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Toc 2011, l’editoria prescinde dalla carta

17 Febbraio 2011

Toc 2011, l’editoria prescinde dalla carta

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Dal nostro inviato a New York, dove si è chiuso da poche ore uno degli eventi mondiali di riferimento per l’editoria digitale.

Solo dodici mesi fa l’edizione 2010 del Toc-Tools of change for publishing decretava l’entrata del mondo editoriale nell’era digitale. A dodici mesi di distanza l’edizione 2011 offre lo spunto per cominciare a tirare qualche somma e tracciare scenari futuri. Il Toc  ogni anno informalmente si caratterizza intorno a un tema, o meglio intorno a una sfida che gli editori stanno affrontando o devono affrontare: nel 2009 la chiave di lettura era “andare verso il digitale”, nel 2010 il libro elettronico e le sue potenzialità arricchite. Il 2011 sembra invece essere l’anno in cui ripensare il modello distributivo liberandolo da vincoli geografici che di fatto il digitale annulla.

Una sfida non semplice

La questione non è banale e gli interessi coinvolti sono potenzialmente molti e importanti: per l’editore si tratta di una sfida ben più complicata del semplice ripensare il libro e il suo workflow in chiave digitale. Cambiare modello distributivo significa rivedere gli strumenti contrattuali consolidati e utilizzati da editori, autori e agenti. Ma ha conseguenze anche sulle regole che ora governano il commercio dei contenuti su base territoriale. In questo contesto Patricia Arancibia di Barnes & Nobles sale sul palco del Toc per presentare il negozio online di ebook in lingua spagnola dedicato al mercato statunitense lo scorso novembre. La motivazione è semplice: la popolazione latino-americana in America è in crescita e conseguentemente il mercato di ebook in questa lingua può solo aumentare. Barnes & Nobles sta quindi lavorando stipulando accordi commerciali di distribuzione e dimostrando di voler sfruttare la facilità con cui i contenuti viaggiano in digitale, senza però mettere in discussione il modello distributivo su base geografica. Sarà interessante vedere se questa strategia sarà replicata in altre lingue e in altri paesi e con quali modalità.

La produzione degli ebook è un tema nel complesso poco dibattuto al Toc di quest’anno. Sembra che gli editori abbiano ormai acquisito il know how necessario o abbiano risolto il problema appoggiandosi a strutture esterne. Al lungo (più di tre ore) workshop di Joshua Tallent dedicato alla produzione di ebook in formato epub (ormai lo standard consolidato) i presenti sono circa 80, pochi se si pensa che il Toc 2011 è andato esaurito con oltre 1.300 partecipanti. Tuttavia rispetto al 2010 emerge una novità significativa. Gli editori sono chiamati a imparare non tanto le tecniche di conversione di un libro in digitale, ma le tecniche di design. In maniera del tutto analoga a quello che ormai è consuetudine nella pratica del web design, l’editore deve essere in grado di applicare un design diverso a seconda del tipo di contenuto e quindi del tipo di ebook che vuole produrre. Vengono quindi sfatati un paio di miti: la produzione di un buon ebook non è economica né a costo zero, Xml è uno strumento ma non l’unica via per l’editoria digitale. Mentre questo viene detto, l’Idpf rilascia il draft delle specifiche epub3, da tempo atteso per superare i limiti della versione ora in uso.

Da epub2 a epub3

Epub3 promette di portare nuove possibilità e soluzioni per l’editoria digitale, soddisfacendo editori di libri e giornali, aprendo le porte a una multimedialità fino ad ora sacrificata e creando i presupposti per pubblicazioni realmente accessibili. Per fare questo si appoggia a due tecnologie web evolute (anche se ancora in via di sviluppo) Html5 e Css3. Ne deriva però che negli epub di nuova generazione codice pulito e correttezza formale saranno imprescindibili. Considerando poi che epub3 migliorerà anche l’integrazione con Svg e linguaggi come Javascript, nelle redazioni del futuro prossimo dovranno affacciarsi nuove figure professionali: redattori per il contenuto ma anche il markup, grafici in grado di lavorare con i linguaggi Css e Svg, registi per contenuti multimediali, programmatori per lavorare sulla logica e il comportamento. Questo almeno per chi vorrà provare a ottenere ebook che non siano solo la fotocopia digitale della versione cartacea. In questo scenario i reparti produttivi tradizionali e digitali all’interno di un editore dovrebbero essere sempre più sovrapposti e non nettamente separati come oggi normalmente avviene.

Ma c’è di più. Creare cataloghi digitali significa non solo creare ebook, ma anche gestire in maniera completa e puntuale tutti i metadati necessari a descriverli. Si tratta di un aspetto spesso lasciato in ombra e delegato più che altro alle strutture commerciali, ma uno dei grandi problemi che oggi caratterizzano il mercato degli ebook è la cattiva descrizione dei titoli commercializzati negli store online. In uno scenario dove per il libro divenuto elettronico perde di senso la parola edizione in favore della parola versione, l’unico strumento che l’editore ha per tenere traccia delle evoluzioni nel suo catalogo è l’accurata compilazione dei metadati: questo investimento in termini di tempo e risorse ripaga sul lungo periodo migliorando la distribuzione e di conseguenza offerta e vendite. Una soluzione che viene lanciata sul palco del Toc è il progetto OPDS in pratica una syndication su base Atom semplice, ma allo stesso tempo potente e soprattutto dedicata all’editoria digitale.

Editoria tra applicazioni e social media

Altri tre temi fanno poi capolino tra le varie sessioni del Toc: la crescente attenzione per contenuti editoriali in forma di applicazione, gli enhanced ebook, il peso dei social media. Sul primo si registra un approccio più professionale rispetto al recente passato, sottolineandone opportunità, ma anche costi di avviamento reali (20.000 dollari il costo per partire con un app ben congenata e sviluppata): cifre non enormi ma neppure trascurabili per gli editori medio piccoli. Per l’editore che ancora deve capire appieno l’oggetto ebook, l’investimento in app deve essere accurato e ragionato e non dovrebbe prescindere – ancora una volta – dal coinvolgimento delle redazioni e dei reparti che più lavorano sui contenuti, solo così si può pensare di costruire in knowhow per affrontare in maniera consapevole la sfida del digitale. L’enhanced ebook, dopo gli entusiasmi suscitati nell’edizione 2010, sembra ancora più discussione che pratica: da una parte i limiti della specifica epub2 e della maggior parte degli ereader fino a ora disponibili, dall’altra l’idea che non ci sia un reale mercato ne hanno frenato la diffusione. In mezzo a questi discorsi si inseriscono i commenti di chi ritiene l’etichetta enhanced fuoriluogo notando come la più famosa applicazione enhanched fin qui realizzata, Google Maps, si chiami, appunto, semplicemente Maps e non abbia bisogno di attributi per convincere.

Infine l’importanza di un uso consapevole dei social network per gli editori ritorna con maggiore enfasi ma anche con un monito che deve far riflettere: i social network permettono di trovare, communicate e far conoscere nuovi autori, ma l’editore non può pensare di usarli senza prima conoscere o ignorando le regole della comunità che li abita e li alimenta. Ed ecco quindi il monito che virtualmente accompagna gli ultimi interventi e la chiusura dell’edizione 2011 del Toc, pronunciato da Brian O’Leary: la sfida oggi non è più essere editori nel digitale, ma essere rilevanti per i lettori che si rivolgono al digitale in cerca di contenuti. Ancora una volta c’è (ancora) molto da fare.

L'autore

  • Fabio Brivio
    Fabio Brivio, classe 1972, laurea in Storia Medievale e master in Informatica e Comunicazione, crede nella sinergia tra scienze umane e tecnologia. È responsabile per l’Editoria, la Formazione e il Web in Apogeo, editore del gruppo Feltrinelli specializzato in manualistica e saggistica tecnica e professionale. Si interessa di tatuaggi ed è affascinato dal significato dei segni. Quando può, cammina lungo antiche vie. Vive tra Milano e Bologna.

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