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Twitter in redazione inseguendo la Storia

24 Ottobre 2011

Twitter in redazione inseguendo la Storia

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La cattura di Gheddafi vista attraverso i media che guardano il social network: un problema di messa a fuoco

Twitter, ci sembra di saperlo, è diventato un elemento centrale nel sistema dell’informazione. Certo, è vero che spesso i giornalisti scovano elementi notiziabili nei tweet o raccontano gli umori collettivi condendo i propri servizi con quello che le persone twittano. Come ho già raccontato: cambia il pescato dell’informazione e spesso sul bancone vengono spacciati per freschissimi pesci surgelati o per tagli pregiati fondi di paranza. Qualche altra volta invece è a partire da una pesca più attenta dei fondali e dei movimenti dei branchi, che fortunata, che scaturiscono news profonde.

Gheddafi

Così nel racconto di eventi centrali, come l’uccisione di Muʿammar Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī, conosciuto in Italia come Colonnello Gheddafi, era inevitabile che i media si confrontassero con quello che le persone hanno commentato su Twitter. E i primi pezzi usciti, a ridosso delle prime news, sono stati i tipici pezzi di costume. Come quello online del Mirror: «Gheddafi morto: gli utenti di Twitter vedono il lato divertente della scomparsa del tiranno». Due righe di introduzione e via con una sequela di tweet di più o meno dubbio gusto. Oppure quello del Daily Blend: «Moammar Gadhafi’s Reported Capture, Death Prompt Twitter Reaction From Sports World». Oppure quello del Periscope Post che raccoglie le migliori reazioni su Twitter: l’Associated Press che scrive: «La fine di Gheddafi è l’ultimo paradosso. Ha predicato un’utopia rivoluzionaria ai libici ma questo principio ha alimentato la rivoluzione contro di lui. –EF».

Cose così, dove la vera news è più Twitter in sé, come ineliminabile elemento di novità entrata nelle nostre vite informative, che il fatto della cattura/uccisione di Gheddafi. Per capirci: pochissimi media hanno pensato a Twitter come strumento di testimonianza in tempo reale, come luogo in cui cercare l’informazione. In particolare all’inizio, quando non erano confermate né la cattura né l’uccisione. Potremmo vedere le cose da questo punto di vista: Twitter può essere utilizzato come fonte informativa oppure dobbiamo rassegnarci a vederlo come un ormai inevitabile corollario di costume? Oppure: il giornalismo pensa ai contenuti prodotti in Rete, nei blog e nei social network come fonti informative oppure come occasionali materiali che si incontrano, utili a produrre un corollario alla “serietà” delle news?

Le lenti di Holly

Per capirci: bastava seguire l’hashtag #Gaddafi o #Gheddafi o #Lybia. Avreste scoperto il canale di Holly Pickett, che è una foto giornalista freelance – nel suo blog The Pickett Lens trovate nell’ultimo post uno spaccato per immagini dell’Egitto nel 2010 e nel penultimo quelle della rivolta tunisina. Holly ha raccontato in una sequenza di Tweet che cominciano con:

I saw the body of Col. Muammar #Gaddafi. So weird. #Sirte #Libya.

È stato re-twittato direttamente più di 60 volte, abbastanza per galleggiare nello stream. Holly ha seguito l’ambulanza che trasportava il corpo vedendo l’esultanza ai check point; tre ribelli le hanno mostrato un video in cui Gheddafi era sanguinante ma vivo; ha colto i dubbi su Twitter circa la morte del dittatore e ha continuato il suo lavoro di testimonianza spiegando chiaramente le motivazioni:

I was a little afraid that this would turn into another undocumented rumor. That’s why I chased the ambulance with #Gaddafi‘s body. #Libya.

Solo l’ABC ci ha costruito un pezzo. Il giorno dopo. E la foto di Holly Pickett che rappresenta il I saw the body è diventata parte di un fotoracconto del Time sull’evento. Poi.

Twitter in redazione

Discutere del ruolo dei social media per il giornalismo è oggi non solo centrale, ma anche di vitale importanza. Infatti la relazione sempre più stretta fra contenuti in tempo reale, flusso degli eventi e possibilità di moltiplicare le fonti di diversa natura (scritte e audio-visive) si intreccia con le tematiche della democratizzazione dell’informazione e anche con i rischi di disinformazione e manipolazione. Non sempre quindi gli intrecci e i percorsi sono chiari. Eppure ci troviamo di fronte a una trasformazione culturale che vede giornalisti produrre contenuti originali su Twitter, appropriandosi così in prima persona delle logiche del mezzo e vediamo organizzazioni e persone singole che esprimono in tempo reale consenso e dissenso commentando i fatti del giorni e lanciando news originali.

Spesso le redazioni non sono particolarmente preparate nel riconoscere ed utilizzare il valore informativo che si produce in rete, ad esempio su Twitter, che al momento più di tutti costituisce un interessante campo di sviluppo di competenze informative e di diffusione. Non si tratta infatti di tradurre come notizie unicamente eventi “interni” alla Rete – una pagina Facebook polemica su questo o quello o un litigio via Twitter – o i modi che la Rete ha di commentare gli eventi del mondo. Pensare al valore di archiviazione e aggregazione dei tweet, ad esempio, come vere e proprie fonti, come di fatto suggerisce l’operazione della Biblioteca del Congresso mostra che il senso della Storia è rintracciabile anche lì, nelle storie che produciamo, condividiamo e rilanciamo. Pensare allora questo apparente mare magnum come una “fonte” rilevante richiede di dedicare tempo alla ricerca di metodi di filtraggio e organizzazione di contenuti, richiede di costruire una sensibilità del giornalismo verso questo tipo di dati e, soprattutto, di integrare la pratica dello stream nelle redazioni. La consapevolezza di confrontarsi con questo modo di produrre e condividere in tempo reale news di peso diverso diventa sempre più centrale per gli utenti/produttori: il giornalismo professionale non può limitarsi a curiosare perché anche la loro Storia passa di lì.

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