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Chi cerca tratta

15 Maggio 2014

Chi cerca tratta

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Il giudice ha stabilito che l'attività di un motore di ricerca deve rispettare la normativa sulla privacy. Finisce l'irresponsabilità?

È di sei settimane fa la notizia di una multa di un milione di euro inflitta a Google dal Garante Privacy per non aver reso riconoscibili a sufficienza le Google Car sguinzagliate nel 2010 sul territorio italiano per il servizio Street View.
Una somma che Google penso possa tirar fuori dalla tasca come noi facciamo quando un amico ci dice che non ha moneta per prendere il caffè al distributore; e che probabilmente è stata preventivata nel business plan di un progetto lungimirante come Street View. Quasi a dire che in fondo anche la privacy ha il suo prezzo, come segnala Gianluigi Marino in un’interessante analisi uscita a ridosso dell’evento.
C’è poi un aspetto ancora più controverso e peculiare della tutela della sfera privata intesa in senso più ampio, che va sotto il nome di diritto all’oblio: poter essere lasciati in pace e non essere ricordati in eterno per fatti che in qualche modo ci hanno coinvolto. Un problema squisitamente nuovo, di quel mondo in cui basta una ricerca di pochi secondi in rete per sapere tutto di tutti, anche fatti ormai passati.
Scalpore aveva creato l’ordinanza ottenuta in Italia nel 2011 che obbligava Google, in certi casi, ad agire sui meccanismi del sistema di autocompletamento del motore di ricerca. Il diritto all’oblio in quella sede non era centrale, ma intanto si era aperta la voragine sul ruolo di un soggetto come Google: mero fornitore di un servizio basato su asettici criteri statistici, o scaltro burattinaio del web che decide secondo sue logiche quali informazioni mettere in evidenza e quali no? Un dubbio ancestrale che Internet si porta dietro fin dalla nascita e diventa il principale tra i nodi del diritto delle nuove tecnologie: la responsabilità del service provider, con la sua portata e i suoi limiti.

Fori Imperiali su Street View

Sui Fori Imperiali tutto bene; le persone, invece?


Di recente una sentenza della Corte di Giustizia UE ha confermato l’esistenza del diritto all’oblio (perché alcuni avevano obiettato anche su quello) e la meritevolezza della sua tutela. Non solo; la Corte ha stabilito che, tendenzialmente, il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi. Una conclusione pesante, che non permetterebbe a soggetti come Google di trincerarsi facilmente dietro la solita obiezione noi non c’entriamo nulla con quello che viene pubblicato in rete; noi facciamo solo il motore di ricerca.
La Corte ha infatti ritenuto che l’attività tipica di un motore di ricerca avanzato come Google integri a tutti gli effetti la fattispecie di trattamento di dati personali e quindi il gestore del servizio perda quello schermo di irresponsabilità garantito ai semplici service provider (si veda il comunicato stampa 70/14). La Corte ha poi precisato che:

nella misura in cui l’attività di un motore di ricerca si aggiunge a quella degli editori di siti web e può incidere significativamente sui diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali, il gestore del motore di ricerca deve garantire, nell’ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che detta attività soddisfi le prescrizioni della direttiva sulla privacy.

Una sentenza importantissima che necessita sicuramente di essere debitamente commentata e digerita, specie perché non corrisponde ad orientamenti costanti dei vari giudici ma cerca di ridefinire giuridicamente una materia davvero sfuggente. Una lezione possiamo però già trarla: Internet, in tutte le sue manifestazioni, è un fenomeno ancora lontano dall’avere uno stabile inquadramento giuridico.
Il testo di questo articolo è sotto licenza http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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