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Così Facebook ha cambiato (un po’) la mia vita sociale

25 Settembre 2008

Così Facebook ha cambiato (un po’) la mia vita sociale

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Perché la gente ha così tanta voglia di svelare come si sente? Che cosa implica il fatto che i social network abbiano superato il porno in termini di traffico? Facebook e simili soddisfano forse un bisogno di rapporti umani che sono sempre più complessi nella "vita reale"?

In uno dei miei libri preferiti e che cito spesso, un personaggio sosteneva la tesi che gli esseri umani parlassero in continuazione per tenere occupato il cervello ed evitare quindi di iniziare a pensare. Di conseguenza il tema di un’umanità continuamente immersa in un chiacchiericcio continuo, un rumore di fondo sociale, di “come stai” cui non ci si attende risposta, di “tutto a posto” che in realtà significano “non rompere”, di “eh, dai, ti chiamo” che è la bugia più universale. Un rumore sociale dove interagiamo senza in realtà aver la benché minima intenzione di far vedere nulla di quello che ci capita dentro. È privato, quindi intimo, quindi in fondo di che vergognarsi un po’.

La parola chiave, l’avrete capito, è “social”. Ammetto di essere uno di quelli che da qualche mese si è fatto accalappiare da Facebook – dopo una deludente esperienza su MySpace. E Facebook, lo confesso, ha cambiato delle cose nella mia vita sociale. A parte – ovviamente, dato il mio straordinario fascino – essere oggetto di seduzione da parte di giovani e sensuali fanciulle, ho iniziato a essere partecipe di un chiacchiericcio sociale. Di post. Di messaggi di stato stile twitter, di piccoli frammenti di informazione personale. Di piccole aperture, spiragli da cui occhieggiare la vita di persone che conoscevo pochissimo.

Scopro che colleghi che vedo tutti i giorni hanno una vita privata e relazioni complicate, che Valeria ha “fatto una **** al limite del surreale”, che Paola investe tempo nella meditazione. Mi immergo in un rumore di fondo chemi fa pensare a quanto poco ci conosciamo e a quanto, in fondo, a tanta gente va di raccontare i propri stati d’animo, come si sente. Un flusso di informazioni che mi fornisce ottimi spunti di conversazione, in ascensore, quando incontro fisicamente le persone di cui la sera prima ho letto i post. E, contrariamente al solito, non una conversazione fatta di domande a cui non si vuole una risposta, ma un interessarsi a cosa è capitato all’altro (con, evidentemente, una certa componente vouyeristica).

A volte quelli che leggo sono post criptici, messaggi in codice per determinate persone. Spesso si sospettano tresche in corso che ci si diverte a far subodorare, come l’assassino che lascia sul luogo del delitto un segno misterioso che la polizia non saprà interpretare ma qualcun altro sì. A volte sono vaccate qualsiasi, puro rumore, byte e caratteri affidati alla rete per tenere occupato il cervello e non pensare. A volte sono pensieri più profondi e più personali, che aprono delle finestre su personalità e realtà che non sospettavamo. A volte mi capita dunque di imparare a conoscere una persona di più sulla rete di quanto non mi succeda nelle interazioni faccia a faccia, anche se sono persone che vedo spesso -di cui non si può dire sia amico. Ma forse, scambiandoci dei segnali di stato, un po’ lo stiamo diventando, perché ci conosciamo un po’ di più e ci interessiamo uno all’altro.

Curiosamente, in occasione di un paio di miei post che potevano leggersi come segno di un problema, ho ricevuto mail, Sms e telefonate di amici e semi sconosciuti che si preoccupavano e mi chiedevano se potevano fare qualcosa per me. Una minoranza, rispetto a quelli che conosco, numeri piccoli, ma in questo mondo che dovrebbe essere sempre più virtuale e impersonale, artificiale e individualista, anche una persona in più con cui scambiare emozioni e relazionarsi umanamente è un vero tesoro.

Anche perché la fuori, è evidente, c’è un sacco di gente che ha voglia di parlare di sé, di avere rapporti umani di qualche tipo. Se il porno, nella fruizione degli utenti, è stato superato dai social network, qualcosa vorrà dire. Per qualcuno, ovviamente, è il tentativo di sostituire il sesso virtuale con quello reale; per molti altri, probabilmente sentirsi un po’ meno soli. Molte persone mi confessano di accusare delle botte di una sorta di solitudine, in Rete. Specialmente quandoaccendono Skype, un messenger o Facebook e non trovano nessuno di quelli che conoscono ch sia collegato. Non che li contatterebbero; ma vedere “presente” gente che conoscono, con cui sono in relazionefa sentire un pochino più a proprio agio. Probabilmente si sente la presenza di una rete sociale, di altre isole in questo oceano, di vita intelligente su altri pianeti.

A volte (quarta e ultima volta che lo dico), ho la certezza che questa Rete non ha finito di stupirci e che continuerà a stupirci, cavando a sorpresa dalla manica degli assi che cambieranno ancora il nostro modo di vivere, il nostro profilo sociologico-interattivo. Quanto alle polemiche su reale e virtuale, la mia filosofia è che qualsiasi cosa mi faccia avere un rapporto umano un po’ più umano è una cosa buona. Lasciando ai giornalisti da tabloid le solite pippe su “non c’è più l’umanità di una volta”. Che se va bene sono decenni che non c’è più.

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