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Dio è morto, Marx pure e anche il mio mercato…

05 Febbraio 2010

Dio è morto, Marx pure e anche il mio mercato…

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Se Tesco, catena di supermercati inglese, non solo vende ma inizia addirittura a produrre Dvd di successo, dov'è il limite di chi fa che cosa?

Non ci sono più le mezze stagioni. Non c’è più religione, sta venendo a mancare qualsiasi forma di elementare ritegno sul mercato in merito a chi fa che cosa e a come sono costruite le catene del valore, chi è concorrente di chi. La tendenza allo sgretolamento delle posizioni è evidente nel mondo internet e dei contenuti. È sempre più evidente nel mondo dei produttori di comunicazione. È dilagante più in generale nel mondo dei servizi: storica è stata l’invasione di campo delle banche, quando si sono messe a vendere prodotti assicurativi. Epocale quando le catene commerciali anziché limitarsi a vendere hanno anche cominciato a produrre marche e a concorrere duramente con le stesse aziende che fornendo loro prodotti permettono (o permettevano?) loro di vivere.

Lei vende o produce content?

Già, proprio le catene e le loro marche. Beh, aspettiamocene delle belle. È significativo quello che ci sta combinando Tesco nel Regno Unito. Se è normale che nel supermercato si venda anche “content” sotto forma di libri, dischi o Dvd è molto meno normale che un distributore di contenuti fisici si metta a produrre in proprio questi contenuti. Che un supermercato diventi casa cinematografica. E invece: Tesco si è messo d’accordo con un’azienda del mondo del cinema e dei media. Ha messo in pista il sistema e sarà il produttore di grandi film, che però saranno venduti solo su Dvd e solo da Tesco. Fin qui, poca ciccia al fuoco, in fondo potremmo essere capaci tutti di farlo. La vera notizia, forse, è che i primi quattro film in pipeline saranno tratti dalla regina delle vendite Jackie Collins, autrice di titoli come Poor Little Bitch Girl, Il mondo è pieno di uomini sposati o Drop Dead Beautiful. Un nome che è una garanzia quanto a fatturati, visto che la signora è detta valere 400 milioni di libri venduti in tutto il mondo.

Anche il resto dell’attività produttiva sarà centrata sulla generazione di prodotti firmati da grossi nomi, grossi nomi noti e familiari (Dick Frances, Philip Pullman, Judy Blume, Jacqueline Wilson, tutti autori di bestseller), rassicuranti per il grande pubblico, garanzia di un entertainment di “qualità” (anche se si potrebbe pensare a un’area di grande opportunità sul pubblico femminile locale andando a tradurre in filmati Harmony ed Arlequins, che fanno i loro numeri). Da questo punto sarà poi ovvio iniziare a produrre libri scientificamente commissionati sulla base dei gusti dei clienti della catena, attraverso una analisi neurale di tutti i dati personali contenuti negli scontrini, programmi televisivi, musica, sogni, opinioni, suggestioni, Crm, database. Staremo a vedere: il primo film, intitolato Paris Connection viene girato in Francia mentre scrivo, adattato da L.A. Connection della Jackie qui sopra.

Si risale la catena alimentare

Dato che è improbabile che una Warner, una Fox o una BBC si mettano a integrare il proprio filone di business aprendo negozi di frutta e verdura, l’ingresso di Tesco in un mercato finora lontanissimo sembra avere il teorico potenziale di inquietare i padroni del content, già messi in affanno da pirateria, smaterializzazione, disintermediazione e quant’altro finisca con “zione”, compreso Paperone. Riproponendo temi cari a molti romanzi di fantascienza, domani potremmo trovarci in un mondo dominato da multinazionali: non da conglomerati militari-industriali, bensì da catene commerciali che tutto fanno e tutto vendono, compresa la cultura. E se c’è un settore dal quale proprio non vorrei vedere produrre “cultura” è proprio quello della Grande Distribuzione, stante la evidente mission di vendere le cose più vendibili possibili. Dato che la cultura cattiva scaccia la cultura buona, per parafrasare una massima di economia, un po’ mi preoccupo.

Mi immagino l’allargarsi di un divide culturale tra classi sociali/trasversali, di un solco tra quelli che cercano cultura (e un domani la cercheranno solo in rete? All’interno di movimenti di resistenza all’omologazione?) e masse più o meno proletarie o la massacrata ex-middle class che attingeranno ogni giorno al supermercato per la loro quotidiana dose di pane, di vino e di pensiero. In fondo, è il mercato, bellezza. La bellezza del mercato. Il mercato della bellezza.

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