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Cifrare o crittare, questo è il problema

01 Agosto 2012

Cifrare o crittare, questo è il problema

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Le parole sono importanti, disse il celebre regista. Per il crittanalista è importante quello che vi si nasconde. Per tutti è essenziale la chiarezza sul significato dei termini.

Il dibattito su cifratura e crittografia è all’ordine del giorno, ma regna confusione sui termini. Questo post non mira a introdurre nuove nozioni quanto a chiarire la materia, l’ideale per chiudere il mese di luglio e andare sotto l’ombrellone con un bel manuale di crittografia da studiare!

L’italiano ha “importato” la parola cifra dall’arabo cifr, in origine vuoto, zero. in seguito il termine venne utilizzato per qualunque segno di numerazione ed è presente in diverse lingue (in francese chiffre, in inglese cipher). In effetti i numeri sono stati portati in Europa dagli Arabi, che a loro volta li avevano conosciuti in India.

Le origini della parola cripta sono invece più semplici in quanto si rifanno al greco, attraverso il latino, significando luogo nascosto.

Il termine codice viene dal latino codex è venne utilizzato inizialmente per indicare un manoscritto, un libro. Nel 528 l’imperatore Giustiniano affidò ad una decina di tecnici il compito di sistematizzare le leggi esistenti ed eliminare quanto desueto, per porre fini alle lungaggini processuali. A distanza di 15 secoli pare che le necessità non siano molto cambiate, ma Giustiniano era convinto che tale opera avrebbe cristallizzato il diritto, offrendo la certezza dello stesso, con attenzione al monito di Tacito:

Corruptissima re publica, plurimaæ leges.

Il risultato non fu esattamente quello sperato e pochi anni dopo Giustiniano ci dovette rimettere mano. Non sembri quindi bizzarro che con il termine codificare si intenda in italiano tanto riunire in un codice (inteso come manoscritto, come attività di catalogazione e classificazione), quanto attribuire un codice, ovvero un cifrario.

In inglese esistono diversi verbi e diverse espressioni che si rifanno all’una o all’altra origine ma sono spesso considerate equivalenti. È possibile quindi scegliere tra (de)crypt o (de)cipher, (de)code o crack, (un)scramble eccetera.

Sui principali dizionari italiani troviamo il verbo criptare (o crittare) che il Sabatini-Coletti definisce come attribuire un particolare codice a un segnale o a una serie di dati, in modo da renderne possibile l’accesso solo a chi ne ha diritto: c. un programma televisivo; il verbo cifrare invece non esiste, mentre decifrare significa Interpretare uno scritto cifrato: d. un testo; estens. leggere una scrittura poco chiara; risolvere qlco. di difficile: d. una parola illeggibile, un rebus; ovvero in senso figurato interpretare, comprendere qualcosa di oscuro, cioè intuire.

Ritengo che la scelta dipenda più dal gusto e dalla sensibilità del singolo che non dalla sua presenza nel dizionario. Se dall’unione di cripta e grafia (cioè scrittura) deriva crittografia, sostanzialmente scrittura nascosta ovvero incomprensibile ai non autorizzati, che cosa vieterebbe di utilizzare forme quali crittare o decrittare? Allo stesso modo credo si possa ragionare per cifratura, cifrare e decifrare. Che cifrare non venga riportata nei dizionari non mi pare un grosso problema: se si può de-cifrare qualcosa, sarà ben perché qualcuno ha compiuto un’azione contraria in precedenza, cifrando il messaggio!

Insomma, se proprio volessimo abbondare in finezze potremmo sempre sostenere che cifrare e decifrare si debbono utilizzare quando il messaggio sia stato offuscato in cifra, tramite numeri, mentre un testo viene criptato quando è semplicemente nascosto, magari utilizzando un alfabeto arbitrario. Per la codifica infine mi limiterei a pensare ad un codice, un sistema di corrispondenze.

Qualcuno può pensare che, non esistendo in inglese to crypt (esiste to encrypt), crittare non sia il massimo (magari crittografare suona meglio). Insomma si tratta di un tema in cui matematici, informatici e linguisti fanno fatica a sincronizzarsi. L’importante è non fare confusione, specie quando dalla sostanza che è dietro queste acrobazie lessicali dipende la sicurezza di dati sensibili.

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