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I libri sono cambiati, come cambia l’editore?

17 Novembre 2010

I libri sono cambiati, come cambia l’editore?

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L'ebook è solo la manifestazione più appariscente di un'evoluzione molto più vasta, che interessa il mercato, le relazioni con i lettori, il senso stesso della mediazione editoriale. Come uscirne? Con ascolto, rispetto e trasparenza

Il libro è sempre stato qualcosa di più di un semplice oggetto. È un oggetto sociale e socializzante, attorno a un libro molto spesso si intrecciano conversazioni. Lo consigliamo agli amici, raccontiamo ai colleghi quanto ci sia stato utile, lo regaliamo per trasferire il messaggio dell’autore a un’altra persona. La natura del libro ha implicazioni anche sul nostro modo di sceglierne uno piuttosto che un altro. Ognuno di noi, quando cammina tra gli scaffali di una libreria, è colpito da una copertina o un titolo, ma i consigli dei nostri amici, le chiacchiere scambiate con il libraio oppure le impressioni che ci trasmette un incontro con l’autore inevitabilmente ci influenzano. Ma che cosa succede quando la libreria non è più un passaggio necessario? Che cosa succede quando la nostra rete di contatti non si limita alle persone che incontriamo ogni giorno, ma si estende a tutte le comunità di interesse che frequentiamo online attraverso i social media?

Cambia il rapporto con il libro e cambiano le abitudini dei lettori. L’editoria si trova di fronte a nuovi scenari e sfide non solo sul versante produttivo, ma anche su quello della comunicazione. In Rete, le persone chiacchierano dei libri che hanno letto o desiderano leggere continuamente. E sono sempre più indifferenti nei confronti delle altisonanti campagne pubblicitarie o delle recensioni dei critici. Sono le conversazioni con le persone di cui si ha fiducia – ovunque esse avvengano: su Twitter, in un forum, in un blog – a stimolare gli acquisti. Se questo discorso è valido per qualsiasi settore, a maggior ragione lo è in un’industria il cui cuore pulsante sono i contenuti, i pensieri, la conoscenza: l’editoria.

Imparare a conoscersi

In questo quadro l’editore deve in primo luogo porsi in ascolto, utilizzando gli stessi strumenti a disposizione dei lettori. Con la consapevolezza che, una volta immessa sul mercato, ogni copia di ognuno dei libri che ha prodotto, non importa se di carta o digitali, ha una vita autonoma nelle mani delle persone che lo hanno acquistato. Scoprirà così spazi della Rete in cui vivono appassionati dell’ultimo libro pubblicato. Imparerà a scontrarsi con le polemiche e le critiche, facendo i conti con punti di vista diversi, che meritano rispetto e possono essere rappresentativi di una parte della sua audience. Verrà a conoscenza delle esigenze del suo pubblico e potrà decidere di tenerle in considerazione in futuro.

Ascoltare le conversazioni non significa solo raccogliere idee, pensieri e feedback che possono migliorare la qualità dei prodotti, ma anche iniziare, lentamente, a conoscere la propria comunità di riferimento, le sue logiche, le sue esigenze. Solo riconoscendone il valore sarà possibile creare un legame. Solo così sarà possibile comunicare e comprendersi, perché si condivide lo stesso linguaggio. Ed è proprio la conoscenza del valore della comunità di riferimento quello che traspare dalla scelta di 40k Books di citare blogger o tweet di lettori invece che recensioni di critici nelle schede dei propri libri.

Creare valore collaborando

Se dietro a questa fase di “esplorazione” si cela però il desiderio di trovare solamente un nuovo spazio per il proprio banner, se si tenterà di replicare le vecchie logiche, allora ogni sforzo sarà vano. Piuttosto l’ascolto deve essere l’occasione per comprendere che i rapporti in gioco sono cambiati. Ora autore, editore e lettore condividono gli stessi canali di comunicazione e distribuzione. Questo rappresenta un’occasione unica per tutti i soggetti in gioco per «pensare di agire in termini collaborativi e non competitivi». Come sostiene Mafe de Baggis:

Imparare a progettare esperienze per una community invece di messaggi per un target è il passaggio più difficile, ed è quello che fa la differenza tra una strategia di relazione e una semplice tattica di occupazione dei social media.

L’editore ha la possibilità di diventare un catalizzatore, intersezione dei cammini di persone con interessi condivisi, con ruolo di community management. Le sue attività devono essere volte a supportare la comunità, aiutando le persone che ne fanno parte e generando un valore aggiunto per tutti i soggetti chiamati in causa. È il caso della community costruita da O’Reilly che, a partire dal sito dell’editore, si dirama su tutti gli spazi sociali online dove gli utenti si aggregano spontaneamente: Twitter, Facebook, Linkedin, YouTube. Spazi che sono diventati un punto di riferimento per chiunque sia interessato ai temi trattati perché luoghi in cui la volontà di condividere, collaborare, imparare è trasparente e spontanea. La visibilità e i vantaggi in termini di marketing sono una conseguenza.

Un modo di comunicare che si sforza di comprendere i nuovi strumenti a disposizione, piuttosto che forzarli è evidente anche in un caso italiano, quello di Einaudi editore che, con il suo uso estremamente mirato di Twitter, ha saputo sfruttare la caratteristica principale del Social Network, l’essenzialità, per seminare contenuti e raccogliere partecipazione. Sempre su Twitter, esemplare anche l’esempio di Pragmatic Programmers che invia una @risposta per segnalare agli utenti che hanno dimostrato interesse l’uscita di un nuovo libro.

L’anello mancante

Se l’editore riesce a fondare la propria identità su una rete di relazioni solide con «la parte abitata della Rete», allora può fornire anche ai suoi autori qualcosa di più. In una fase in cui chiunque può essere editore di se stesso, è sempre più importante fornire qualcosa agli autori che da soli non potrebbero ottenere. Se è vero che  i social media abilitano una disintermediazione del rapporto tra lettore e autore, perché forniscono la possibilità di comunicare tra loro in modo diretto e personale, è vero anche che non sempre gli autori hanno la possibilità o le competenze per farlo. L’editore può fare la differenza fornendo da un lato una maggiore visibilità ai suoi autori, data dalla vicinanza a audience qualificate e dall’altro maggiore qualità ai suoi lettori, perché il suo ruolo non è più solo quello di pubblicare, ma quello di fornire servizi sui contenuti.

Infine, i social media giocano un ruolo cruciale anche nelle logiche che si celano dietro i processi di acquisto sugli store online, in cui non è facile valorizzare un testo piuttosto che un altro, né è semplice indirizzare un lettore verso ciò che maggiormente lo interessa. È un aspetto questo che può trovare vantaggi dall’immersione degli store in contesti sociali, non solo includendo le recensioni dei consumatori, sullo stile del modello da anni attuato da Amazon, ma anche sfruttando le logiche a cui gli utenti dei social network sono abituati, fatte di like, condivisione, rating utilizzando strumenti e tecniche già sperimentate in altre industries. Senza dimenticare le potenzialità offerte dalla geolocalizzazione, che fornisce il punto di intersezione tra il mondo digitale e quello analogico.

Si tratta di uno scenario in costante evoluzione, in cui avere certezze o credere di avere ricette per il successo è controproducente, meglio iniziare a fondare la relazione con i propri clienti su basi nuove, improntate su rispetto e trasparenza reciproca e cercando sempre di imparare e lasciarsi guidare dai propri lettori.

L'autore

  • Federica Dardi
    Federica Dardi è responsabile comunicazione e marketing di Apogeo, dove potresti averla incontrata anche nelle vesti di editor. Dal 2006, infatti, lavora dove il digital marketing e l’editoria si incontrano, in agenzia prima, in azienda poi.

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