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Trenta giorni sulla Baia

04 Agosto 2014

Trenta giorni sulla Baia

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Dove l'autore si prepara a tornare sul luogo di un "delitto" di gioventù e lasciarsi contaminare dall'avanguardia del digitale.

Quando nei mesi scorsi ho iniziato a dire ad amici e parenti che quest’estate sarei andato un mese a San Francisco, il commento più comune è stato ma perché te ne stai un mese nella stessa città? In un mese potresti farti un bel giro degli Stati Uniti. Obiezione legittima, che però non tiene conto di alcuni aspetti fondamentali, oltre a quello più intuitivo del limite di budget.

Un proverbio afferma che la differenza tra il turista e il viaggiatore sta nel fatto che il secondo potrebbe anche non tornare. Io aggiungo che il turista è tra i due quello che si accontenta di vedere dei posti (magari scattando migliaia di fotografie) mentre il viaggiatore preferisce viverli. Ci sono infatti luoghi e soprattutto città il cui vero valore sta in fattori che non si possono notare in una visita di tre o quattro giorni: i ritmi, lo stile di vita, la mentalità, le radici culturali, le stratificazioni etniche. San Francisco è una di queste. E lo è ancor più in un periodo storico come quello attuale nel quale si trova ad essere simbolicamente la capitale mondiale dell’innovazione, in quanto sede delle principali realtà che guidano il mondo dei servizi Internet.

Se avete visto il film The Social Network che racconta in versione romanzata la storia della nascita di Facebook, avrete presente la scena in cui Zuckerberg e Saverin discutono in modo acceso della scelta (consigliata da Parker) di spostarsi in California nella Bay Area. Saverin non è molto d’accordo ma Zuck chiude la discussione con la frase California is the place we’ve gotta be. L’aneddoto risale agli albori di Facebook (quindi circa dieci anni fa), ma oggi sarebbe ancora più valido.

Lì c’è la massa critica, quella concentrazione di persone, enti, iniziative capace di aumentarne esponenzialmente il valore e le potenzialità. A tal punto che qualsiasi cosa accada lì diventa cool per il semplice fatto di accadere lì; e subito si trova sotto i riflettori di tutto il pianeta.

Vi siete mai chiesti perché proprio a San Francisco? Non c’è una risposta univoca. Quasi sempre in questi casi la spiegazione va cercata in una serie di concause, di convergenze positive che catalizzano le energie, i talenti, gli investimenti, gli sguardi degli osservatori.

La mia interpretazione è che lì ci sia quel giusto mix tra progresso scientifico-tecnologico e spirito hippie (è pur sempre la culla dei figli dei fiori): nonostante gli anni sessanta siano passati da un po’, i californiani sono di certo più propensi al relax and take it easy rispetto agli americani della East Cost. Si aggiunga un fondamentale aspetto di piacevolezza paesaggistica e climatica, ed ecco che quella terra diventa l’ideale attrattiva per le menti più frizzanti, creative e innovative del pianeta.

Startup in San Francisco

San Francisco è probabilmente la capitale mondiale delle startup.

Di questo ho bisogno per staccare realmente dalla routine: di un’esperienza formante e arricchente, e non tanto di andare in giro a scattare foto. L’unico modo per assorbire qualcosa di quella atmosfera è rimanere lì un po’ di tempo, prendersi i propri tempi, conoscere persone, partecipare ad eventi… insomma, farsi contaminare un po’. E in quest’ottica vi assicuro che un mese è ancora troppo poco.

Dunque il volo e l’appartamento sono prenotati da aprile: arriverò là nella serata di mercoledì 6 agosto e rientrerò in Italia il 5 settembre. In questi trenta giorni oltre a frequentare una scuola di inglese la mattina, farò attività di volontariato presso i vari enti no profit attivi in città, rivedrò vecchie conoscenze e cercherò di agganciarne qualcuna di nuova, parteciperò a conferenze e meeting tra i vari presenti, nonostante non si tratti del periodo più attivo dell’anno (basta andare su siti come MeetUp e EventBrite per avere l’imbarazzo della scelta).

Sono davvero felice che gli amici di Apogeonline abbiano accettato di dare spazio ad un mio piccolo diario di viaggio grazie al quale potrò condividere gli episodi più interessanti di questi trenta giorni. Oltre ai post qui pubblicati, ci saranno quelli (più o meno giornalieri) pubblicati sul mio blog e sui miei canali social sotto lo hashtag #30SFdays, nonché un apposito album fotografico su Facebook che linkerò nei prossimi post, analogo a quello della mia esperienza del 2011.

Ciò che ho scritto è infatti basato sul fatto che tre anni fa ho trascorso a San Francisco cinque mesi in occasione del mio dottorato. Un periodo tra i più felici della mia vita; un’esperienza determinante, grazie alla quale mi sono creato una serie di contatti personali e vere e proprie amicizie; non basta seguirle su Facebook per mantenerle vive. Ah beh, allora cambia tutto! direte adesso. Sì, in effetti tutto cambia. E se aggiungiamo che un famoso brano recita I left my heart in San Francisco capirete la trepidazione che provo in questi giorni per la partenza.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

Apogeonline è in vacanza fino al 22 agosto e tuttavia alternerà agli articoli migliori della stagione uno straordinario diario di viaggio dalla California del nostro Simone Aliprandi: interviste, eventi live e altro purché interessante, nel pieno della Silicon Valley. Sarà una vacanza speciale!

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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