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Tv interattiva? Bastano le orecchie dell’iPad

23 Settembre 2010

Tv interattiva? Bastano le orecchie dell’iPad

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Il televisore che interagisce con lo spettatore, un'idea che non vuol saperne di morire. Da anni. Forse oggi si è capito perché: si cercava di rendere intelligente un tubo stupido, invece di affiancargli uno schermo intelligente (e con l'udito fino)

Da anni e anni, periodicamente, ci ritroviamo di fronte al mito della tv Interattiva. Che come la mitica fenice, ogni tanto risorge dalle ceneri del flop precedenti per riproporsi più splendente di prima. O almeno ci prova. Ancora mi ricordo con qualche brivido di terrore un progetto di ricerca  finanziato dalla comunità europea di cui mi dovetti occupare nel lontano 1998. Il mitico progetto Amuse, basato su tecnologie che erano ancora in larga parte da inventare e hardware che ancora doveva fare quei quattro o cinque salti di generazione per essere all’altezza del compito.

Di tanto in tanto l’idea è stata riproposta, inseguendo quella grande opportunità di mercato rappresentata da un engagement superiore con lo spettatore, con una migliore e più forte integrazione tra lo spettacolo e la pubblicità, da una capacità di sviluppare sistemi di persuasione che funzionino di più nel vendere semplice pubblicità. E oggi, valore aggiunto assolutamente cruciale, nella speranza che una tv interattiva, in una delle sue varie forme diventi una tv più guardata rispetto alla tv stupida, invertendo un trend critico per il tubo catodico e i suoi spettatori. Va detto che finora non è che le proposte arrivate sul mercato abbiano dimostrato chissà quale capacità di attirare attenzione, finanziamenti, pubblico. Insomma, diciamocelo francamente: non ci siamo, non ci siamo proprio.

Tv, resta pure tonta

Forse però adesso abbiamo capito dove stava il problema. Cercavamo di rendere intelligente un tubo stupido. Di aprire la tv a internet. Scommettevamo sullo schermo sbagliato, pensando che l’accoppiata vincente sarebbe stata un bel tv connesso a Internet e un bel telecomando. La proposta alternativa che sta invece uscendo è quella di lasciare la tv stupida e unwired come già è. E di affidare tutta l’intelligenza e la connettività ad un simpatico iPad. L’idea è di sviluppare un software che guardi (o meglio ascolti) la tv insieme a noi. Un’applicazione comodamente seduta sul nostro grembo e ospitata sul nostro iPad, che come un gatto sia sempre attenta a cogliere il segnale per scattare. Nello specifico questa applicazione è dedicata esclusivamente a rendere interattivo il programma “My Generation” della stazione televisiva ABC.

All’interno del programma viene inserito un codice acustico che – raccolto dal microfono dell’iPad –  in maniera analoga a un QR fotografato o a un link cliccato darà la stura a una frenesia di attività. Il segnale acustico metterà infatti in sincro l’app con quello che sta capitando nel programma televisivo. E l’applicazione saprà che è il momento di proporci sullo schermo intelligente un concorso, un sondaggio, un gioco, un contenuto interattivo, un approfondimento, una pubblicità. In perfetta sintonia con lo scorrere delle immagini e lo svilupparsi degli accadimenti sullo schermo del fratellone più stupido.

L’ennesimo modello di rivoluzione?

Questa faccenda dell’audio watermark è piuttosto carina (da capire a che frequenza va, se si spinge negli ultrasuoni per non farsi notare da noi umani e se, posizionato nello spettro alto dell’udibile e amplificato dal nostro supersurrond home theater non faccia reagire solo l’iPad, ma anche il nostro fedele cane, notoriamente sensibile a suoni che noi non possiamo cogliere, per una ulteriore e canina interazione con la tv). Al di là della tecnologia è interessante l’esperimento, il concetto, sia nella sua realtà intrinseca sia nella sua capacità di generare buzz. Un buzz positivo per far parlare dello show (e fare audience) e per attirare l’attenzione di quegli inserzionisti pubblicitari, di quelle aziende che da tempo si ansiano nella ricerca di nuovi modi e formati che possano rivitalizzare quella pubblicità tv che un tempo era la regina dell’advertising e oggi mostra significativi strappi nelle calze.

Ma non solo buzz: un bel modello per tracciare l’audience al di là delle statistiche campionarie tipo Auditel. Una misurazione di chi c’è, che cosa fa, quanto interagisce, quanta attenzione dà e magari mettere in piedi modelli di pricing della pubblicità (o di forme più sofisticate di comunicazione che potrebbero nascere) basate sui risultati, in tempo reale. Un modello di fruizione dei mezzi che va verso la multicanalità, la fruizione contemporanea di più schermi e più contenuti, quell’orgasmo multisensoriale che sembra certi giorni ovviare con la sua richiesta di intensa attività alla pochezza dei contenuti del programma principale. Sempre più spesso  si guarda la tv con un portatile (o un iPad) sulle ginocchia. Tanto vale che faccia qualcosa di utile (per le stazioni tv e gli inserzionisti pubblicitari), no?

(E se volete approfondire, vi segnalo un articolo di Adage e uno di Paidcontent.org.)

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