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I dieci no di Apple

15 Settembre 2014

I dieci no di Apple

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Diventano più chiari i motivi ovvi per i quali una app non può tentare la scalata al successo. Quelli non ovvi invece…

Incubo degli sviluppatori! Ma che dico… dei grafici! Ma che dico… dei designer! Ma che dico… dei publisher (intesi come editori)! Insomma, l’incubo da luglio 2008 di ogni team che progetta software da pubblicare su App Store.
Se si parla di app…rovazioni bisogna per forza ricordare I Am Rich di Armin Heinrich. L’app pressoché vuota da 999,99 dollari che permise allo sviluppatore di guadagnarne quasi seimila, grazie a otto acquisti effettuati prima che Apple la eliminasse dallo Store.
Il quale oggi annovera tra 1,3 milioni di app numerosi titoli banali e anche stupidi, ma sicuramente sbatterebbe la porta in faccia a una nuova I Am Rich. Di contro è curioso scoprire come dal 25 settembre 2010 ne sia disponibile una copia fedele su Google Play, per quanto a prezzo inferiore.
Fuori dai casi limite, anche l’idea applicativa migliore del mondo non basta da sola per convincere Apple, poiché deve rispettarne le linee guida, strutturate in ben 28 capitoli che regolano diversi aspetti, dalle notifiche push ai marchi registrati, ai contenuti ospitati (video, immagini, suoni, musiche), all’interfaccia utente (la mia preferita!) fino ai contenuti offensivi, pornografici, pericolosi per la privacy o ingannevoli. Senza dimenticare il rispetto di religioni e culture e la tutela dei minori.
Insomma non si sono dimenticati niente e, anzi, se siete convinti di aver trovato un cavillo non regolato da Apple e non presente nel suo regolamento, consiglio di non fidarvi troppo perché molto probabilmente sta per uscire un aggiornamento delle guideline relativo a quel punto.

Il 28 agosto 2014 Apple ha condiviso i dieci motivi principali per i quali respinge una app candidata alla pubblicazione:

  • Compilazione incompleta della modulistica per la pubblicazione dell’app (14 percento).
  • Bug macroscopici (8).
  • Mancato rispetto degli accordi di licenza (6).
  • Interfaccia utente non all’altezza (6).
  • Nome, schermate o descrizione incoerente rispetto al contenuto e alla funzione della app (5).
  • App fraudolente, ingannevoli o troppo simili ad altre app per nome o icona (5).
  • Il nome dell’app è diverso da quello che appare dopo l’installazione (4).
  • App contenenti moduli con campi di testo precompilati (4).
  • Classificazione inappropriata (3).
  • App in versione beta, demo, trial o test (2).
  • Tutto il resto (42 percento).

In verità è proprio questo 42 percento, che deve preoccupare di più, perché è quello meno prevedibile. Inoltre probabilmente comprende casi che riguardano la ragione stessa di esistenza dell’applicazione, quindi inesorabilmente destinata al rifiuto.
Ecco perché, al momento di concepire una nuova app, è bene che tra le azioni preventive vi sia anche un audit di App Store, alla ricerca di app magari troppo simili, e però anche un’ipotesi sul perché Apple potrebbe rifiutarla. Magari il concetto rivoluzionario che avevamo in mente lo hanno sviluppato già innumerevoli altri e l’idea manca su App Store solo perché è stata sistematicamente cassata.
Oppure perché si sono commessi errori marchiani in una implementazione magari raffinata. Qualcuno si è visto sbarrare le porte di App Store perché nell’interfaccia era presente un pulsante chiudi app. Dopo anni di design di prodotto spesi da Apple per arrivare a un apparecchio con un solo pulsante fisico nella parte frontale.

Passo e… chiudo!
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