenti e non ritiene di sottoporre come costo allo Stato delle copie dei medesimi.

Ha pure cercato di girare la cosa sul fronte del risparmio alla spesa pubblica. Un risparmio che però si scaricherebbe sugli avvocati e di riflesso sulle parti del processo.

Ancora non è chiaro se questo giudice abbia voluto semplicemente lanciare una provocazione o se davvero fosse convinto della bontà di quanto scritto. Fatto sta che il Ministero della Giustizia non sembra aver apprezzato molto la trovata e ha avviato una azione disciplinare contro il magistrato antidigitale.

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L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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