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Innovazione, le priorità per il nuovo governo

23 Novembre 2011

Innovazione, le priorità per il nuovo governo

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Il cambio di esecutivo ha congelato i pochi progetti in corso sul fronte dell'innovazione legata alla rete, ma apre spiragli perché un'agenda digitale entri finalmente tra gli obiettivi dei nuovi ministri

Adesso si torni a parlare di agenda digitale, per far crescere l’Italia. Dalle ceneri del governo Berlusconi e nell’infanzia del governo Monti, è questa l’idea che germoglia: un’urgenza, pressante, di cambiamento. Di spingere le aziende e la pubblica amministrazione nelle braccia del digitale, soprattutto. È un’esigenza chiara agli esperti e ai politici più attenti ai temi dell’innovazione e comincia a prendere forme nelle stanze dei nuovi ministri. Lo scopo è duplice: riprendere in mano le questioni lasciate in sospeso dal precedente governo e affrontare quelle trascurate del tutto. Ma da dove cominciare?

Obiettivi

Le priorità in fin dei conti sono facili da individuare. Basta leggere gli obiettivi dell’Agenda Digitale 2020 e vedere dove l’Italia è maggiormente in ritardo sul percorso. Pare che mettersi in pari con l’Europa sia proprio tra le priorità già individuate da Corrado Passera, neo ministro per lo Sviluppo economico e per le Infrastrutture e Trasporti. E quindi: ce la caviamo per copertura banda larga classica (Adsl), andiamo bene per tutto quello che riguarda la mobilità, abbiamo un ritardo per diffusione di Internet, ma siamo un vero e proprio disastro per gli utilizzi “hardcore” della rete. L’e-government e l’e-commerce, in particolare da parte delle imprese piccole e medie. Insomma, è una lacuna bella grossa: è come dire che il nostro tessuto produttivo ancora non sfrutta davvero i vantaggi del digitale. Per l’e-commerce dei consumatori ci sono stati recenti segni positivi: nel 2011 per la prima volta abbiamo cominciato a recuperare il ritardo con l’Europa, stima il Politecnico di Milano.

Occupiamoci dell’e-government, quindi. «È questa la priorità, perché dopo tutto il problema del digital divide della banda larga è in via di risoluzione», dice Cristoforo Morandini, di Between, tra i principali osservatori che hanno tracciato i risultati italiani nei confronti dell’Agenda Digitale europea. «Adesso per prima cosa il rischio è di perdere anche quei passi avanti fatti con la riforma Brunetta. Ci sono tante cose appese a un filo», dice. Tra gli ultimi atti del governo c’è stata la digitalizzazione dei certificati medici e delle ricette (per queste c’è un decreto del 2 novembre). Sono pochi Cup online, invece (centro prenotazione degli esami): ce l’hanno solo alcune Asl dell’Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia e Piemonte. Pochissime le Asl che riforniscono i referti online: solo il 29% (secondo i dati ministeriali aggiornati a luglio 2011). Non sono arrivati in tempo i decreti attuativi per lanciare i pagamenti in digitale a/da le pubbliche amministrazioni e il problema è che non c’è la necessaria copertura finanziaria.

Banda larga

In particolare sono pochissimi ancora i Comuni che accettano transazioni economiche da cittadini e aziende. Va monitorata e accompagnata la diffusione della posta elettronica certificata, adottata ancora da un numero insufficiente di PA e cittadini. Una volta affinati gli strumenti di interazione tra amministrazioni e cittadino bisognerebbe poi, forse, avere il coraggio di fare lo switch off, come suggeriscono alcuni esperti: «Obbligare tutti a usare solo il digitale per gli atti della e verso la pubblica amministrazione», dice l’avvocato Ernesto Belisario. Basta carta e chi è tecno-refrattario dovrà imparare o avrà problemi. «Sono necessarie misure di incentivo alla domanda: per diffondere i servizi e-government e banda larga», dice Paolo Gentiloni (PD). Quanto ai piani di copertura, com’è noto il precedente governo ha sottratto le risorse che dovevano arrivare alla banda larga dai proventi dell’asta frequenze 4G.

È probabile comunque che con altri fondi, anche comunitari, si riesca a eliminare il digital divide entro il 2013, com’è nei piani della società di scopo Infratel, coprendo tutti con almeno i 7 Megabit. Il problema è il futuro: l’Italia non ha un piano nazionale condiviso, al momento, per la banda larghissima (fibra ottica a 100 Megabit). Non ci sono alleanze fattive tra operatori, né piani coordinati dallo Stato. Al momento c’è solo il piano Telecom Italia, che nell’immediato riguarda sette città (quattro già raggiunte dai servizi commerciali) e nel medio periodo 13. Poi ci sarebbe il progetto Metroweb, che deve però ancora trovare le risorse e comunque rischia di essere limitato a pochissime città del Nord. Si è impantanata l’idea di una norma per foraggiare il progetto con i fondi della Cassa Depositi e Prestiti. «Se ne esce solo se il nuovo governo riuscirà a vedere nella banda larga un potere anticiclico, per la ripresa economica dell’Italia», dice Vita (PD). È d’accordo Roberto Cassinelli (Pdl): «In un momento di crisi, il governo ha l’opportunità di sfruttare l’innovazione come trampolino per il rilancio. È ormai evidente a tutti, infatti, l’importanza di internet anche in ottica macroeconomica (notizie recenti parlano del 2% del Pil nazionale, con ottime prospettive di crescita). Auspico perciò che il nuovo esecutivo sappia attuare efficacemente una strategia di sostegno e diffusione dell’innovazione tecnologica».

Obiettivi chiari

Come? Rinnovando innanzitutto le nostre infrastrutture telematiche affinché sia disponibile a tutti una connettività adeguata ai moderni strumenti del web. L’Italia, inoltre, è ancora arretrata rispetto ai maggiori partner europei per quanto riguarda la copertura WiFi del territorio: le odierne esigenze di mobilità impongono di intervenire per consentire l’accesso a internet praticamente ovunque. Sarebbe infine un buon segnale se le istituzioni si dimostrassero coscienti delle potenzialità offerte dalla tecnologia e utilizzassero il web in maniera sempre più trasparente ed interattiva». «Tali interventi andrebbero inseriti in un più ampio contesto: l’Italia ha bisogno di darsi una vera e propria politica digitale, con obiettivi chiari e scadenze da rispettare. La creazione di un ministero per Internet, da alcuni proposta nei giorni scorsi, è un’idea tutt’altro che balzana», continua Cassinelli.

Per trovare nuovi fondi, c’è sempre l’idea sostenuta dalle opposizioni nel precedente governo: «Chiedere soldi alle emittenti tv per le nuove frequenze del digitale terrestre», dice Vita. Idea che era diventata una proposta, bocciata per un soffio. Ma considerando il frangente economico e politico, e i ritardi che sta subendo il beauty contest per le frequenze tv, c’è di nuovo spazio per riprovare a rilanciare la proposta. Secondo alcuni, Passera ci sta effettivamente pensando.

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