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Selfie, Internet degli oggetti e altra privacy

17 Gennaio 2014

Selfie, Internet degli oggetti e altra privacy

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In un 2014 critico per la privacy e la sicurezza, collettiva e individuale, sarà più difficile capire da chi e come difendersi.

Pare che selfie sia la parola dell’anno 2013 e che Edward Snowden sia l’uomo dell´anno almeno per alcuni. Snowden e privacy sono invece le parole che hanno meglio fotografato il panorama del 2013: dopo molto tempo i diritti civili hanno occupato un posto di rilievo senza cedere il passo al terrorismo, termine che poneva fine a qualsiasi discussione sulle organizzazioni deputate a garantire la sicurezza delle persone.
Non so dire se la privacy sia minacciata maggiormente dai giganti del web o dai governi. Snowden ci ha mostrato come le entrambe le minacce convergano, così che i governi attingono ben più e ben oltre quanto si potesse supporre ai database dei colossi online. L´unica consolazione è che neppure la NSA è stata capace di proteggere la propria privacy nei confronti di Snowden.
I documenti rivelati da quest’ultimo sono probabilmente una piccola parte rispetto a quelli raccolti. Le rivelazioni riguardano la infobulimia che ha investito la NSA, la quale raccoglie e cataloga informazioni che vanno dai metadati delle telefonate (chi chiama chi, per quanto tempo conversa, dove si trova eccetera) alle abitudini online magari censurabili di qualche personaggio di interesse. Che poi possa nascere la tentazione di un uso illecito o illiberale di dati così capillari e inutilmente abbondanti, non dovrebbe stupire:

La sezione 215 del Patriot Act non si è dimostrata essenziale per prevenire alcun attacco terroristico e ha contribuito a portare alla luce “solo alcuni” dei 54 complotti dichiarati dall’ufficio del direttore dell’intelligence americana.

La reazione delle aziende private, evidentemente danneggiate nei loro affari dalle rivelazioni, ha mostrato un apprezzabile tentativo di maggior trasparenza. Persino aziende come AT&T e Verizon hanno promesso di documentare in trasparenza le loro relazioni con il governo. Nel frattempo però Lavabit ha chiuso, piuttosto che cedere alle richieste del governo.
L´altro leitmotif del 2013 è stata l’Internet degli oggetti. Che si tratti di auto, stazioni barometriche, baby monitor, contatori dell´energia, tutto pare destinato a connettersi online, anche se nessuno ha mai pensato a quali rischi questo comporti. Tutti gli oggetti smart si possono rivelare stupidamente pericolosi per chi li usa senza rendersi conto di quanto succeda. Che si tratti del baby monitor hackerato da qualche vicino o del televisore che decide di raccontare quello che facciamo (o quali file abbiamo disponibili in rete!), questi oggetti raccolgono di continuo informazioni che poi inviano tipicamente al fabbricante. Nel caso migliore.

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