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Professione robot, al servizio degli umani

31 Maggio 2010

Professione robot, al servizio degli umani

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Il robot avatar, il robot prete, il robot medico, il robot giornalista, il robot apprendista. Viaggio alla frontiera più evoluta della robotica, laddove le macchine imparano a vivere al nostro fianco

Nel 2004 Alex Proyas in I, Robot ci raccontava di un mondo (nel lontano 2035) popolato da robot al servizio degli umani e il cui rapporto era regolato dalle famose tre leggi della robotica di Isaac Asimov. Eppure lo scenario presentato non sembra essere tanto distante da oggi, se pensiamo a come la robotica stia compiendo passi da gigante negli ultimi anni. Una della ultimissime novità arriva direttamente da Silicon Valley e si chiama QB, un avatar-robot che può sostituire la nostra presenza fisica negli ambienti lavorativi.

«QB è un’estensione di te stesso» spiega Bob Christopher, chief operating officer della Anybots (l’azienda produttrice). «Abbatte le barriere tra le persone e il lavoro, in modo che la gente possa teletrasportarsi nell’ufficio». È possibile controllarlo a distanza tramite un browser: i suoi occhi sono due telecamere che trasmettono le immagini di ciò che sta osservando e, contemporaneamente, mostra il volto di chi lo comanda (magari comodamente da casa) poiché dotato di uno schermo Lcd. Inoltre dispone di tre microfoni e di un amplificatore, permettendo così una interazione tramite viva voce e, tramite puntatore laser, può indicare gli oggetti di interesse ed evitare gli ostacoli (arredo, persone) grazie ad un sistema di sensori. Il tutto al costo di quindicimila dollari.

E chi non ha sentito parlare di I-Fairy, il robot che recentemente ha celebrato le nozze di una coppia di giapponesi? Il simpatico automa, prodotto dalla Kokoro, è alto 1,5m e nei panni del prete ha dato istruzioni come «ora puoi sollevare il velo della sposa» muovendo le sue braccia durante la cerimonia (in maniera alquanto teatrale). La sposa (tra l’altro dipendente dell’azienda produttrice) sostiene di aver scelto un matrimonio estremamente high-tech per mostrare come i robot possano essere più vicini a noi e integrarsi nella vita di tutti i giorni. Ma al di là della notizia di costume, I-Fairy è stato progettato per essere molto simile all’uomo e per assolvere altre funzioni (che non siano naturalmente quelle specifiche del sacerdote): voce e movimenti del corpo possono essere programmati in base alle esigenze di chi lo utilizza tanto da essere usato come guida nei musei o nelle presentazioni aziendali.

Dott. Robot

Sia in Italia che all’estero si sta diffondendo l’utilizzo di robot nel campo medico. All’ospedale Niguarda, a Milano, proprio di recente è stato eseguito un trapianto di rene con tecnica robotica «Utilizzare il robot per questo tipo di intervento», spiegano Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia Generale 2 e dei Trapianti e Alessandro Giacomoni che ha effettuato il prelievo, «permette di avere molta più precisione nelle manovre chirurgiche e offre indiscussi vantaggi per il donatore che vede ridursi i tempi e le complicazioni del post-operatorio». Inoltre, aggiunge De Carlis, «il robot è già in uso da alcuni anni presso la Chirurgia di Niguarda, ma solo recentemente è stato applicato all’area trapianti. Pensiamo che questo possa essere il futuro per questo tipo di interventi».

Alcuni scienziati coreani hanno creato un altro piccolo robot (della dimensione di un chicco di riso) che potrebbe aiutare i medici nella cura delle arterie ostruite entro i prossimi dieci anni. Secondo un gruppo di ricercatori guidati da Park Jong-oh della Chonnam National University, la micro-unità è già stato sperimentata con successo negli animali e «robot come questi potrebbero aprire nuove possibilità nel trattamento di malattie cardiovascolari» sostiene Park. «La parte più difficile era sviluppare una tecnica per controllare in maniera precisa il movimento del robot, difficoltà dovuta al continuo cambiamento della velocità e della pressione del sangue. Ma il nostro sistema elettromagnetico si è dimostrato efficiente» afferma lo studioso.

E anche nel campo della riabilitazione l’utilizzo dei robot sembra essere praticato sempre più. Come nel  Jerry and Dolores Turco (JDT) Center, un centro di riabilitazione a Lincoln Park in cui ultimamente si sta provando una nuova terapia assistita da un dispositivo robotico: si chiama InMotion 2.0 Shoulder/Arm Robot ed è stato sviluppato dalla Interactive Motion Technologies Inc. con sede a Watertown. Il device aiuterebbe i pazienti con disabilità motorie (come i malati di sclerosi multipla): basta indossare un supporto per la spalla collegato ad un joystick ed interagire con molti giochi progettati per sviluppare sia le funzioni visive che motorie.

L’inviato è un robot

Ma le novità provenienti dalla robotica non finiscono qui. Dei ricercatori della Intelligent Systems Informatics Lab (ISI) alla Tokyo University – e se n’è scritto molto – hanno progettato un robot giornalista che è capace di esplorare autonomamente il suo ambiente,  individuare i cambiamenti, decidere se sono rilevanti, scattare una fotografia con la sua macchina fotografica e riferire ciò che ha trovato. E può anche fare delle domande alle persone nei paraggi per ricevere informazioni e usare le ricerche in internet per eventuali approfondimenti. Dopodiché, se ritiene che l’articolo sia pronto, allora lo pubblica sul web.

E c’è chi in rete, in qualità di giornalista e/o blogger, si preoccupa che la sua carriera abbia i giorni contati. «Questo è il primo robot che abbia visto in grado di raccogliere informazioni di prima mano dalle persone nella zona. Questo è vero giornalismo, anche se a livello primitivo», scrive Aaron Saenz. E poi aggiunge: «Il giornalista robot può andare nelle aree troppo pericolose per i reporter umani», prendendo come esempio Afghan eXplorer robot, creato dal Mit, che però, a differenza dell’ISI robot, era telecomandato.

Simon

La prossima tappa sarà un social robot che impara direttamente da noi umani, per essere al nostro servizio. Fantascienza?  Al Socially Intelligence Machines Lab ci stanno già lavorando da un po’: è Simon, il robot umanoide con due braccia, due mani e una testa socialmente espressiva. È stato progettato per fare ricerca sul processo di insegnamento-apprendimento tra uomo e robot e, a questo scopo, i ricercatori hanno lavorato ad una riproduzione delle proporzioni umane per favorirne l’interazione. Le orecchie di Simon funzionano da canale comunicativo: si possono muovere sopra e sotto, possono rotare e cambiare di colore per indicare espressioni emotive o altri gesti non verbali. Intanto i ricercatori continuano a lavorare e a perfezionare il robot, in particolare nei gesti per assicurare un turno di parola più naturale e intuitivo in modo da migliorare l’interazione (e l’apprendimento).

«Voglio vedere i robot che aiutano con successo le persone negli ambienti umani e, in particolare, voglio che questi robot siano semplici da utilizzare in qualsiasi modo» afferma Andrea Thomaz. «Non dovrete imparare a programmare il vostro robot. Sarà intuitivo insegnargli quello che volete che faccia per voi». A luglio la dimostrazione delle abilità di Simon, al AAAI 2010 Robotics Exhibition.  Staremo a vedere.

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