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Il boom selvaggio della banda mobile

13 Maggio 2009

Il boom selvaggio della banda mobile

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Agcom e Antitrust pubblicano i numeri di un settore in crescita forsennata (ed è la buona notizia), ma senza le regole intorno alle quali l'Adsl ha trovato un equilibrio da tempo (la cattiva notizia)

L’indagine scritta a quattro mani da Agcom e Antitrust (vedi il Pdf) apre uno squarcio sulle anomalie del mercato italiano dei dati in mobilità. È interessante e merita una lettura attenta, perché ci dice molto dei meccanismi che stanno dietro a un mercato che, nel bene o nel male, si conferma molto diverso da quello dell’Adsl. Nel bene, perché è ora soggetto a forte crescita. Nel male, perché perdurano – a quanto scoperto dalle due autorità – situazioni anomale e una certa incertezza nei costi. Tutte cose (almeno queste!) che il mercato Adsl si è lasciato da tempo alle spalle.

Primo aspetto notevole: il nostro Paese batte la media europea per quanto riguarda l’uso della banda larga mobile (lo fa il 13,6% della popolazione, contro il 13%). Tutto l’opposto di quanto avviene per la banda larga fissa. Sta aumentando la percentuale di clienti che si connettono a Internet via rete mobile: è passata dal 2-4%, del 2007 (a seconda degli operatori), al 7-12%, per il 2008 e il 2009. L’indagine rileva che «già nel 2008 oltre 3 milioni di utenti abbiano utilizzato broadband mobile e applicativi e-mail in mobilità, con l’invio di oltre 19.700 terabyte nel 2008 (circa + 220% rispetto ai quasi 6.000 del 2007)». E «per il 2009, è prevista una crescita se possibile ancora più rilevante».

Di pari passo crescono i ricavi, arrivati a 1,022 miliardi di euro per l’internet in mobilità. Più interessante vedere lo spaccato: domina l’accesso a internet mobile dal computer, con 748 milioni di euro nel 2008 (477 milioni di euro nel 2007). È il boom delle chiavette Usb, fenomeno che è esploso nel 2008. C’è poi il capitolo dell’internet via cellulare, che forse conoscerà analogo boom nel 2009: gli operatori ci credono molto e ora, secondo i dati del primo trimestre 2009 riportati da Nielsen, sono saliti al 13% gli italiani che si connettono con il cellulare almeno una volta al mese. Merito di tariffe più economiche e di cellulari più adatti. I dati Agcom sono relativi al 2008, ma già riflettono questa tendenza: fanno capitolo a parte, infatti, gli accessi da «apn dedicati», come sono definiti nell’indagine. Cioè le connessioni da cellulari iPhone, Blackberry e Google Phone a cui gli operatori dedicano punti di accesso (Apn) e tariffe specifiche. Sono ricavi passati a 42,5 milioni di euro nel 2008, contro i 18 del 2007. Facile prevedere un aumento a tre cifre percentuali nel 2009.
Il classico wap (browsing su siti web) cresce poco, 225 milioni di euro contro 207 milioni del 2007, segno che questo è il passato dell’internet su cellulare. Il presente e il futuro vanno verso una piena convergenza con la stessa internet nota e apprezzata negli accessi via pc.

Qui finiscono le note positive e si entra nel campo dell’anomalia. Già, perché questo è un mercato che cresce come un fiume in piena, calpestando argini che siamo abituati ad avere, a protezione, nel mercato banda larga fissa. I problemi, secondo l’indagine? In primo luogo, scarsa trasparenza delle offerte, irregolarità nella fatturazione, che portano a addebiti imprevisti all’utente. In secondo luogo, «l’eccessiva durata degli abbonamenti ai servizi dati in mobilità e le onerose clausole/penali a carico degli utenti per quanto riguarda il recesso. A questo proposito, la rilevata persistenza di tali pratiche indica la necessità di un elevato livello di vigilanza», si legge. Alcuni esempi, tratti dall’indagine: «Un abbonamento dati di un operatore prevede un impegno contrattuale di 24 mesi con tacito rinnovo di anno in anno, mentre il recesso implica un costo di 100 euro (Iva esclusa), più altri 100 euro (Iva esclusa) di penale per la risoluzione del contratto di fornitura del modem. Analogamente, per un altro operatore è prevista una durata contrattuale di 24
mesi, con un costo per il recesso anticipato che va da 50 a 150 euro (a seconda del piano sottoscritto) più il pagamento delle rate residue del modem (chiavetta)».

Questo secondo punto si somma a un altro ed entrambi concorrono a rendere il mercato banda larga mobile più chiuso alla concorrenza di quanto ci si aspetterebbe: i principali attori sono gli operatori mobili normali; i virtuali sono messi all’angolo, sul fronte banda larga mobile. «Appare ancora in via di sviluppo, salvo alcune eccezioni, una vera e propria offerta di soluzioni competitive da parte degli Mvno (operatori mobili virtuali)». Solo Fastweb, tra i virtuali ha tante offerte di banda larga mobile; Auchan ne ha una. Poi, il deserto: nemmeno Tiscali ne ha lanciata una (anche se promette che lo farà in seguito). Anche Noverca, virtuale appena arrivato, proporrà flat per navigare in internet e per i suoi specifici servizi sul cellulare. Segno che i contratti tra operatori mobili normali e virtuali non sono tali da consentire a questi ultimi margini di manovra per concorrere efficacemente sui servizi a valore aggiunto, come la banda larga.

Per adesso le due autorità si limitano a invitare gli operatori a impegnarsi ad aprire la concorrenza e a migliorare la trasparenza delle tariffe; propongono di adottare un blocco automatico della spesa, oltre una certa soglia, e così impedire che arrivi un super bolletta. Da Agcom fanno sapere che quest’ultimo è un fenomeno nascente e che porta circa 2-3 casi al mese all’attenzione dell’Autorità: utenti con bollette da migliaia di euro a causa di un errato uso (o errata fatturazione) di internet mobile. Gli operatori spesso accettano di annullare la super bolletta: il che lascerebbe pensare che non si tratti tanto di malizia quanto di immaturità delle pratiche di fatturazione. Del resto, questa è solo la punta dell’iceberg, quella che fa più rumore. Ben più dannose per i consumatori sono le strategie per restringere la concorrenza e bloccare il cliente per due anni – che, a ben vedere, in questo mercato è un’era geologica. Tra due anni saremo probabilmente nella quarta generazione delle reti mobili. Si ricorda che i contratti Adsl un tempo duravano al massimo un anno e ora possono essere disdetti di mese in mese, dopo il decreto Bersani sulle liberalizzazioni. Il quale in realtà si applicherebbe anche sugli operatori mobili, che però hanno trovato il modo per aggirarne i limiti e impegnare l’utente per più tempo: dandogli l’hardware a noleggio e associando a quest’ultimo una penale di recesso. Sfruttano così il fatto che il mercato delle chiavette è meno maturo di quello dei modem. Se ora è possibile prendere un modem con poche decine di euro (e quindi non vale proprio la pena noleggiarlo da un operatore Adsl a 3 euro al mese), le chiavette Umts/Hspa costano invece 200 euro.

Un luogo comune diffuso è che la telefonia mobile è più concorrenziale di quella fissa, perché ci sono quattro operatori con una rete nazionale (invece che solo Telecom Italia). È sulla base di questa considerazione che le regole imposte da Agcom sono più elastiche, nel settore della rete mobile; nessun operatore ha vincoli come quelli in capo, sul fisso, a Telecom Italia. Alla prova dei fatti, a quanto traspare da quest’indagine, la situazione è però più complessa e ricca di chiaroscuri. E quindi forse quest’indagine è solo un primo passo per inaugurare una nuova stagione di regole, anche sulla telefonia mobile, per accompagnare e guidare senza scompensi il boom della banda larga, ormai indubbio.

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