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Internet non ha bisogno di quelle leggi

11 Marzo 2009

Internet non ha bisogno di quelle leggi

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Bersagliati da proposte di legge improbabili e dannose, stiamo forse perdendo di vista il punto: le norme per la rete esistono già, basta applicarle. Il nostro contributo alla causa: un "filo rosso" per legare i fatti e contestualizzare le novità

Parto dalla conclusione, perché vorrei che questa fosse più chiara che mai: internet non ha nessun bisogno di nuove leggi. La rete non è un luogo altro: fa parte della nostra vita sociale, che è già ampiamente regolata da norme e sanzioni. Sbaglia, per ignoranza o per malafede, chi definisce internet un far west senza regole. Disperde energie chi si batte per replicare previsioni che già esistono e che potrebbero semplicemente applicate senza ricorrere alla demagogia e senza moltiplicare l’entropia legislativa. Perde un’opportunità di onorare la nostra democrazia chi si intestardisce a sostenere regolamenti destinati per banale evidenza tecnologica a non sortire effetto alcuno, quando non addirittura a far danni.

Possono esserci meccanismi da adeguare, dovuti alla distribuzione geografica, alle caratteristiche tecnologiche del mezzo di comunicazione e alla scala di cui si nutrono gli eventi sociali mediati dalla rete, ma non c’è reato che non possa essere perseguito qualora il fatto abbia origine in o per mezzo di un network digitale. La dimostrazione più lampante sta nel fatto che questi reati sono già perseguiti con una solerzia che dovrebbe rassicurare anche il più allarmato dei nostri concittadini. Persino la pirateria digitale, che agita i sonni di lobby potenti, è pienamente perseguibile ai termini di legge. Chiedete conferma a un magistrato o a un poliziotto postale: vi racconterà di un sistema di comunicazione in cui i malintenzionati lasciano una quantità di tracce tale da rendere il lavoro investigativo perfino più agevole che in passato. Mentre chi vi parla dell’impossibilità di ottenere giustizia a seguito di misfatti legati alla rete il più delle volte confonde la legge con i tribunali, dei cui drammatici problemi internet non ha colpa.

A forza di ripeterlo

Sta invece succedendo qualcosa di paradossale e spiacevole, in Italia, negli ultimi mesi. A forza di ripetere la storiella della rete anarchica, selvaggia e senza regole, coacervo di criminali, truffatori e depravati (un genere che vende sempre bene sulle pagine di cronaca), i meno informati tra i nostri politici e concittadini si sono convinti dell’urgenza di intervenire con fermezza. Sulle pagine di Apogeonline ne abbiamo dato conto nei giorni scorsi analizzando per esempio la proposta Carlucci, l’emendamento D’Alia, il disegno Barbareschi. Non serve ripetere qui i (tanti) motivi per cui tutte queste leggi sono viziate in origine da inadeguatezze tecnologiche, quando non arrivano a prevedere inaudite redistribuzioni dei poteri dello Stato. Persino laddove si interviene per scongiurare i rischi peggiori – è il caso dei volonterosi interventi e dei tentativi di dialogo portati avanti da Cassinelli – si finisce per inserire nell’ordinamento asprezze che non sarebbero nemmeno auspicabili, se non apparissero a questo punto come la migliore delle ipotesi.

Sta accadendo per la rete qualcosa di simile a quello che nel corso dell’ultima campagna elettorale nazionale è avvenuto riguardo ai temi della sicurezza: un allarme sociale almeno parzialmente immotivato e creato artificialmente (oggi abbiamo alcuni numeri a dirlo) ha condizionato le sorti dell’attuale legislatura. Da questo cul-de-sac si potrebbe uscire – si dovrebbe uscire, converrebbe a tutti – tornando all’essenzialità dei fatti e obbligandoci vicendevolmente a confrontare le idee con serenità. Due compiti che oggi sembrano così ardui, ma che un tempo sono stati la ragion d’essere del giornalismo, della politica e della società civile. Viviamo una realtà costruita il più delle volte su certezze di terza o quarta mano, dove chi parte per la tangente finisce per dettare le regole del gioco e portarsi dietro tutti, invece di essere energicamente richiamato all’ordine. Abbiamo bisogno di ingenti verifiche di corrispondenza con la realtà, laddove oggi tutte le parti in gioco indugiano in emotività.

Un passo avanti

Un’emotività che a questo punto non si può permettere né il cittadino digitale, spesso istigato da un generico passaparola a difendere generiche libertà minacciate da generiche leggi, né tantomeno i nostri deputati e senatori, che per ruolo e mandato istituzionale ci si aspetta siano predisposti ad ascoltare, moderare, confrontare, approfondire, fare sintesi, trovare compromessi. Politici che invece riscopriamo astiosi, arroccati, improvvisati e spesso indifendibili, burattini talvolta ignari nelle mani di interessi più grandi di loro. È tempo di fare un passo avanti: in gioco non c’è più soltanto il passatempo di qualche milione di italiani, ma un’opportunità di crescita culturale, civile e produttiva che attende l’intero paese. Un paese in drammatico ritardo, zimbello digitale agli occhi del mondo.

Secondo la migliore delle lezioni che ci insegna la rete, ognuno può fare la sua parte: l’impegno di ciascuno conta. Basterebbe cominciare ad abbassare gli inutili polveroni (che fanno sempre comodo a qualcuno) per impegnarsi invece a recuperare un brandello di verità, a confrontare dichiarazioni, a costruire relazioni, a recuperare una memoria storica nel fluire ininterrotto e acritico dell’attualità. È un esercizio di democrazia diffusa che per certi versi internet può facilitare, ma che non si ferma certo a internet: se questo paese indugiasse nell’abitudine tutta anglosassone dei fact check, forse oggi respireremmo più dignità e ottimismo. Forse saremmo una nazione migliore.

Fili rossi

Apogeonline, nel suo piccolo, sta provando a sostenere questa strada – a cominciare proprio dalla controversa regolamentazione di internet. Accanto ai tradizionali approfondimenti sulle leggi che più fanno discutere, abbiamo cominciato a sperimentare il formato del fact check sulle dichiarazioni dei nostri rappresentanti. Nei giorni scorsi, inoltre, abbiamo inaugurato una pagina riassuntiva per tenere traccia delle proposte di legge destinate a toccare da vicino internet e nella quale contestualizzare giorno per giorno le novità. Abbiamo chiamato questa sezione – ancora sperimentale e in continua evoluzione – “fili rossi”, per sottolineare il tentativo di ricostruire una vicenda o un settore secondo una dimensione che sia alternativa tanto all’accumularsi disordinato delle notizie quanto a quella fotografia di un attimo che resta inevitabilmente anche il miglior approfondimento specialistico.

Oggi, idealmente con queste righe, affidiamo il nostro filo rosso alla rete.

L'autore

  • Sergio Maistrello
    Sergio Maistrello, giornalista professionista, segue da oltre 20 anni l'evoluzione di Internet e le sue implicazioni sull'informazione e sulla società. È docente a contratto di Giornalismo e nuovi media all’Università di Trieste e insegna New media al Master in Comunicazione della Scienza della Sissa.

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